SOPI Editrice S.r.l.

 

 

da Best n. 3 - marzo 1977

I cantautori italiani

articolo di Eddie Ponti

IL CANTAUTORE

Termine piuttosto moderno quello di "Cantautore"; fu creato per Gino Paoli da un collega giornalista, a cavallo degli Anni Sessanta; ma più che ad indicare una novità quel termine serviva ad indicare la riscoperta di un modo di far musica antico come la musica stessa.

Lasciando in pace gli Aedi della Grecia antica (e fra loro quel big di nome Omero...), trascurando uno dei più famosi 'cantautori' dell'antichità, ovverossia il calunniatissimo imperatore Nerone (che magari sarà stato perfido come vogliono dire per forza ma che di certo era un grande artista) non si può tacere la presenza dei Troubadours, i poeti-camtanti della Langue d'oc che assieme ai loro colleghi del filone Germano-anglico, i Minnesingers, tennero viva la fiaccola della poesia cantata sia per il popolo che per i castellani.

Cantastorie, menestrelli, trovatori per secoli e secoli hanno rappresentato, assieme al complessino che accompagnava i balli sulle aie, tutto quello che il popolo poteva ricevere come musica; fu solo con l'ottocento, quando la grande opera lirica cominciò ad essere orecchiabile (Verdi), che il popolo scoprì altri orizzonti e preferì ascoltare "La donna è mobile" piuttosto che la ballata della "Povera Giulia".

Poi arrivarono le antenate delle attuali canzonette, vale a dire quelle romanze che i vari Testi, Toselli e compagni sfornavano a ripetizione. Anche perchè, con Sonzogno e Ricordi, erano nate le prime editrici musicali e ci si facevano i soldi.

In Francia però c'era un Aristide Bruant che rinverdiva la tradizione dell'autore che canta, accendendo quel focarello sul quale si sarebbaro poi fusi i più preziosi metalli nel crogiolo della canzone francese moderna. Da noi niente; dopo la lirica e le romanze, a peggiorare la situazione ci si misero le operette, tanto che un grande, grandissimo autore-interprete come Armando Gil era più apprezzato come improvvisatore di versi che come cantante. E dire che ha proposto "Come pioveva...".

Un altro italiano dovette far fagotto ed andare a cercarsi i primi allori sulla Senna... Odoardo Spadaro si esibì per anni al Moulin Rouge, al Casimò de Paris o alle Folie Bérgères accanto a personaggi come Mistinguette, Maurice Chevalier, Maude Loti, Jean Gabin (eh, sì, cantava anche lui). Poi Odoardo tornò a casa e fu l'unico 'chasonnier' tollerato dal regime. Guerra, dopoguerra; orchestra Angelini che al disotto dei suoi vecchi standard imperversa radiofonicamente su tutto, in combutta con alcume inqualificabili e sedicenti 'orchestre all'italiana". Qualcosa si muove verso la metà degli Anni Cinquanta, quando Fred Buscaglione comincia a farsi luce con le sue ballate sui 'balordi' e Domenico Modugno prova a cantare le sue canzoni a forza di urla e di cachinni.

Fred Buscaglione
Domenico Modugno

Sarà che il pubblico è stanco della solita sbobba, o forse perchè è semplicemente meno stupido di quanto si ami credere; fatto sta che di colpo la situazione cambia. Modugno e Buscaglione divengono popolarissimi; un certo Celentano canta con una voce alla carta vetrata tipo Fred; altri sconosciuti che si chiamano Nico Fidenco e Umberto Bindi debuttano berciando alla maniera di Mimmo Modugno... Dovranno però aspettare tutti il debutto di Gino Paoli, quello che insegnerà una volta per tutte che ognuno deve essere quello che è, con la sua voce o con la sua non-voce, ma soprattutto con la sincerita delle proposte. Quanta differenza, infatti fra il Fidenco di "Tutto tondo" e quello del "Granello di sabbia" o fra il Bindi che canta "Arrivederci" è quello che proporrà "Il nostro concerto"!

Paoli dunque è il primo ad iniziare un discorso, ma non è il demiurgo nato dalla coscia di Giove; anche lui si è fatto tanta gavetta e anche tanta esperienza suonando a Milano con un gruppo di giovani pieni di idee e di voglia di novità. Li chiamano 'i genovesi' e ancora non si capisce il perchè. Genovesi veri sono solo Umberto Bindi, Giancarlo e Gianfranco Reverberi e Luigi Tenco, che poi viene da Nervi. Gino Paoli se è cresciuto a Genova è nato, in compenso, a Monfalcone; Giorgio Gaber (Gabershik all'anagrafe) è di Pola; Sergio Endrigo è anche lui veneto... Jannacci e Tony Renis sono milanesi così come la ninfa egeria della banda: Maria Monti. Milanesi anche Gino Negri, Franco Nebbia e quel gruppo di ragazzini che le canzoni le scrivono e le presentano assieme: "I gufi". Alla banda poi verranno ad aggiungersi veneziani come Pino Donaggio, milanesi come Memo Remigi, toscani come Aldo Caponi (Don Backy) e Daisy Lumini.

Umberto Bindi
Pino Donaggio

Fabrizio De Andrè è ancora nella sua torre d'avorio, mentre Francesco Guccini si divide fra la sua osteria e le piazze dei paesi care anche a Trincale.

Paoli ha indicato la strada e pian piano l'orchestrina si sfascia; stufi tutti di suonare il rock & roll per il pubblico del Santa Tecla o della "Arethusa", pungolati anche da una Maria Monti assatanata, tutti i ragazzi si buttano nella mischia portando tonnellate di idee alla canzone italiana, ferma ormai da più di un secolo all'eterno rimeggiare fra: "Amor, tremor, languor, ancor, ognor e (naturalmente) cuor".

Fabrizio de André
Gino Paoli

Se "La gatta" di Paoli è, assieme ad "Arrivederci" di Bindi, il colpo di partenza per il filone dei cantautori 'classici', ossia di quelli che pur componendo in modo nuovo fanno pur sempre delle canzonette, anche se ad alto livello, è Maria Monti che scatena i talenti da sempre compressi dei surrealisti e degli ironici.

"Benzina e Cerini", presentata con prevedibile scarsissimo successo ad un Sanremo ha il merito di indicare la strada ai Gaber, Jannacci e via via fino agli odierni Rino Gaetano o Edoardo Bennato. I cantanti 'interpreti' sono naturalmente messi in crisi; spariscono gli Ariodante Dalla, i Giorgio Consolini ed i Gino Latilla con relative Carla Boni ecc...; Claudio Villa si arrocca in una disperata difesa mentre la 'regina' Nilla Pizzi sta sì sdegnosa ancora sul trono, ma comincia a starci scomoda.

Le nuove leve degli interpreti ,vuoi per affinità elettiva o generazionale, vuoi perchè sentono il vento, corrono alla bottega dei cantautori a prendere le idee come fanno Mina Mazzini ,Ornella Vanoni, Laura Betti e Johnny Dorelli. L'insolito che la gente sente nel nuovo modo di cantare aiuterà poi la comprensione per i modelli anglosassoni: è più facile accettare il belato dei Beatles quando lo si è già ascoltato da Peppino di Capri; viene naturale a chi ascolta, allora per la prima volta, Mick Jagger di paragonarlo a Ghigo, detto anche l'estremista dell'urlo! Naturalrnente, come legge di natura vuole, la pattuglia si sfalderà; seguendo ognuno una sua strada ben precisa, i primi cantautori faranno autonomamente le loro esperienze: Modugno e Tony Renis, alla ricerca di un consenso sempre più vasto sceglieranno la via più sbagliata, quella dei festivals, al punto di ritrovarsi, assieme e superati, in uno dei peggiori Sanremo. Buscaglione trova un inatteso personaggio al suo appuntamento all'alba; Gaber evolverà dal cantante di "Non arrossire" al cesellatore di atmosfere di "Trani a Gogo", "Porta Romana" o di "Ballata del Cerutti" per poi approdare alla completezza dei vari "Signor G", "Mi faccio uno shampoing" o "La nave". Anche lui, strada facendo, fa qualche passo falso come quella "Ma tu volevi 'a pizza" che avremmo fatto meglio a scordare. Maria Monti entra sempre di più in un suo mondo teatrale; Bindi non regge ad una certa campagna contro una sua personale verità e si ritira sull'Aventino; Paoli continua imperterrito a sfornare capolavori senza farsi condizionare dallo scandalismo della stampa rosa o da una certa turbolenza nella vita intima. Endrigo approda, logicamente, ai lidi ove lo attende da sempre Vinicius de Moraes con tutta la sua tematica musicale e poetica; Reverberi andrà a Genova per aprire um nuovo dialogo con Fabrizio De Andrè e con i New Trolls. Jannacci sarà un Dario Fò canoro sempre più preciso nelle denunce e sempre meno pronto al compromesso; Donaggio tornerà al primo amore, la composizione classica. Gian Pieretti si vedrà rifiutato dal pubblico proprio quando farà le sue cose migliori mentre il cigno Mauro Lusini canterà e farà cantare Joan Baez con la sua ballata per Sacco e Vanzetti. E poi c'è Luigi Tenco, che nessuno ha mai capito a fondo e che se ne va anche lui, scegliendo di morire.

Sembra che il ciclo sia chiuso, ma l'impressione non è quella giusta. Cominciando con Tenco e la sua opera i giovani, dopo quattro o cinque anni di ubriacatura pop coi decibel scatenati a livello epidermico, riscoprono un modo di cantare, I'unico possibile perchè 'vero'. Altri giovami raccolgono nel frattempo il 'testimone', la catena non è interrotta e anzi continua splendidamente la bella avventura musicale dei cantautori di oggi e di ieri. Un'avventura iniziata venti anni fa.

 

Eddie Ponti

da "best", marzo 1977

   qualche pagina:
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