TESTIMONIANZA

di Elisabetta Ponti

Avevo partecipato al IV Cantagiro nel 1965, per puro caso, direi. Infatti frequentavo il Liceo Classico a Roma, per hobby studiavo anche musica (musica da camera, per l'esattezza) e mi dilettavo, come tutti gli adolescenti che prendono confidenza con uno strumento, a comporre semplici canzoncine. La mia insegnante di musica, Wanda Olivetti, inorridiva quando le chiedevo consiglio su come armonizzare una melodia "leggera" - mi piaceva lo stile dei cantautori come Paoli, Tenco, Bindi, Endrigo - così mi presentò un suo amico, il M° Umberto Chiocchio, che lavorava in ambito RAI sulla musica leggera. Con lui cominciammo a "professionalizzare" le mie idee e a realizzare provini, finalizzati agli artisti che il Maestro stava producendo. Ma la voce sui provini era la mia, allo scopo di presentare i brani.

Un giorno, al rientro da scuola, mia madre mi accolse con un'espressione strana, tra il preoccupato ed il divertito "Cos'hai combinato? Hanno telefonato dalla redazione di Paese Sera e ti hanno convocato per il pomeriggio..." Ero più sorpresa di lei. Ma il giallo fu subito chiarito, quando nel pomeriggio incontrai il giornalista Ivano Davoli, che mi comunicò che il nastro che avevo mandato (!!!?) al loro concorso "Una voce per il Cantagiro" era stato selezionato tra oltre duemila arrivati. Era stato il M° Chiocchio, senza dirmi nulla. Così iniziò il divertente gioco della gara che mi portò a vincere, a pari merito con il palermitano Elio Alonge, un posto di diritto nel Girone B del Cantagiro 1965 ed un contratto discografico con la CGD.

Una chicca: in finale avevo portato un mio brano, che eseguivo da sola al pianoforte, intitolato "Il silenzio", "The house of the rising sun", il celebre blues tradizionale portato al successo dagli Animals ed infine "Sumertime" di Gershwin, dall'opera Porgy and Bess, in questi due ultimi brani accompagnata da un gruppo, "The Thunders".

Dopo la proclamazione della vittoria, conobbi in camerino i miei nuovi produttori della CGD, Franco Crepax e Sandro Delor, ed il M° Franco Monaldi, che mi proposero uno spartito da eseguire dopo la premiazione. Era nientemeno che..."L'esercito del surf"!! (Sì, proprio il successo dell'estate di Catherine Spaak!) I ragazzi ed io rimanemmo esterrefatti, ma ormai eravamo in gioco e... bisognava cantare. Cantammo sghignazzando, sembrava uno scherzo, ma quando firmai il contratto mi consegnarono un 45 giri francese e un foglio con il testo italiano, dicendo che dovevo impararlo bene, perché la settimana dopo avrei dovuto inciderlo e con quello partecipare al Cantagiro. La canzone si chiamava "N'ecoute pas les idoles" di Serge Gainsburg ed era interpretata da France Gall. Il nuovo titolo della mia cover sarebbe stato "Non cercare la luna", testo di Leo Chiosso. Oggi sono l'unica, se escludiamo Claudio Scarpa, ad averne una copia.

 

Non cercare la luna/Non pensiamoci più

CGD 9579

Incisi il brano sulle basi in un pomeriggio a Milano, sul retro appiccicarono in fretta e furia una registrazione casalinga di un provino con il mio complesso ("Non pensiamoci più") e mi trovai a Bari, assistita dalla mia mamma ma comunque catapultata in quella cosa immensa e organizzatissima che era il Cantagiro di Ezio Radaelli, in compagnia di personaggi del calibro di Gianni Morandi, Rita Pavone, Pino Donaggio, Little Tony, Edoardo Vianello, Renato Rascel, Enrico Maria Salerno ecc ecc. La mia compagna di viaggio in carovana, che divideva con me la Fiat 850 bianca era una professionista delle balere romagnole, simpatica e genuina come i tortellini di cui era golosa ma che non poteva mangiare per ragioni di dieta. Debuttava davanti al grande pubblico per la mia stessa scuderia, l'italianissma CGD e si chiamava Caterina Caselli. Aveva un pezzo favoloso, "Sono qui con voi, alleluya-ya", cover del celeberrimo "Baby please don't go" dei Them, al momento ancora sconosciuto in Italia, che lei interpretava con una grinta travolgente. Eppure, non ha mai vinto una tappa, anche se tutte le notti invece di dormire le poche ore che ci restavano per recuperare la fatica dei lunghissimi spostamenti e degli altrettanto lunghi spettacoli, Caterina e il suo complesso si fermavano da qualche parte a provare, riprovare, modificare il brano fino a stravolgerlo completamente, per renderlo più "italiano". Gli ultimi giorni, quel brano era proprio diventato un altro, grazie all'inserimento di un bell'inciso melodico che diceva: "...si dice che il mare sia nato così, con lacrime amare versate per amor, da quelli che restano soli come me...". Qualche mese dopo, quell'inciso era ritornato di stampo beat, aveva cambiato il testo, e lo ritrovai a Sanremo, rinnovato come il look di Caterina: ora si intitolava "Nessuno mi può giudicare".

Così è l'imprevedibilità del meccanismo "spettacolo": non si sa mai come va a finire. Basta pensare che Caterina con il suo professionismo perdeva tutte le tappe, mentre io, fin dalla prima serata, con un pezzo che più scemo non si può, con l'inesperienza e lo stupore che mi fece rimanere a guardarmi intorno mentre l'orchestra incalzava l'introduzione ed io non cominciavo, davanti a 40.000 persone in uno stadio, (mandando "ai matti" il M° Cicchellero, il regista Stefano Canzio e tutto il retropalco) la prima volta che cantavo il mio brano, la prima volta in diretta con l'orchestra del M° Cicchellero, la prima volta in TV (allora l'unica che esisteva) ho vinto la maggior parte delle tappe, cedendo solo a Mosca nel confronto con Sonia e le Sorelle ("Sulla spiaggia c'era lei", dal sound molto sovietico), e in dirittura d'arrivo, a Fiuggi, con Mariolino Barberis, che risultò il vincitore con il romantico "Il duca della luna".

Io poi sono tornata a casa (un bel gioco dura poco), senza la minima intenzione di continuare la carriera discografica, mentre tutti gli altri giovani, come accade oggi per Sanremo, si davano da fare per sfruttare la promozione di quella grandiosa kermesse. Per loro non era stato un caso, era un traguardo.

E si vede che il cucciolo di redazione del Corriere dello Sport che era stato mandato ad intervistarmi per la pagina dei giovani, che si chiamava Pierangelo Piegari, stava pensando a qualcun'altra mentre mi intervistava, o forse gli si saranno mischiati gli appunti: tant'è che l'articolo uscì con affermazioni che non mi ero mai sognata di fare, anzi, che erano esattamente il contrario di quanto avevo detto. Niente di male, un articolo molto carino, ma non ero io quella che parlava.

Ebbene, la mia carriera giornalistica comincia proprio qui, grazie a (o per colpa di) Pierangelo. Mi precipitai indignata dal Direttore in persona, il grande Antonio Ghirelli, e con la furia di una sedicenne colpita nell'orgoglio, feci un'arringa di cui non ricordo una parola, ma so solo che alla fine Ghirelli mi disse: "Se le cose stanno così, vada lei ad intervistare i giovani al prossimo Cantagiro, vediamo come se la cava!". Come sempre, le cose iniziano con una sfida: il Direttore mi affiancò all'inizio un professionista, Gino Roca, che poi fu richiamato dopo le prime tappe, lasciandomi sola a barcamenarmi con un nuovo mestiere, dopo avermi insegnato come si dettava un pezzo agli stenografi la notte, e guai a non farlo!

Ecco perchè la mia prima rubrichetta sul "Corriere dello Sport" si chiamava "Cantainterviste": ero una ex che osservava e commentava i suoi ex colleghi, un'idea giornalistica davvero niente male, per l'epoca. Ed anche in questo caso, non avrei mai immaginato di continuare a far questo mestiere per altri 35 anni!

Ma questa, è un'altra storia...

Elisabetta Ponti

1966
Articoli sul V° Cantagiro:
Cantainterviste (24/6/66) di E. Ponti
Cantagiro - Nuccio Costa - Mariolino Barberis (24/6/66) di G. Roca
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