Best Marzo 1978 : I nuovi cantautori

Ivan Graziani

 Ivan Graziani e nato trentadue anni fa a bordo di una nave sul mare Tirreno, ma i suoi genitori sono teramani. Dopo aver studiato arte ad Urbino, si è trasferito a Milano dove ha iniziato ia sua attività musicale verso il '67. Autodidatta, esordisce come cantante e chitarrista dell'Anonima Sound, un gruppo, caratterizzato proprio dalla particolarità della sua voce, che incise alcuni 45 giri, fra cui la tipica 'Parla tu'. Dopo il servizio militare, che, per molti musicisti, ha segnato una tappa decisiva, si dedica all'attività di session-man nello studio personale di Lucio Battisti, Il Mulino di Anzano del Parco, e collabora in studio con lo stesso cantautore reatino, con Bruno Lauzi e con la Premiata Fomeria Marconi. Fra l'altro quando il gruppo decide di assumere un cantante si parla insistentemente di Ivan, ma dopo alcune settimane di discussioni ed interscambi non se ne fa niente per incompatibilita di scelte (n.d.r. ascoltando in anteprima il nuovo LP 'Passpartù' della P.FM. mi è sembrato che Bemardo Lanzetti in alcuni passaggi sia molto vicino alle sue tonalità, bah? ! ).

Nel trattempo Graziani aveva provato la via dell'incisione solista con un lavoro misconosciuto, 'La città che io vorrei', inciso con pochissimi mezzi quasi in solitudine. Il disco non venne mai distribuito, ma una copia giunse a Nuovo Sound che, per ma. no di Franco Schipani, cosi lo recensi: "E' interessante e da ascoltare con calma. Sono altresi convinto che, alle volte, può sembrare leggermente monotono ma, credetemi, vi sono altri prodotti meno monotoni dei quali non preferisco nemmeno parlare ".

Primo LP è cosi da considerare 'Ballata per quattro stagioni', prima pietra di una costruzione artistica che si sta rivelando quanto mai solida. Riferibile all'entourage che allora faceva capo all'etichetta Numero Uno (siamo all'inizio del '75), di cui subisce l'influsso, rivitalizzandolo con spunti del funky più viscerale e del folklore mediterraneo. L'originalità risiede soprattutto nella bellissima voce, un quasi falsetto evocatore e dalle mille sfaccettature, elastico e dolcissimo, nella volontà di essere anche un musicista, non solo il poeta che si scrive addosso, e nell'ispirazione. Un'ispirazione legata da un profondo cordone ombelicale alla terra, come origine della parte più vera dello spirito umano, di quella parte cui non si può abdicare senza perdere se stessi in un mondo estraneo ed ostile. 'Ballata' si presenta dall'impressionismo melodico molto vivo che raggiunge suoi vertici nello strumentale 'Trench' e in 'Donna della terra', grazie anche all'attenta produzione del sassofonista Claudio Pascoli, capace di mescolare con corposa ritmicità spunti ed interpunzioni diverse. Non bisogna dimenticare che Ivan è ottimo chitarrista dalla solida scuola rock, dalla mente aperta e dalle radici popolari. I testi colpiscono meno, ma sono di una poeticità sobria e senza ambizioni, in particolare 'I giorni di novembre' e 'La pazza sul fiume' toccano per liricità d'accenti. L'insieme non è comunque privo di cadute e luoghi comuni ('Come', 'Dimmi ci credi tu?' ') che dicono dell'ingenuità dell'esordio. Ivan si esibisce promozionalrnente in varie situazioni e soprattutto colpirà la platea per la sua grintosità al King's Club di Portoercole in una rassegna di nuovi cantautori.

Il secondo LP è dell'inizio del '77, s'intitola 'I lupi' ed è realizzato praticamente in contemporanea all' 'Ullallà' di Antonello Venditti, che offre la sua ricambiata collaborazione artistica e strumentale. Lavoro di eccellente fattura, dal perfetto cromatismo dell'impasto suoni-testi, addolcisce alcune punte del precedente in una sonorità generale molto 'soft', ma con una concentrazione notevole di ricami e di idee. Studiato con estrema cura, approfondisce il rapporto/scontro che si instaura fra personaggi deboli e falsi miti, cui i primi sono costretti a soccombere senza trovare rifugio se non nel casuale ed emozionale rapporto con l'ideologia e soprattutto nell'attaccamento viscerale e protettivo alle proprie origini terrigne. "Lugano addio cantavi / mentre la mano mi tenevi / canta con me, tu mi dicevi / ed io cantavo / di un posto che non avevo visto mai / tu mi parlavi di frontiere / di funanzieri e contrabbando / mi scaldavo ai tuoi racconti e, mio padre sì, tu mi dicevi, / quassù in montagna ha combattuto / poi del mio mi domandavi / ed io pensavo a casa / mi padre fermo sulla spiaggia / le reti al sole i pescherecci in alto mare / conchiglie e stelle / le bestemmie e il suo dolore", sono alcuni dei versi del 45 giri ricavatone, di molto successo, delicato fragile ed umano, unico momento che ha per protagonista l'autore. Gli altri brani sono energiche sculture a tutto tondo di personaggi costretti ad identificarsi in modelli imposti, che subiscono per purezza di spirito, per mancanza di cultura, per ricerca di successo. Un disco sulla progressiva emarginazione dell'uomo che tende a diventare sempre più un burattino privo di ogni radice storica, culturale o sociale. L'unico momento di sicurezza è nella 'Ninna nanna dell'uomo', dolce flastrocca in dialetto abruzzese, forse una speranza. Ivan porta il suo discorso in una lunga tournée come spalla di Venditti, e si fa conoscere definitivamente in tutto il paese con una seconda serie di concerti da solo.

Da pochissimo è uscito il nuovo disco: avrebbe dovuto chiamarsi 'Fango', a simbolizzare il marciume che la società presenta nei suoi diversi aspetti. La casa discografica ha preferito intitolarlo 'Pigro', dal singolo prescelto, che è il pezzo più significativo. "Tu sai citare / i classici a memoria / ma non distingui / il ramo da una foglia / ...pigro / una mente fertile / dici 'è alla base' / ma la tua scienza / ha creato l'ignoranza / ...pigro", tutta tesa contro l'infingardizia mentale, I'incapacità di confrontarsi e di aprirsi agli altri. Il ritorno al mondo di provincia che si nota nel disco non avviene come ricerca di un aggancio, di un'ancora di salvezza, bensì come amara disanima di difetti, di comportamenti meschini, di superficialità: ''domani vengono a prendermi i parenti / per le feste comandate torno sempre a casa / mi sentirò dire che non ho mangiato / che sono dimagrito, che sono bianco corne un cero / e la provincia come un'isola di matti / perduta nella pioggia si allontana alle mie spalle / e l'inquietudine mi cresce dentro come un cancro / si, ce n'è di che se io mi lascio andare". C'è un generale pessimismo che porta con sè una visione più scarnificata e cruda, delle immagini pungenti e dure, un realismo attento ed ironico. Considerazioni amare toccano la cultura, l'educazione, il sesso e persino la musica, di cui chiama i pezzi forti 'Lieta sosta - Ferma scarpa - Blocca stalla' nella sarcastica denuncia di immobilismo e di trionfalismo 'Al Festival slow folk di B-Milano', dedicata alla P.FM. E' l'album in cui la chitarra assume una preponderanza suadente e sicura, guidando con intelligenza ritmi e tastiere, affidate al solito ai preziosissimi Calloni, Bullen e Maioli, sotto la coordinazione di Claudio Pascoli.

DISCOGRAFIA

'Ballata per quattro

stagioni'(Numero Uno)

'I lupi' (Numero Uno)

'Pigro' (Numero Uno)

 (Scheda di Raffaello Carabini per BEST n. 3, Marzo 1978 "I nuovi Cantautori"

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