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Grande firma della stampa giovanile dei sixies, Sergio Modugno è stato redattore capo, cervello ed anima del glorioso settimanale "BIG", il primo periodico per le nuove coscienze che si andavano formando in quegli anni, primo testimone di un costume che andava cambiando...

di SERGIO MODUGNO

Giugno-luglio 1965.

Dopo la nascita del Piper, un altro 'monstre' prende corpo e s'ingigantisce. il Cantagiro. Un fenomeno che oggi è difficile comprendere. Un caravanserraglio di cantanti, mobilissimo a bordo di auto, in giro per l'Italia tra ali di folla impazzita. Oggi, purtroppo, la folla ha altro a cui pensare. Eppure il Cantagiro qualche merito ne ha avuto, da un punto di vista musicale e del costume. Ha strizzato un occhio al 'pop', ha dato una mano ai giovani cantanti sconosciuti, ha consolidato la fama di quelli più noti . E' stata una grossa idea di spettacolo musicale, un genere di consumo, la canzonetta a domicilio in un'epoca, gli anni 60, in cui il consumismo fu il vero protagonista.

Sergio Modugno e Fabrizio Zampa, inviati di BIG al Cantagiro 1965
Ma il fatto di costume più rilevante nel 1965, fu la prima e unica tournée dei Beatles in Italia. Prima a Milano e poi a Roma al teatro Adriano. Successero cose da pazzi Scene di pianto e deliquio collettivo, isterismo, urla. Le stesse scene che avevamo visto pubblicate sui rotocalchi che riferivano i successi degli scarafaggi all'estero, ragazzine che urlavano. Una di queste, o meglio la foto di una di queste, piacque a noi di Big. Composta e scarmigliata, fredda ed emotiva. Portava la mano aperta ad un angolo della bocca per far arrivare meglio la sua voce alle orecchie dei quattro di Liverpool, tra le cariche della polizia che cercava di mettere ordine in una platea scatenata, dove, in quel momento, proprio un gran bisogno d'ordine non c'era. Questa ragazzina ignota, divenne per noi un simbolo, forse fu la prima scintilla della contestazione, attizzata da Piero Vivarelli, che dall'editoriale di Big iniziò a maledire la società repressiva ed autoritaria, unico deterrente dell'evoluzione giovanile.

La foto della ragazzina ignota faceva da 'testatina' fissa all'editoriale che fu intitolato 'Sveglia ragazzi! ' che per cinque anni, tutte le settimane, nessuna esclusa, ebbe un successo enorme. Divenne la guida politica, e perché no?, anche culturale della gioventù che fino a quel momento aveva avuto solo quella della famiglia e non sempre quella della scuola. Una politica né di destra e né di sinistra, niente affatto qualunquista; una politica logica, sviluppavano gli avvenimenti della vita italiana. Veniva cucita a misura di giovani e sembrava che la indossassero tutti a pennello.

Il giornale piaceva sempre di più, perché pur trattando tutti gli argomenti, divistici e non, li osservava con ironia e con un certo distacco. Il primo titolo, a questo proposito, che mi viene in mente. 'Si è rotto un Rokes'. Cosa era successo? Un fatto di cronaca, abbastanza drammatico. Mike, il batterista del quartetto inglese, trapiantato in Italia, crollò durante un'esibizione per una colica renale.

Sergio Modugno intervista Sonny & Cher
Sergio Modugno con Sandie Shaw

Ma a parte la difesa ad oltranza dei capelloni (fummo noi a chiamarli così), BIG e con esso la coscienza giovanile andavano delineandosi sempre di più. Difendevamo chi rifiutava il sapone ed il barbiere, ma ci battevamo anche per chi voleva studiare, denunciando le più macroscopiche carenze delle nostre istituzioni didattiche.

Alcune delle nostre battaglie cominciarono a dare i primi frutti. Batti e batti, alla fine la RAI, che allora era tutt'altro che 'riformata', si decise a trasmettere un programma sui Beatles e a consentire a Gianni Boncompagni e a Renzo Arbore, allora quasi del tutto sconosciuti, maggiore libertà ed alla loro trasmissione radiofonica 'Bandiera Gialla' maggiore spazio. Il titolo era volutamente ipocrita, non certo per colpa di Gianni e di Renzo. In compenso però, il programma diffondeva un genere di musica completamente ignorato dalle altre rubriche radiofoniche. La bandiera gialla, si sa, nel codice dei naviganti, segnala la presenza di malattie infettive a bordo. In altre parole, quello che Boncompagni ed Arbore trasmettevano era solo 'peste'. Comunque, eravamo contenti lo stesso. Prima c'era il 'Discobolo' di Vittorio Zivelli, che presentava le novità discografiche, ma senza il disc jockey. Uno speaker leggeva i testi che Zivelli scriveva.

'Bandiera Gialla' fu il primo esperimento di discjockey all'italiana. Vi partecipavano anche molti ragazzi che con le loro urla e le loro bandiere gialle determinavano il successo di un pezzo. Gara e disco vincente erano le due caratteristiche. Boncompagni parlava veloce e scattante senza leggere. Improvvisava con l'intenzione di ribaltare i conueti canoni radiofonici dell'epoca.

Dopo il successo di Bandiera Gialla, che apparteneva soprattutto a Boncompagni, la RAI accolse la proposta di Arbore di una nuova trasmissione dedicata interamente ai giovani e che si chiamò appunto 'Per voi giovani'. Musica, commenti, servizi di attualità e culturali. Un vero passo avanti. Anche la moda non poteva rimanere insensibile ai fermenti nuovi: prima Courrèges e poi Mary Quant inviarono i loro messaggi anche in Italia, messaggi, però, che con gusto tutto italiano, venivano filtrati ed adattati ai gusti delle nostre ragazzine. I giovani cominciarono ad abbandonare gli abiti tradizionali: giacca e cravatta alle ortiche.

Cominciarono a scegliersi i capi più comodi, meno costosi e più vivaci di quelli di una volta. Ma qual era in definitiva la caratteristica della moda giovane? Forse non ce n'era una precisa. Vestire giovane significava indossare abiti che un trentenne non avrebbe potuto indossare. Qualche matusa o qualche matrona tentavano il travestimento, ma venivano subito smascherati. Ridicoli. Ciò metteva in risalto che si trattava effettivamente di moda creata esclusivamente per i teens. Ma, soprattutto, la nuova moda era libertà. Mettersi indosso ciò che uno voleva. Al Piper si vedevano ragazzi vestiti alla Lord Brummel, con tanto di bombetta o cappello a cilindro e ragazze agghindate con bellissimi vestiti della nonna. Ma questo non è il mio campo e non so dire altro. La nostra esperta era Paola Dessy, la conosciutissima 'Cara Paola' delle lettere confidenziali di 'Big' e che noi, vipere, chiamavamo scherzando 'nonna Paola', perché Paoletta era giovane soprattutto dentro e lo era davvero. Delicata, sensibile, appassionata, era la confidente di tutti i lettori e le lettrici. Era civilissima. Quando non poteva rispondere dalle colonne di Big, per mancanza di spazio o perché l'argomento non investiva un interesse generale, prendeva carta e penna e rispondeva a tutti, nessuno escluso ed a sue spese. La media delle lettere ricevute si aggirava sulle duemila a settimana. Una volta le poste le recapitarono una lettera intestata solo così -: Alla 'Cara Paola', senza altra indicazione di via e di città.

Ricordo la gioia di tutta l'équipe di BIG quando nel gennaio del 1966, Gianni Ravera, che organizzava il Festival di Sanremo, cedette alle nostre insistenze e fece sventolare sulle cupole del Casinò, più famoso del mondo, la bandiera, che noi per affettuosa deformazione professionale vedevamo a tutti i costi 'gialla'. Per la prima volta dai funesti tempi di 'Grazie dei fiori', i giovani cominciarono a salire le scale del sacro tempio della canzonetta italiana. L'Équipe 84, la Caselli, i Ribelli, Pat Boone, Gene Pitney, the Yardbirds, the Renegades, Celentano, Lucio Dalla, Françoise Hardy e tanti altri.

Gianni Ravera

La nostra delusione, invece, quando tutti i 'nostri' furono sonoramente sconfitti. Parlammo di 'sabotaggio' e ce la prendemmo con tutti. "La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni scrivevamo -Il proverbio vale anche per Gianni Ravera che ha aperto una strada al beat, trascurando però di prendere la benché minima precauzione tecnica per garantire al nuovo genere musicale un minimo di coesistenza pacifica con il genere tradizionale". Cosa era successo? Gli impianti di amplificazione, indispensabili al nuovo sound, non avevano funzionato come avrebbero dovuto, sia in sala che durante la trasmissione radiotelevisiva. Comunque, tutto sommato, fummo contenti lo stesso, anche perché il Festival ci dette l'opportunità di stilare e propagandare un manifesto della musica nuova, predisposto da Piero Vivarelli, Lucio Dalla e dal paroliere Sergio Bardotti.

Piero Vivarelli

Nel manifesto si leggeva: "Noi attingiamo alla tradizione, ma non la rispefflamo; la musica nuova, partendo da Ray Charles deve passare dai Beatles e da Bob Dylan; il nazionalismo musicale è un non senso, il blues non è solo una base ma anche una fede" e via così. Lentamente, senza un piano preordinato cominciavamo a delimitare il territorio musicale del rock. Usavamo certi termini di cui non ne conoscevamo a fondo il significato. 'Beat', ad esempio, un termine importato di peso dalla Gran Bretagna. Lo accoppiavamo a qualunque sostantivo per definire una cosa nuova. musica beat, disco beat, moda beat, ragazza beat, ballo beat, e facevamo anche una certa confusione con i beatnik. Pensavamo che l'etimo 'beat' fosse comune ai due termini. Un bel giorno, per vederci chiaro, organizzammo un dibattito solo per studiarne l'origine. Vi parteciparono quelli che ritenevamo fossero gli esperti italiani del momento. Arbore e Boncompagni. Si arrivò alla conclusione che la differenza tra la musica beat e quella tradizionale è nella ritmica, cioè la ritmica beat segna il tempo in battere. Beat in inglese significa battere. Nella musica tradizionale, invece, il tempo viene segnato in 'levare'. I1 nostro affanno era la ricerca di modelli più rappresentativi di tutto il fenomeno giovane. Non ci fu difficile individuare in Bob Dylan il più rappresentativo. Ci accorgemmo di lui quando ancora portava i capelli cortissimi come i marines americani. Lo definimmo il poeta della nostra musica e prendemmo come epigrafe quello che i Beatles dissero di lui: "Si dice che un poema sia una persona messa a nodo. Bob è un grande poeta". E Dylan in effetti è un poeta che nei suoi blues, mette a nudo l'anima dei giovani. Il modello Dylan piaceva sempre di più e noi calcavamo la mano e senza volere, in fondo, facevamo cultura. Parlando di lui non potevamo fare a meno di parlare di Kerouac. Dylan, tipo insofferente, sembrava fosse uscito dalle pagine di un libro del massimo scrittore della beat generation. E l'amore per i grandi modelli ci portava ad essere estremisti (in senso idiomatico, non politico) e ad esagerare: per noi Ray Charles era il genio, detto con affetto, convinzione ed assoluta buona fede, anche perché i 'modelli' italiani che ci circondavano erano ben poca cosa di fronte ai grandissimi, ai geni, che purtroppo venivano solo d'oltremare.

Big cominciava a contare qualche cosa e non solo come espressione di un nuovo costume. Gli operatori si rendevano conto che i giovani facevano mercato e il loro maggiore organo di informazione andava ascoltato e rispettato. Dopo l'insuccesso di Sanremo 66, Ezio Radaelli si rivolgeva ai ragazzi e, tramite noi, chiedeva chi volessero al Cantagiro. Con un referendum fu presto fatto il cast.

Ezio Radaelli

Ma non solo in campo musicale, ma anche in quello civile e sociale, Big cominciò a muoversi in una certa area di autonomia ideologica e di linguaggio. L'obiezione di coscienza - nessuno allora sapeva nemmeno cosa fosse - fu una delle nostre analisi. Dal giornale partirono indicazioni che furono poi utilizzate per regolamentare la complessa e delicata materia. E il caso della 'Zanzara' (il giornale studentesco del Liceo Parini di Milano)? Uno scandalo, un processo per un articolo impegnato scritto da giovani seri e preparati sui temi del momento: l'educazione, il sesso e la società, e il problema morale e religioso. Dall'équipe di Big partirono dardi infuocati contro il mondo retrogrado ed immobilista.

Ma accanto alle battaglie impegnate, moltissime erano le nostre iniziative distensive, ma tutte avevano un comune denominatore: la 'bestia-giovane'. Mai un cedimento, mai un'eccezione, se alla base di un qualunque discorso non c'era un problema che riguardasse i giovani, questo veniva inesorabilmente scartato. Una delle tante iniziative di Big, che ci procurò soddisfazione e successo fu il concorso della Teen Ager internazionale che ogni anno si svolgeva ad Hollywood. Ogni nazione sceglieva una bella ragazzina di età inferiore ai 20 anni e la spediva al concorso. Per l'Italia le sceglievamo noi. Due lettrici sconosciute, con il nostro appoggio, sono diventate famose: Mita Medici e Silvia Dionisio.

 

Sergio Modugno (segue)

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