Avevo partecipato al IV Cantagiro nel 1965, per puro
caso, direi. Infatti frequentavo il Liceo Classico a Roma,
per hobby studiavo anche musica (musica da camera, per
l'esattezza) e mi dilettavo, come tutti gli adolescenti
che prendono confidenza con uno strumento, a comporre
semplici canzoncine. La mia insegnante di musica, Wanda
Olivetti, inorridiva quando le chiedevo consiglio su come
armonizzare una melodia "leggera" - mi piaceva lo stile
dei cantautori come Paoli, Tenco, Bindi, Endrigo -
così mi presentò un suo amico, il M°
Umberto Chiocchio, che lavorava in ambito RAI sulla musica
leggera. Con lui cominciammo a "professionalizzare" le mie
idee e a realizzare provini, finalizzati agli artisti che il
Maestro stava producendo. Ma la voce sui provini era la mia,
allo scopo di presentare i brani.
Un giorno, al rientro da scuola, mia madre mi accolse con
un'espressione strana, tra il preoccupato ed il divertito
"Cos'hai combinato? Hanno telefonato dalla redazione di
Paese Sera e ti hanno convocato per il pomeriggio..."
Ero più sorpresa di lei. Ma il giallo fu subito
chiarito, quando nel pomeriggio incontrai il giornalista
Ivano Davoli, che mi comunicò che il nastro che avevo
mandato (!!!?) al loro concorso "Una voce per il Cantagiro"
era stato selezionato tra oltre duemila arrivati. Era stato
il M° Chiocchio, senza dirmi nulla. Così
iniziò il divertente gioco della gara che mi
portò a vincere, a pari merito con il palermitano
Elio Alonge, un posto di diritto nel Girone B del Cantagiro
1965 ed un contratto discografico con la CGD.
Una chicca: in finale avevo portato un mio brano, che
eseguivo da sola al pianoforte, intitolato "Il silenzio",
"The house of the rising sun", il celebre blues tradizionale
portato al successo dagli Animals ed infine "Sumertime" di
Gershwin, dall'opera Porgy and Bess, in questi due ultimi
brani accompagnata da un gruppo, "The Thunders".
Dopo la proclamazione della vittoria, conobbi in camerino
i miei nuovi produttori della CGD, Franco Crepax e Sandro
Delor, ed il M° Franco Monaldi, che mi proposero uno
spartito da eseguire dopo la premiazione. Era nientemeno
che..."L'esercito del surf"!! (Sì, proprio il
successo dell'estate di Catherine Spaak!) I ragazzi ed io
rimanemmo esterrefatti, ma ormai eravamo in gioco e...
bisognava cantare. Cantammo sghignazzando, sembrava uno
scherzo, ma quando firmai il contratto mi consegnarono un 45
giri francese e un foglio con il testo italiano, dicendo che
dovevo impararlo bene, perché la settimana dopo avrei
dovuto inciderlo e con quello partecipare al Cantagiro. La
canzone si chiamava "N'ecoute pas les idoles" di Serge
Gainsburg ed era interpretata da France Gall. Il nuovo
titolo della mia cover sarebbe stato "Non cercare la
luna", testo di Leo Chiosso. Oggi sono l'unica, se
escludiamo Claudio Scarpa, ad averne una copia.
Incisi il brano sulle basi in un pomeriggio a Milano, sul
retro appiccicarono in fretta e furia una registrazione
casalinga di un provino con il mio complesso ("Non
pensiamoci più") e mi trovai a Bari, assistita
dalla mia mamma ma comunque catapultata in quella cosa
immensa e organizzatissima che era il Cantagiro di Ezio
Radaelli, in compagnia di personaggi del calibro di Gianni
Morandi, Rita Pavone, Pino Donaggio, Little Tony, Edoardo
Vianello, Renato Rascel, Enrico Maria Salerno ecc ecc. La
mia compagna di viaggio in carovana, che divideva con me la
Fiat 850 bianca era una professionista delle balere
romagnole, simpatica e genuina come i tortellini di cui era
golosa ma che non poteva mangiare per ragioni di dieta.
Debuttava davanti al grande pubblico per la mia stessa
scuderia, l'italianissma CGD e si chiamava Caterina Caselli.
Aveva un pezzo favoloso, "Sono qui con voi,
alleluya-ya", cover del celeberrimo "Baby please don't
go" dei Them, al momento ancora sconosciuto in Italia, che
lei interpretava con una grinta travolgente. Eppure, non ha
mai vinto una tappa, anche se tutte le notti invece di
dormire le poche ore che ci restavano per recuperare la
fatica dei lunghissimi spostamenti e degli altrettanto
lunghi spettacoli, Caterina e il suo complesso si fermavano
da qualche parte a provare, riprovare, modificare il brano
fino a stravolgerlo completamente, per renderlo più
"italiano". Gli ultimi giorni, quel brano era proprio
diventato un altro, grazie all'inserimento di un bell'inciso
melodico che diceva: "...si dice che il mare sia nato
così, con lacrime amare versate per amor, da quelli
che restano soli come me...". Qualche mese dopo,
quell'inciso era ritornato di stampo beat, aveva cambiato il
testo, e lo ritrovai a Sanremo, rinnovato come il look di
Caterina: ora si intitolava "Nessuno mi può
giudicare".
Così è l'imprevedibilità del
meccanismo "spettacolo": non si sa mai come va a finire.
Basta pensare che Caterina con il suo professionismo perdeva
tutte le tappe, mentre io, fin dalla prima serata, con un
pezzo che più scemo non si può, con
l'inesperienza e lo stupore che mi fece rimanere a guardarmi
intorno mentre l'orchestra incalzava l'introduzione ed io
non cominciavo, davanti a 40.000 persone in uno stadio,
(mandando "ai matti" il M° Cicchellero, il regista
Stefano Canzio e tutto il retropalco) la prima volta che
cantavo il mio brano, la prima volta in diretta con
l'orchestra del M° Cicchellero, la prima volta in TV
(allora l'unica che esisteva) ho vinto la maggior
parte delle tappe, cedendo solo a Mosca nel confronto con
Sonia e le Sorelle ("Sulla spiaggia c'era lei", dal
sound molto sovietico), e in dirittura d'arrivo, a Fiuggi,
con Mariolino Barberis, che risultò il vincitore con
il romantico "Il duca della luna".
Io poi sono tornata a casa (un bel gioco dura poco),
senza la minima intenzione di continuare la carriera
discografica, mentre tutti gli altri giovani, come accade
oggi per Sanremo, si davano da fare per sfruttare la
promozione di quella grandiosa kermesse. Per loro non era
stato un caso, era un traguardo.
E si vede che il cucciolo di redazione del Corriere dello
Sport che era stato mandato ad intervistarmi per la pagina
dei giovani, che si chiamava Pierangelo Piegari, stava
pensando a qualcun'altra mentre mi intervistava, o forse gli
si saranno mischiati gli appunti: tant'è che
l'articolo uscì con affermazioni che non mi ero mai
sognata di fare, anzi, che erano esattamente il contrario di
quanto avevo detto. Niente di male, un articolo molto
carino, ma non ero io quella che parlava.
Ebbene, la mia carriera giornalistica comincia proprio
qui, grazie a (o per colpa di) Pierangelo. Mi precipitai
indignata dal Direttore in persona, il grande Antonio
Ghirelli, e con la furia di una sedicenne colpita
nell'orgoglio, feci un'arringa di cui non ricordo una
parola, ma so solo che alla fine Ghirelli mi disse: "Se
le cose stanno così, vada lei ad intervistare i
giovani al prossimo Cantagiro, vediamo come se la
cava!". Come sempre, le cose iniziano con una sfida: il
Direttore mi affiancò all'inizio un professionista,
Gino Roca, che poi fu richiamato dopo le prime tappe,
lasciandomi sola a barcamenarmi con un nuovo mestiere, dopo
avermi insegnato come si dettava un pezzo agli stenografi la
notte, e guai a non farlo!
Ecco perchè la mia prima rubrichetta sul "Corriere
dello Sport" si chiamava "Cantainterviste": ero
una ex che osservava e commentava i suoi ex colleghi,
un'idea giornalistica davvero niente male, per l'epoca. Ed
anche in questo caso, non avrei mai immaginato di continuare
a far questo mestiere per altri 35 anni!
Ma questa, è un'altra storia...
Elisabetta Ponti
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