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DALLA CANZONETTA

ALLA MUSICA POLITICA

di Antonio Occhiello

da Nuovo Sound n. 43- 1975

Roma, novembre 1975

 

"...E le assemblee, i cineforum mai concessi allora / Primi vagiti di un '68 ancora lungo da venire e troppo breve da dimenticare / ed il tuo impagno che cresceva sempre più forte in te / Compagno di scuola, compagno di niente / ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?"

 

Sono i versi dell'ultimo canzone di Antonello Venditti, "Compagno di scuola" che potrebbe benissimo diventare il nostalgico inno di una generazione (quella di Venditti ed anche di chi scrive) forse cosi irrimediabilmente compromessa, forse migliore o peggiore, certamente molto diversa da quella di coloro che sono giovani oggi, da cui la separano solo pochi anni. Anni decisivi, importanti: la contestazione, la droga, l'evoluzione dei costumi, la crisi economica, l'acid music, il revival... E' successo di tutto, e forse siamo tutti più vecchi. Dieci anni...

 ...Non so se quelli che hanno quattordici o quindici anni oggi possono capire quale rivoluzione noi stessimo facendo. Avevamo l' età che hanno loro, andavamo alle feste in casa dei nostri compagni di scuola, ascoltavamo "Bandiera Gialla" con l'orecchio attaccato all'altoparlantino per conoscere prima degli altri il nuovo hit degli "scarafaggi" e dei Rolling e Bob Dylan, i pochi eletti che ne potevano acquistare i dischi nelle discoteche delle grosse città ascoltavano in estasi senza capire che poche parole - e rimiravamo affascinati il viso smunto di questo ragazzino dalla voce diseducata e tagliente, affascinati dal magnetismo che scaturiva dalla sua immagine. Ricordo che ci riunimmo in casa di qualcuno per cantare "Blowin' in the wind", tutti in coro con le parole italiane di Mogol e tappezzavamo la nostra camera ed il nostro album da disegno con le preziose immagini che arrivavano dall'lnghilterra, dagli USA... E le "caves" le prima "cantine" i "pomeriggi danzanti" coi Delfini, i Camaleonti, i Rokes, Patty la divina Patty, biondo inquieto incubo, i New Dada e tanti altri. I complessi che nascevano e morivano nello spazio di pochi giorni, si scioglievano, si riformavano. "Allora, in quel momento, la musica era un fatto gestuale - dice Toni Esposito, ricordando quel periodo - cui non era importante sapere suonare o meno: lo stesso fatto di inbracciare una chitarra, sedersi a tarra a cantara era un fatto rivoluzionario, un atto di offensiva, un momento essenzialmente distruttivo, cui non è poi seguito alcun momento costruttivo".

 

I gruppi erano composti per lo più di studenti, ragazzi che salivano dalla pista sulla pedana con la massima naturalezza, perche h musica era in quel momento un fatto popolare, capace di polarizzare i discorsi della gente, perché era fatta dalla gente stessa. Quello che spingeva questi ragazzi non era solo l'imitazione dei divi d'oltremanica o d'oltreoceano, e non era nemmeno solo il desiderio di fare musica: era l'affermazione, per la prima volta, della propria personalità, era il grido "esisto anch'io", era l'esaltante scoperta che, persino in un contesto soffocante come quello italiano, era possibile che i giovani contassero qualcosa. Il "movimento" era unitario, ma sarebbe durato poco: la dispersione, lo spezzettamento, il fagocitamento da parte del sistema, erano alle porte. Oggi i ragazzi si sono visti riconoscere il diritto di operare attivamente nella società, ma l'hanno pagato caro: con la perdita dei loro ideali. Perchè, ditemi, quali ideali ci sono rimasti, in questa bagarre di sfrenata corsa al soldo, senza esclusioni di colpi, che è diventata la nostra vita?

 ...La "swingin London" rappresentà per tutti noi l'ideale di una nuova vita, il continente Utopia magicamente materializzatosi: musicalmente, c'era tutto da imparare dagli inglesi, compresa una tecnologia avanzatissima. "La tecnologia inglese - ricorda Raffaele Cascone - era diventata, quando io arrivai a Londra, la colonna sonora dal nuovo modo di vivere: I'underground, la cultura alternativa che aboliva tutte le cose inutili, a tutti i livelli, e affermava la possibilità di vivere con lo stretto necessario".

 Ma, se questi concetti erano tutto sommato abbastanza lontani per noi ragazzi, paghi di sfidare "il mondo " abbracciandoci in pubblico con le nostre ragazzine, ostentando jeans oscenamente stretti o ca pelli smoderatamente lunghi, tuttavia l'underground, pur non riuscendo a fare la rivoluziono, creava i presupposti per cui la gonte che lo abbracciava riusciva, nolla sua sfera, ad organizzarsi un modo di vivere completamente personale: cosa molto importante, questa, per quei fenomeni di vita alternativa che con il loro esempio hanno dato una spinta decisive negli ultimi anni ad una mentalità più progressista e radicale, Non si critichi dunque quel periodo e i ragazzi che l'hanno vissuto in prima persona come "qualunquista": l' entusiasmo rivoluzionario di cui eravamo impregnati non ha niente da spartire con l'imperante qualunquismo (questo si, vero! ) della gente dalle "tematiche" che portano avanti "un certo tipo di discorso".

E'oro falso questo.

 

Antonio Occhiello

 
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