Biografia degli artisti padovani
di Napoleone Pietrucci
Padova, 1858
ricerche
Musica dell'800: documenti
Marco Antonio Suman
 
Estratto dalle MEMORIE DELLA R. ACCAD. Dl SCIENZE, LETTERE ED ARTI Dl PADOVA

Scienze morali Anno CCCXLIV (94:2 43)

Nuova Serie Vol. LIX

TIPOGRAFIA DEL SEMINARIO Dl PADOVA 1943

 
BRUNO BRUNELLI BONETTI
  
Musica dell' 800: Un cenacolo di "filarmonici"

 

(Adunanza ordinaria del 20 giugno 1943)

 
Fra i meriti della calunniata seconda metà dell'800 vi fu il culto fervido e devoto per l'arte dei suoni cui si dedicarono alcuni cenacoli nel desiderio di esplorare e conoscere a fondo le composizioni di musica da camera, anche di quella che poteva allora sembrare più ardua. Passione disinteressata, che animava i nostri nonni e recava una luce purissima d'arte nei salotti illuminati dai globi vitrei delle lampade a petrolio o dei becchi a gas. Sembra oggi quello un tempo lontanissimo. In era di radiotrasmissioni, quando la musica dalla più ardua alla più futile viene quotidianamente offerta all'ascoltatore a seconda dei gusti di ciascuno, sembra incredibile ci fosse chi si affannava a viaggiare da una città all'altra solamente per procurarsi la soddisfazione di leggere note con altri perfetti esecutori. Ma si è che la musica era allora gioia intima faticosamente conquistata attraverso ad anni di lunghi studi: oggi essa è per i più un facile passatempo a disposizione di tutti in qualunque momento della giornata. Basta girare un tasto...
Di uno di tali cenacoli, che un tempo erano conforto degli angoli più remoti di provincia, conosco le vicende, poiché ne fece parte mio nonno, e nelle lettere di lui e degli amici suoi rivivono ancora le passioni, le gioie, le discussioni vivaci di quei «filarmonici», come si chiamavano allora. Il cenacolo subì variazioni a seconda delle vicende di ciascuno, ma alcuni elementi di esso, anche se lontani, rimasero legati: furono questi, oltre mio nonno, che dimorava a Padova, il suo concittadino conte Pietro Suman, il conte Antonio Freschi violinista espertissimo, che, stimolato anche da società musicali estere, lasciava di tanto in tanto la sua prediletta villa di Cordovado nel Friuli per compiere dei giri di concerti, e Antonio Bazzini, il quale si era ritirato in patria, a Brescia, dopo lunghi vagabondaggi di studioso e di concertista per le nazioni d'Europa, e di là spesso si recava nel Veneto per esplorare con gli amici le composizioni meno note di autori italiani e tedeschi.
Che furon quelli gli anni, dopo la metà del secolo scorso, in cui la musica sinfonica e da camera del grandi compositori tedeschi rivelava a pochi iniziati i suoi arcani incanti: i più erano allora fanatici della musica melodrammatica e ritenevano astruseria eccentrica lo studio di ciò che non fosse semplice melodia cantabile.
 
I quattro amici si scambiavano le loro impressioni sulle composizioni di Bach, di Haydn, di Beethoven, che ciascuno leggeva per conto proprio. Più spesso si ritrovavano i due padovani e il bresciano a Padova in casa Suman, prospettante il soleggiato Prato della Valle, o in casa Brunelli Bonetti nella tranquilla piazzetta San Nicolò, dove c'era una sala da musica con due pianoforti, su uno dei quali la madre di mio nonno, distintissima esecutrice aveva accompagnato Paganini, una spinetta, un armonium, un organo (era allora cosa singolare che un privato possedesse un organo) e strumenti vari, e si concedevano delle orge di musica: per ore e ore gli strumenti suonavano senza tregua. Il violino cantava in lunghe cavate appassionate o sgranava torrenti di note guidato dalla sicurezza tecnica di cui era dotata la mano del Bazzini e il pianoforte vi rispondeva con note espresse con la sicurezza tecnica che era propria del Suman o col tocco vellutato che era perspicua dote del nonno mio. Poi i tre passavano in un salotto accanto a discutere di musica: ambiente in perfetto stile ottocentesco, popolato di cose di cattivo gusto (che non è detto non torneranno di moda domani): fiori di cera sotto campane di vetro, cestelline di maiolica con frutta di pietra, l'immancabile pappagallo imbalsamato. gli album di fotografie rilegati a smalti o in pelle con borchie di metallo, e alle pareti quadri dalle larghe cornici dorate, e, sotto, miniature e dagherrotipi e portacarte ricamate a punto crocetta, e un po' dovunque mobili imbottiti da cui pendevano nappe e nappine da ogni lato.
 
Tanto il Suman che il Brunelli Bonetti componevano ma mentre il primo volentieri comunicava agli amici le sue composizioni perché gliene dicessero il loro parere, il secondo, schivo di natura, accumulava in uno stanzino recondito la carta rigata coperta di fitti grovigli di note. E quando l'amico Suman volle sottrarre una di quelle composizioni e, all'insaputa dell'autore, diede alle stampe un Capriccio per pianoforte, il nonno per qualche tempo tenne il broncio all'amico. A Milano la Società del Quartetto aveva indetto un concorso per una composizione: il Suman decise di parteciparvi, per nulla illuso, fra una folla di concorrenti, di conseguire il premio, ma piuttosto per saggiare le sue forze in un giudizio che offriva garanzie di imparzialità.
Il primo premio tocco al Bazzini, il secondo a Franco Faccio (motto: «Ognuno è matto alla sua maniera»); il quartetto del Suman, quinto nella graduatoria, rimase anonimo sotto il velo di un motto, e soltanto il violoncellista Quarenghi da una richiesta dell'amico padovano ne sospettò l'autore.
Il Suman possedeva una villa a Bassano, e vi trascorreva con la famiglia l'intero autunno: accanto a lui villeggiavano i fratelli Tessarin, Francesco ottimo pianista, e Angelo, cultore, diceva il Suman, «della musica dell'avvenire ». Non mancavano quindi le occasioni di fare della buona musica anche in campagna. La corrispondenza che il Suman tenne attivissima con musicisti che abitavano città maggiori di Padova, come Giuseppe Quarenghi, professore di violoncello al Conservatorio di Milano, Stefano Golinelli pianista e compositore, insegnante nel Conservatorio di Bologna, Carlo Pedrotti, veronese, l'autore del Tutti in maschera, lo informava degli avvenimenti musicali, spesso lo reavvertiva di concerti e di rappresentazioni, cui il Suman interveniva, essendo di tutti i «filarmonici» il più pronto a viaggiare.
 Il carteggio del conte Suman è dunque una viva testimonianza degli avvenimenti musicali del tempo.

Il Quarenghi, per esempio, che occupava pure il posto di primo violoncello nell'orchestra della «Scala», in una lettera del 2 marzo 1866, con sconnessa sintassi gli dava relazione della «prima» dell'Africana a Milano e delle vicende della difficile preparazione:

 

Spiacquemi ch'Ella non abbia potuto assistere alla prima rappresentazione dell'Africana, che fu finalmente ieri sera. Se sapesse quante dispiacente hanno fatto soffrir a tutti, quante stupide esigenze.

 

Ma proprio in quell'anno si maturano i fati del Veneto. Passa un riflesso di guerra anche nella corrispondenza dei musicisti. Uno dei figli del Suman va a combattere fra le file dei volontari di Garibaldi; il Pedrotti scrive angosciato, dichiarando di essere incapace di dare una sola lezione di musica e di pensare ad altro se non agli eventi di guerra; il Freschi è trepidante per la sorte di un fratello che ha combattuto sul Tonale e di cui non riceve notizie. Non appena passata la bufera e firmata la pace, in ottobre riprende la corrispondenza fra Milano, Verona, Cordovado e Padova. In quest'ultima città si era progettato di dare l'opera La guerra in quattro del Pedrotti, per l'allestimento della quale l'autore stesso aveva mandato qualche consiglio al Suman, che si era fatto portavoce presso l'impresa. Ecco i suggerimenti del Pedrotti, specialmente riguardanti la scelta degli artisti:
 

A questo proposito io Le parlo schiettamente, e se, come mi afferma l'Albasini ('), il buffo scritturato fosse il Menini, Le dico davvero e confidenfialmente che non ne avrei piacere. Il Menini ha della voce, ma scarso talento, e per La guerra in quattro non farebbe davvero; anzi affermerei che il fiasco sarebbe sicuro. In origine quest'opera fu scritta a Milano alla Canobbiana per il buffo Mattioli Alessandrini, che l'esegui benissimo; poi nel carnevale susseguente rifeci l'ultimo atto a Trieste a motivo di alcune sconcezze del libretto, ed allora l'esegui stupendamente Luigi Fioravanti. L'opera e molto complicata perché vi sono cinque pezzi concertati, e guai se l'esecuzione zoppica! Guai se il butto non ha molto brio e talento!! E' un'opera pericolosa da questo lato: ci vuole pazienza e perizia nel maestro concertatore. Se a Padova non si potessero avere gli elementi necessari, meglio sarebbe desistere dal progetto, e differire ad occasione più propizia. Tutto ciò gli dico in confidenza, perché con tutta prudenza si regoli nel caso che vedesse probabilità che questo progetto fosse effettuabile. Supposto che il Menini non fosse scritturato, e che dall'impresa venisse fissato un altro buffo, allora si potrebbe parlarne. Se il Marchisio fosse libero, questo sarebbe un buon acquisto. In tutti i casi meno male sarebbe il Mattioli, quantunque abbia poca voce, ma almeno ha vis comica (lettera 16 sett. 1866).

  
Riconoscendosi giuste le difficoltà opposte dall'autore, l'impresa mutò programma. Dopo il plebiscito il Pedrotti scrive al Suman:
 

Finalmente anche noi possiamo cantare l'Alleluja; ora siam liberi, e Verona ne esulta. Il plebiscito fu solenne; vi fu un solo Giuda, perché nell'urna vi fu gettato un solo no! Io sono occupatissimo pel Concerto che si darà alla venuta del Re. Avrò 70 signore dilettanti, 50 tenori, e 60 bassi. Un bel coro, non e vero?- Ecco il programma: si aprirà il Concerto coll'Alleluja di Handel nell'Oratorio Il Messia; poi un Inno del m.o Sala, quindi una Sinfonia, ed in fine un Inno di mia composizione (28 ott. 1866).

 
Programma cui furono poi aggiunti la sinfonia dell'Oberon di Weber,e l'«Eja Mater» dello Stabat di Rossini. Subito dopo il concerto, il Pedrotti ne dà notizia all'amico:
 
L'esecuzione di domenica fu inappuntabile: l'augusta presenza del nostro Re animò siffattamente le masse corali, che tutti raddoppiarono di zelo c d'attenzione: l'eíletto fu buonissimo, e la Corte vi rimase sino alla fine del Concerto. Mi si fa credere ch'io avrò un ricordo dal Re (21 nov. 1866). 
Pietro Suman si era nel frattempo recato a Milano per vedere l'africana, ripresa alla « Scala» nella stagione d'autunno. E scambiava le proprie impressioni col Pedrotti, il quale scriveva intorno alla stessa opera:

Tutto sommato, e una grand'opera, ma per me non vale gli Ugonotti. La parte cantabile di quest'ultima opera e assai più condotta ed è più omogenea in confronto delle melodie troppo spezzate dell'Africana. Il quarto atto degli Ugonotti per me vale tutta l'Africana (ibid.).

  
Il cartellone della «Scala» per il seguente carnevale prometteva fra l'altro Turanda, un'opera di Antonio Bazzini «espressamente scritta», ma il Pedrotti sapeva di qualche guaio per cui l'opera correva rischio di non affrontare la ribalta.
Lo spettacolo (1) va bene e chiama abbastanza gente a teatro, quantunque il biglietto sia a due franchi e mezzo e lo scanno a due franchi... Quanto all'opera del Bazzini pare che il celebrato artista si trovi in qualche impiccio, perché, a quanto dice la «Gazzetta dei Teatri », pare che la sua musica sia imbrogliatissima, tanto che Cavallini ha dichiarato ch'era ineseguibile, ed un bel giorno i professori d'orchestra ad una prova abbandonarono il loro posto protestando che la musica mazziniana era di troppo difficile esecuzione. Vedremo cosa succederà (9 genn. 1867).
(1) Era La Favorita.
 
Le difficoltà furono superate poichè il Bazzini stesso informava il Suman che l'opera era stata replicata per dodici sere e che l'aria cantata dalla Destin e il duetto del quarto atto piacevano ogni sera di più. Egli lasciava però capire come, tutto sommato, il pubblico avesse accolto freddamente Turanda, cosi che l'autore stesso, prima di pubblicarne la riduzione per pianoforte e canto, riteneva opportuna qualche modificazione. Quella stagione scaligera aveva attraversato parecchie vicende, così da far dire al Quarenghi che la « Scala» aveva avuto « tutti i piuoli rotti ". Lo stesso Quarenghi giudicava che il difetto principale dell'opera del Bazzini stesse nel libretto del Gazzoletti, privo di interesse: una spece di « Sancio Pancia coll'armatura di Achille ».
Il Bazzini trovava modo di trascorrere delle piacevoli serate anche nella città natale:
 

Facciamo dei trii di Sehumann, Rubinstein e Schubert quasi tutte le sere a casa Franchi &emdash; e si aspetta nuova musica, ma ormai l'abbiamo presso che tutta, meno quella dell'avvenire, che Dio me ne scampi! (16 maggio 1867).

Il grande avvenimento della stagione della « Scala » nel carnevale quaresima 1868 è la prima rappresentazione del Mefistofele di Boito. Già il Bazzini aveva annunciato la « grande aspettativa». L'esito della movimentata rappresentazione è noto. Il Quarenghi così esprimeva il suo giudizio:
 
L'opera del Boito è un lavoro di un poeta maestro novizio: due incombenze che sono difficili di già eseguirle separatamente. Ma il Boito è giovane di talento e credo che questo suo esperimento gli sia stata una preziosa lezione. Difetti non ne mancano. Il libretto e d'ingegno piu che di cuore, e tale conseguentemente ne riusei la musica. Aggiunga che la disapprovazione fu provocata, in gran parte più che meritata, porche ora siamo in epoca difficile riguardo all'arte. Ci sono quelli ch'io chiamo avveniristi, i quali domandano all'arte le forti sensazioni. Si deve dare all'oblio tutto ciò che sente del rancidume della scuola, compresa la melensaggine del canto, etc. etc.; quindi per contraccolpo sorsero quelli che preferiscono l'ovo oggi alla gallina domani. Il Boito è assediato dagli avveniristi, contro i presentisti contrari alle massime, che forse più che per proprio istinto, da quelli vennero ispirate. Fatto sta che la petulanza di voler imporre un genere che non è dell'indole del paese incontrò forte opposizione, e l'opera venne fisehiata, e non si fara più. Come dicevo fin da principio, il Boito ha talento, è giovane e lascia ancora a sperare. Basta che cambi vela..., che altrimenti felice notte! (23 marzo 1868). 
I soggiorni del Suman a Bassano erano andati prolungandosi perchè in quella sua villeggiatura egli aveva trovato occasione di eseguire dell'ottima musica, e talora di contribuire alla preparazione della stagione autunnale d'opera, non di rado dotata di buoni artisti, che i più piccoli centri avevano allora l'ambizione di allestire ottimi spettacoli. A tale scopo il conte Pietro ricorreva agli amici lontani per avere informazioni sugli artisti, primo fra tali informatori il Quarenghi, che, facendo parte dell'orchestra della «Scala », conosceva perfettamente il mondo lirico. Per la stagione d'autunno 1868 del teatro di Bassano si eran fatti i nomi dello Scheggi e del Petrovich e si era proposto un ballo che avrebbe posto in valore una giovane allieva di Tersicore. Il Quarenghi era in grado di rispondere subito agli interrogativi del Suman:
 

Lo Scheggi canta bene, ma la sua figura non è troppo gentile essendo, mi si dice, fenomenalmente grossa. Il Petrovich e un po' avanzatello in età. Queste cose credo non potranno fare ostacolo, che di già in teatro siamo abituati a vedere un amorino (tenore di sessant'anni, o poco meno) a fare la sua spietata corte ad un pallone aerostatico (prima donna d'antica bellezza). Cantano bene, si chiude un occhio.- La prima ballerina li farà aprire ambedue ed applicarvi molto volentieri un buon binocolo, perche se è quella che m'intendo io è veramente bella, e mi si aggiunge che balla bene. Altro non posso aggiungere (23 ag. 1868).

  
Nello scrivere al Quarenghi il Suman gli aveva fatto rimprovero di aver abbandonato la sua attività di compositore. E il violoncellista gli replicava:
 

E' troppo difficile far bene. E se e sempre stato difficile, oggi mi pare sia divenuto impossibile. (M'intendo parlare di quel ben fare che possa nello stesso tempo piacere). Questa benedetta bandiera dell'avvenire è un affare serio! Chi la segue va con troppa facilità a cadere nell'incomprensibile. L'arte è fatta in fin dei conti per dilettare, e chi vuol dilettare cade facilmente nel triviale. La via di mezzo e la pietra filosofale (ibid).

  
A metà di quel settembre capitava a Bassano una visita graditissima: quella degli amici Freschi e Bazzini, i quali contavano di trattenersi due o tre giorni nella villa ospitale. Lo annunciava al Suman Antonio Freschi con la solita vena faceta:
 

« Porteremo le parti del quartetto (2); Bazzini il suo genio ed io una discreta dose di buon umore» (15 sett. 1868).

(2) Si trattava, come vedremo, di un quartetto di Raff.

I suoi occhi non resteranno certamente asciutti nell'udire le note affettuose che solo Bazzini evoca dal paradiso col magistero del stlo violino, vero mediani parlante e piangente. Oh, se avesse sentito domenica il quartetto di Raff (un po' dell'avvenire), dove c'e un andante cose appassionato da far proprio star male a sentirlo suonare da Bazzini! Io sono rimasto insonne tutta la notte, e, quantunque lo sappia quasi a memoria per averlo udito da Bazzini stesso varie volte, pure quest'ultima volta ho provato un'emozione ancor piu grande. Come godo, conte Piero carissimo, di poter dividere in seno alla sua famiglia le più grate emozioni di un'arte si divina come la musica, e come mi esalto pensando che in certo modo io sono la causa (però puramente occasionale) di questaa comune nostra soddisfazione! Bazzini sara da me persuaso a portare inoltre alcuni pezzi (non da violinista, ma da compositore e poeta), che farà sentire a Lei e alla Contessa e a quelli che Lei crederà capaci e degni di gustare si belle cose, ma sarà bene che pensi a tempo per trovare qualche accompagnatore pronto e intelligente pel caso che ella non volesse assumersi questo disturbo, anche per poter dedicare tutta l'attenzione all'esecuzione del Bazzini. Venga presto giovedì che io son troppo beato pensando a queste care e serene gioie dell'anima (ibid.).

 
Antonio Bazzini prosegue quindi per Cordovado col Freschi, di cui rimarrà a lungo ospite; al ritorno si lascia tentare e sosta un'altra volta a Bassano. Il Freschi resterà in Friuli, a curare &emdash;egli dice&emdash;il suo sistema nervoso alquanto scosso: egli raccomanda al Suman di far suonare dal Bazzini l'Allegro drammatico, il 4° concerto, e i Menus proposti:

... se farà intervenire delle belle signore a sentire Bazzini l'assicuro io che ciò sarà assai caro al nostro amico perché le preferisce di molto agli uomini, e quindi si mette in anima; in tal caso gli faccia suonare anche il pezzo sulla Traviata, che per mio gusto e un gioiello di composizione, ben inteso nel suo genere (ott. 1868).

 
A Bassano il Bazzini suonerà infatti più sere innanzi a un folto pubblico convenuto a Villa Suman. Ne scriveva lo stesso conte Pietro a mio nonno:
 

Che porto di mare la sera in casa mia! Io non faceva invito, perchè non ho locale, ma l'assedio per avere il permesso di venire a sentirlo era grande. Se invito, devo cercare che ci sia locale opportuno per collocare gli invitati; se non lo faccio, bisogna che tutti si accomodino alla meglio. Suono da angelo! Le sue composizioni sono tutte o quasi tutte originali, di quelle che ti vanno a sangue. Certe Romanze, Notturni che si chiamino, le dice in un modo che egli solo sa esprimere. Sotto altro arco c'e il merito della composizione, ma è impossibile che vengano interpretate con quella passione e quel sentimento che è proprio di lui solo. Due sere si eseguì il suo Quartetto; il Quintetto no perche mancò un violoncello. Ha di nuovo una Fantasia sulla ltrarJiata di tale effetto pel canto e pei passi, che fu obbligato a ripeterla tutte e tre le sere (21 ott. 1868).

Il Quarenghi, a sentire dal Bazzini e dal Suman quale culto della musica si coltivasse nella villa di Bassano sarebbe stato tentato di farvi egli pure una scappata, ma lo tenevano vincolato i suoi impegni con la «Scala», che si doveva aprire per la venuta dell'Imperatrice Maria Alessandrovna di Russia. Egli scriveva al Suman rimpiangendo l'occasione mancata:
 

« Siamo rovinati dai Russi ». Questo adagio soleva dire il mio povero padre quando qualcosa non andava secondo i suoi desideri. Ed ancor io oggi ripeto « Siamo rovinati dai Russi ». La è proprio così!... L'Imperatrice delle Russie venne al lago di Como. Al lago di Como venne la volonta d'andar fuori de' suoi confini. Fece sloggiare l'Imperatrice, che venne a Milano. Il Municipio di Milano volle far festa all'lmperatrice (e, tra parentesi, forse sperando che l'Imperatrice voglia dare libertà a' nostri che gemono nelle russe prigioni !), volle adunque il Municipio far festa con illuminare la Galleria, la piazza della Corte, quella del teatro, che ancora si chiama Regio, per dare distrazione a Sua Maestà, e dimostrare cosi all'antedetta Maestra che se il lago non riguardo alcuno all'Augusta persona, per niente affatto c'entrava il Municipio di Milano, che anzi queste feste furono fatte per dare una dimostrazione in disfavore dell'audace trascorso del lago di Como. Si aperse dunque la «Scala». Si fece la Norma. Dio misericordioso! Che esecuzione! ... Sono due sere che dopo la prima rappresentazione si tace. Ne sento a discorrere di fare qualche altr'opera. Ma intanto « siamo rovinati dai Russi »: mi tocca di rimanermi qui. Qui inchiodato in Milano senza poter prendere una boccata d'aria che non sia aria di Milano. E tutto spiegato... Io del coraggio ne avrei d'andare contro a tutta la Russia, ma... ma «siamo rovinati dai Russi». Tutti i miei progetti sono iti al vento. Poveri beccafichi! Mi piacciono così tanto gli uccelletti colla polenta. Pazienza: mangerò infrattanto dei passeri di Stilano. Milano non dà che passeri (13 ott. 1868).

 
Il Bazzini in dicembre sostava a Padova, prima di recarsi a Firenze, dove si sarebbe eseguito il Salmo 56
 
vedere la Stolz! Mariani e Verdi sono carne ed unghia, come si dice... Ma allora ci vorrebbe subito un emissario fidato a Genova per preparare la cosa col Mariani (17 febbr. 1869). 
Poi, nulla più venendo a conoscere sull'argomento, il Suman ritornava alla carica. E allora il Bazzini, che non avrebbe ricusato di adoperarsi personalmente per accontentare l'amico, per altre ragioni affacciava dei dubbi sulla possibilità dell'intervento di Verdi allo spettacolo di Padova:
 
Appena ricevuta la sua carissima ultima; m'era venuta una bella idea, che poi passata al crogiuolo della riflessione, mi apparve mancante di senso comune. Seguendo il proverbio che val meglio indirizzarsi a Dio che a' suoi Santi, avevo pensato di scrivere direttamente a Verdi, esponendogli francamente il desiderio dei Signori Padovani, e pregandolo a volermi rispondere se avrebbe accolta sì o no la deputazione che si fosse recata a tal uopo presso di lui. Ma fortunatamente mi vennero in mente alcune parole di Tito Ricordi, il quale mi diceva parlando della Forza del destino: «Ce ne vogliono dei quattrini prima ch'io possa rientrare soltanto in quello che ho speso». «Cosa hai speso ora? ». « E credi tu che Verdi sia venuto a Milano, senza un compenso molto rilevante? Oltre i pezzi nuovi che ha scritto?». Feci il conto che se la Direzione del Teatro ha rinunziato ad avere Mariani per mancanza di mezzi, ancor meno alerebbe potuto averne per decider il compositore per venire a Padova, e il mio conto non mi sembra sbagliato. E se non è sbagliato, colla mia famosa idea avrei fatto un bellissimo buco nell'acqua! Amen...

P. S. Mi dimenticavo di dirle che a Milano avevo tastato Ricordi così alla larga per l'affare Verdi, e ch'egli credeva la cosa quasi impossibile (23 marzo 1869).

 
I signori proprietari del teatro Nuovo di Padova dovettero quindi rinunciare alla presenza di Verdi, e l'opera con la Stolz, la Destin, Giuseppe Capponi e Giacomo Rota incontrò ottimo successo Il Bazzini si recava pure a Padova in tale occasione e si approfittò della sua venuta per affidargli la direzione di un concerto in una sala padovana.
In autunno il conte Suman era nella sua solita villeggiatura di Bassano, e di là mandava all'amico Brunelli Bonetti una fedele e umoristica relazione di uno spettacolo d'opera che si era allestito in quel teatro:
 
L'APERTURA DI UNO SPETTACOLO TEATRALE.
In una città, di cui non ricordo il nome, ma che, se non mi tradisce la memoria, era subalpina, vzaleriasi in autunno ingannare le ormai abbastanza lunghe ore della sera. li' facile a credersi che una città al giorno d'oggi possieda un Teatro: lo hanno quasi direi le borgate! Dunque coraggio, si pensi ad un'Impresa che ne assuma le spese e la direzione economica molti anni un gobbo suonatore di contrabasso erasi trasferito a Firenze abbandonando la patria nativa .Venne il pensiero al nostro emigrato di mettere ferri a fondo, e sino dall'inverno decorso e scrisse e parlò perche à lui in preferenza di qualche altro si desse l'appalto. La Presidenza credeva che l'amor di patria potesse essere un incentivo a farsi onore, e, lasciando da parte altre più opportune offerte, cedeva il Teatro al gobbo patriota. Promise dal canto suo il neo impresario di dare uno spettacolo che il pubblico non ne avrebbe gustato il migliore, un complesso d'artisti... che non avrebbero mai calcate le scene E mantenne la data parola, perche tutti erano vergini... di palcoscenico. Arriva l'epoca stabilita: giungono alla piazza una Prima donna, un Contralto, un Tenore, un Baritono, un Basso. Si cominciano le prove. Che e, che non e, si protesta il Baritono per la sola ragione che dopo dieci minuti di canto gli si abbassava la voce e non potea più cantare. Presto, altro Baritono: si scrive, e questo pure con la etichetta: « vergine di palcoscenico ".
Questo cangiamento portò il ritardo della prima recita di quattro giorni. Finalmente ecco il cartello che insita il pubblico alla prima recita. Si dava il Vittor Pisani del M.Peri. La sinfonia veniva abbastanza bene eseguita. Si alza il sipario. Un coro di otto maschi e quattro maschie da' principio all'opera. Sia che i coristi non avessero intesa l'intonazione dell'orchestra, sia che il diapason di dentro sia diverso da quello di fuori, fatto sta che dal principio al fine v'era una distanza non di comma ma almeno di tono. Fipì, e con esso le stonazioni. Un duetto succedeva fra la Prima donna ed il Tenore. Dal principio alla meta era tollerabile, ma quando venne il momento del concerto e che la donna doveva rispondere al Tenore, poveretta, non trovo più la nota d'attacco, e per ben 10 battute il direttore d'orchestra cantò sul violino la sua parte fino a tanto che venne un colpo di gran cassa a metterla in ordine, e bene o male si procedette fino al termine. Toccava l'aria del Baritono. Un salame vestito da guerriero avrebbe disimpegnata meglio la sua parte. Si batteva il tempo coi piedi, e quando si trattava di cavare qualche mi o far acuti, piegava i ginocchi, e sembrava che la nota gli venisse su per le gambe di sotto scena. Fin qui siamo con degli a soli, o tutto al più duetti. Ora viene il buono. Al pezzo di concerto finale delI'atto ali fu qualche tratto che l'orchestra era indietro ed il canto avanti di una battuta, sicchè non era accompagnamento e sussidio ai cantanti, ma come un'eco in orchestra a quanto si diceva sul palco. Non si creda che lo spettacolo manchi: vi e la sua processione, v'è il Doge col corno ed in papuzze ricamate, v'è l'ombrello preso a prestito da qualche chiesa, v'e il mazziere col bastone di qualche maestro di cerimonie, etc. etc. etc., e non manca la Banda in scena. Anzi, al terminare dell'atto, terminato il canto, Banda ed Orchestra seguitano una marcia. Il macchinista malaccorto, cala il sipario prima del tempo: tutto il corpo di Banda restò al di dentro: solo un suonatore fu dimenticato col suo bombardone. Il bello si fu che il pover'uomo, occupatissimo a prestare tutta l'attenzione al capo d'orchestra, non si accorse del sipario calato, ne d'essere rimasto solo davanti la batteria dei lumi, e con tutta l'anima dava di fiato al suo colossale istromento. E fu questo motivo di allegria nel pubblico dispostissimo a dare i segni negativi d'applauso all'esecuzione dell'opera. Si variò lo spettacolo con un terzetto ballabile. Il corpo di ballo e composto di due vispe danzatrici e d'un bel pezzo d'uomo. Non ci voleva di meno, uno contro due. Nella musica ci si introdusse una variazione di Mayseder di concerto, eseguita dai violini unissono! Fossero stati unissoni!... Che inferno di stonature!&emdash;Veniamo al terzo atto. Visto che riuscivano vani gli sforzi del M.° Direttore d'orchestra per secondare o tenere in cassa gli artisti di canto, allento le briglie, e tutti andavano per la loro strada. Lascio pensare al benigno lettore come sia terminata l'opera. A quanto credo, il canto terminò qualche battuta prima, e l'orchestra con una strappata fortissima e con la gran cassa chiuse lo spettacolo.
Dopo questa relazione vera, perche di vista e di udito, il Teatro tacque. Si telegrafò a Milano, e Martedì con migliori speranze si ripigli ora lo spettacolo, avendosi cangiata la Donna ed il Baritono. Il Tenore e tollerabile, ma quella che era affatto vergognosa era la maschia! Vecchia, brutta, con una bocca che pareva volersi mangiare tutti gli spettatori. Mi si fece credere che nelle Precauzioni a Padova sostenesse la parte di Terza Donna (3).
Ma l'Impresario, dopo tutto cio, mantenne la sua parola: « daro uno spettacolo ed un complesso che non ne avranno mai astuto di simile . Il primo caso di un'lmpresa coscienziosa. Si procurerà di coniargli una medaglia commemorativa. Il fatto è che al sortire dal Teatro io non potevo capacitarmi di essere stato assistente ad un'opera seria: scommetto che da un Teatro di Marionette si esce con l'animo meno disgustato e con le orecchie piu sane.

E qui finisco la dolorosa istoria; dolorosa per li protestati artisti, dolorosa per l'impresario e dolorosa per il Paese, che se non pensa di aumentare la dote teatrale, saremo sempre da capo. Si pretende con L. 4500 di aver Opera seria e Ballo! Almeno fossero 5000, che in allora si potrebbe tentare l'Afticana, Don Carlo e la forza del Destino.

Wagner. (20 sett. 69).

 
In dicembre il Bazzini è a Milano per un concerto della Società del Quartetto:
 
... ove eseguimmo con Andreoli e Truffi il bellissimo trio in sib di Schubert, che piacque molto, e per vero andò egregiamente, malgrado le grandissime difficoltà d'assieme e di colorito che bisogna vincere per ottenere l'effetto. La parte di violoncello è terribile, e si potrebbe esclamare senza esagerazione: Xelo mato? Eseguimmo pure il mio quartetto, ch'io non avevo mai suonato a Milano, e piacque esso pure (24 dic. 1869). 
 
Ma il violinista è pure assai occupato come Presidente della Società dei Concerti di Brescia, fiorente istituzione di cui egli è l'anima, e che allestisce ottimi programmi cui il Bazzini stesso non disdegna di partecipare. A proposito del programma di un concerto dato nel marzo 1870 egli dice che vi è inclusa la Marche aux ?ambeauz n. 8 di Meyerbeer:
 
 

Il pubblico l'ha capita poco, ma la ripeteremo finche l'avrà intesa. E' una miniera di melodie in un tessuto di perle e diamanti. Ci fu un momento, uscendo dalla prova generale, in cui avrei voluto essere Nerone... Eccolo il perché al teatro si dava il Marco Visconti (4), e la maggioranza del pubblico trovava magnifica la marcia di quell'opera. Dopo aver sentito quella di Meyerbeer, non resta altro da fare che ardentemente desiderare alla grossa bestia dalle mille teste che ne avesse una sola per tagliare tutti gli orecchi in un colpo (14 marzo 1870).

(4) Di Petrella.

Poi il pianista Andreoli e il Bazzini compiono un giro di concerti in Italia; il violinista, ritornato a Brescia, eseguisce con l'Andreoli e altri il Quartetto col piano in si min. di Mendelssohn.
Ma a Bassano non era quella del conte Pietro Suman la sola casa dove accadesse di ascoltare della buona musica: si aveva spesso occasione di ascoltarne di ottima pure in casa Jonoch, e altrettanto accadeva presso la signora Marina Baroni Semitecolo, che abitava, appena fuori di porta Padova, la maestosa Ca' Rezzonico. Hans von Bulow, fresco delle sue disavventure coniugali, aveva allora fissato dimora in Italia: egli conosceva già la signora Baroni, la quale, appassionata di musica, si era recata più volte a Vienna e a Monaco, e aveva assistito a esecuzioni di opere wagneriane. La bionda dama di Ca' Rezzonico sperava ora di attirare il maestro tedesco a Bassano e di farlo conoscere ai «filarmonici» padovani. Il Bazzini ne scriveva infatti al Suman:
 

Non le ho detto i progetti della Sig.ra Baroni. Nientemeno che ha in testa di far venire nell'autunno Hans de Bulow a Bassano! E crede che ci verrò io pure, e spera far di quel bel sito addirittura un paese dell'avvenire! Se saranno rose... Io pero preferirei di riveder Bassano come paese del passato (3 giugno 1870).

 
Ma la venuta del Bulow nel Veneto dovette essere differita perchè il pianista era occupato a Firenze, col violoncellista Sbolci e il violinista Giovacchini, per una serie di concerti dedicati esclusivamente a Beethoven.
Il Bazzini doveva aver già conosciuto il pianista tedesco, e, per quanto dichiarasse di attenersi al passato, taluni misteri della musica dell'avvenire gli si erano rivelati se qualche influsso di tale musica era in qualche modo penetrato nelle sue creazioni musicali, e se Wagner, merce la marcia del Tannhauser, faceva parte dei programmi della Società dei Concerti di Brescia. Interessante a questo proposito un accenno di Bazzini, il quale mentre rimprovera a Verdi le pagine dove questi aveva secondato i gusti del pubblico, rivela di non aver «paura dell'avvenire», anzi di essersi giovato egli stesso di quell'insegnamento:
 

Il giorno 15 per la festa di S. Faustino fu eseguita la mia vecchia musica da chiesa (Messa e Vespro) sotto la direzione di Consolini. C'erano due ragazzi della Cappella del Duomo di Milano, ed un buon tenore e basso di Bergamo. Malgrado ciò l'esecuzione in molte parti fu una vera esecuzione... capitale. Già, more solito, senza prove o quasi, perche tra le prove mattina e sera in Teatro, la festa da ballo al Casino, i tridui in campagna etc. etc. non si pote mai venire a capo di riunire tutta la massa istrumentale coi cantanti! Però al pubblico piacque molto la musica eseguita a quel modo, e sono certo che l'ha preferita alla sinfonia del Saul diretta da Faccio... Il rispettabile pubblico è sempre bestia, ed a chi vuol cducarlo tira calci. *Appunto il povero Faccio ne ha avuto or ora la prova. Ecco un giovane d'un ingegno incontestabile e fuor del comune ammazzato, o poco meno! Verdi nella sua bellissima lettera (5) ha dimenticato codesta piaga, forse perche egli non ebbe campo di vederla personalmente. Infatti Verdi, che è salito in fama piaggiando dapprima il gusto (lei nostri pubblici, e facendo senza volerlo forse molto male all'arte, dopo si è messo per altra via ed ha rimorchiato volens nolens la grossa bestia' sino al Don Carlos. Ma gli altri che incominciano, come devono fare? Bisogna pur piacere a questo signor Sultano (parlo in Teatro) che non sa neppur lui quello che si voglia, giacche Mercoledì scorso ha fischiato l'Elisabetta d' Ungheria del Beer, perché era volgare e nelle forme trite e siete. Dunque? Vattel 'a pesca. E' un circolo vizioso, dal quale non si esce neppure. colla riforma idei Conservatori (6). Sono tre o quattr'anni ch'io lo scrissi al Broglio, perche non e da oggi che vedo il male. Se un giorno verrà fuori qualche voce più autorevole della mia a proclamare questa verità ed a segnalare codesto pericolo, Ella tenga a mente che io l'ho detto da un pezzo; come avevo detto e scritto da molto tempo di tornare all'antico, di badar poco al presente; ed ora aggiungo che non ho paura dell'avvenire, c l'ho prosaico coll'ouverture del Re Lear, che ha avuto il secondo premio (per combinazione) al concorso della Societa del Quartetto. Dal sunto che ho ricevuto del processo verbale risulta che i due lavori premiati ebbero entrambi punti 8; quindi due primi premi. Secondo il regolamento si dovette procedere al ballottaggio per schede segrete, e l'altra ebbe un voto di più. L'autore di quella e il M.° Maglione di Napoli. Se e un lavoro superiore veramente, meglio per l'arte italiana. Se poi i giudici hanno preso dei granchi, peggio per essi. A suo tempo la luce si farà (18 febbr. 1871).

(5) Allude certamente alla lettera diretta dal Verdi al Florimo il 4 gennaio 1871; in essa il bussetano giustifica il suo rifiuto all'invito di andare a dirigere il Conservatorio di Napoli, accennando al molto da fare che avrebbe un direttore se volesse veramente sorvegliare l'insegnamento musicale. Nella stessa lettera, mentre Giuseppe Verdi dice che non gli fa paura la musica dell'avvenire, esprime il famoso "torniamo alI'antico » (v. I Copialetere di C. Verdi, a cura di G. Cesari e A. Luzio, Milano, 1913, lett. CCI).

(6) Era allora in discussione la riforma degli studi musicali. Il ministro Correnti aveva invitato Giuseppe Verdi a presiedere la commissione nominata a tale scopo: Verdi dapprima ricuso l'incarico, esprimendo il parere che giocasse più il valore di un direttore vero musicislu elle non l'uno o l'altro regolamento; lo fece recedere poi dal rifiuto l'amico senatore fiiuseppe Piroli. (v. l Copialettere cit., lett. CCVIII).

Persino il tradizionalista Pedrotti sembra lasciarsi eorrompere dalla musica dell'avvenire, se dopo aver mandato una sua composizione al Suman, deve assicurarlo che certe armonie, così com'erano scritte, erano «giuste» (25 febbr. 1871).
Il Bazzini lavora ora intensamente a comporre. Qualcuno gli fa intravedere la probabilità ch'egli sia chiamato alla direzione del (Conservatorio di Napoli, uffieio rifiutato da Giuseppe Verdi, ma egli non presta fede alla notizia che lo riguarda, perché è propenso piuttosto a credere che faccian «camorre». E la sera lo divertono gli spettacoli di prosa:
 
Ieri sera ebbimo al Teatro Grande la prima rappresentazione del Falconiere di Marenco, presente l'autore, che fu chiamato 12 volte al proscenio. E' da un pezzo che non ho assistito ad un stresso simile. Ma è una gran bella cosa davvero, e l'esecuzione fu degna del lavoro. L'eccellente compagnia Morelli dopo Brescia va al Rossini di Venezia; daranno certo il Falconiere; vada a sentirlo che ne vale la pena. Non le garantisco il ciglio asciutto, ma e una commozione dolce, e che fa bene (24 marzo 1871).
  
Oppure approfittando di qualche artista di passaggio si concede il diletto di eseguire dell'ottima musica, talora per sé, talora facendone godere anche gli altri. Si confortava così del giudizio dato dalla giuria del concorso milanese già accennato. In tale circostanza egli non aveva saputo tacere la sua amarezza agli amici padovani. Il verdetto della giuria, di cui facevano parte Lauro Rossi direttore del Conservatorio di Milano, Alberto Mazzuccato e Arrigo Boito, aveva avuto la condanna dai fatti. Mentre a Milano si preparava l'esecuzione della sinfonia del Maglione, premiata nel «ballottaggio», si erano trovate necessarie delle modificazioni:
 
Faccio ha dovuto correggere molti passi che erano ineseguibili per l'orchestra di Milano, e Maglione ebbe il 1° premio. La Commissione del Quartetto non valeva permetterne l'esecuzione tanto la trovò bella; e finalmente si proposero dei tagli cesarei alla prova generale, tagli che l'autore, consultato telegraficamente, rifiutò; per cui si esegui tutta, e l'effetto mi si scrive che fu deplorevole... Ma ebbe il lo premio! Se Domenica si ripete, vado a sentirla, ed a stringere la mano agli amici chiamati a pronunziare il famoso verdetto... Sono curioso di vedere che viso faranno. Perchè la mia non si eseguisse e si tenesse fermo nel metter alla berlina quella del Maglione è subito spiegato: due o tre membri della Commissione giudicante appartengono alla Direzione del Quartetto... E non volevano confronti che avrebbero potuto metterli alla berlina... (5 e 25 aprile 1871).
Anche Filippo Filippi, che era allora il più noto critico musicale, sulla « Perseveranza» dell'8 e del 19 aprile aveva conciato per le feste la Commissione.
Antonio Bazzini ottenne la rivincita a Firenze, dove la sinfonia sul Re Lear, eseguita per iniziativa del duca di Sion Clemente, aveva conseguito tale successo che il duca stesso gli aveva affidato la commissione di una sinfonia cantata sul Salmo 75 per cori, soli e grande orchestra da eseguirsi nella quaresima del '72. Soggiornando a Firenze egli ebbe rinnovata occasione di avvicinare «l'insigne » Biilow e di stringere con lui più intima amicizia.
 
Abbiamo suonato molto insieme: trii di Raff e di Schumann, sonate di Beethoven, di Bach, etc., pezzi miei accompagnati da quel diavolo a prima vista, come se li avesse composti lui, tanto ne indovino lo spirito. Conseguenza poi della conseguenza e questa: ch'egli si è offerto di suonare concerto di Beethoven in mi con orchestra al prossimo trattenimento della Societa dei Concerti (che sarà il 5° ed avrà luogo verso il 10 settembre p. v.). Si figuri se abbiamo accettato! Altra conseguenza, e forse non ultima, è ch'egli vorrebbe che di qui s'andasse insieme a Bassanol!! (27 luglio 1871).
  
Il Bulow a Bassano? C'era da riaccendere le speranze del la signora Baroni, che avrebbe voluto una promessa formale dal Bulow e dal Bazzini, cosa troppo impegnativa per degli artisti. All'ultimo momento, prima di muoversi, i due concertisti annunciano il loro arrivo a Bassano per il 12 settembre.
All'evento auspicato non sono presenti il Freschi e il Brunelli: l'uno e l'altro si trovano nelle loro ville, occupati nelle faccende della vendemmia: il Suman ne fa avvertito l'amico padovano scrivendogli:
 
« Pensa al genere di musica che si farà, Bulow essendo avvenirista sfegatato» (13 sett. 1871).
Poi il Suman manda allo stesso amico la relazione delle serate musicali a Ca' Rezzonico e in villa Suman. Bazzini dichiarava di non aver mai trovato pianista col quale fosse così piacevole suonare assieme:
"Suona Liszt, Chopin, Mendelsshon con una facilità e precisione unica » (18 sett. 1871).
 
Ma quanto alla musica dell'avvenire silenzio assoluto; e questo deludeva al quanto la curiosità dell'unico «filarmonico» padovano presente:
 
Nulla ho sentito di Wagner, e ci vedo la ragione. Il Wagner portò via la moglie di Bulow, e quindi non deve correre buon sangue fra di loro anche musicalmente. E' figlia di Liszt, dell'attuale Molto Reverendo. Egli si ferma ancora qualche giorno, anzi, credo, tutta la settimana: adesso a chi tocca. A casa mia non ho che Bazzini, il quale sta vicino alla mia stanza d'onde ti scrivo, lavorando pel nuovo salmo a cori, soli ed orchestra, commessogli dal Duca di S. Clemente, da eseguirsi a Firenze nella ventura quaresima 1872. Così io lo sento a nascere e progredire. Bazzini si trattiene anche dopo la partenza di Bulov~, e credo tutto il me se. Egli è tanto buono, che c un vero piacere averlo con noi: si adatta a tutto, ed avendo piena liberty come a casa sua. mostra vero piacere di trattenersi a Bassano. Qui si suona ogni giorno, inter nos. La musica formale si fa in casa Baroni (18 sett. 1871).
 
La lettera finiva con un rimprovero all'amico padovano che non lasciava le occupazioni agresti e non affrontava il viaggio di Bassano:
«Accetta i saluti di tutti noi e del Bazzini, che ti ha desiderato e ti desidera. Poltronaccio ! »
 
Ma ecco che il bresciano era in grado di aggiungere alla lettera stessa un'allettante appendice, annunciando una serata di musica wagneriana. Al richiamo il Brunelli Bonetti accorreva da Tramonte, e ciò toglie a noi posteri il piacere di leggere per iscritto le impressioni dei "filarmonici » padovani. Ricordo di aver avuto una pallida immagine di quella serata di rivelazioni dal racconto della dama che li aveva ospitati, la signora Baroni, che ne conservava nei suoi tardi anni viva e commossa memoria. Il Bulow, che interpretò quella sera la musica wagneriana passando sopra allo strazio che essa doveva rievocare nel suo animo di marito e di amico tradito, espresse sulla tastiera l'appassionato tormento con tale arte che una larga breccia fu aperta nella diffidenza dei «filarmonici » per la musica dell'avvenire. Il pianista tedesco recò con sé un grato ricordo di quel cenacolo di entusiasti musicisti: il comune culto li aveva subito affratellati, così che da Firenze il Bulow inviava a ciascuno di essi il suo ritratto con una cordiale dedica.
Il Bazzini rimane ancora per cinque settimane in casa Suman, dove egli trova l'ambiente favorevole a un tranquillo lavoro di composizione:
 
Ho qui Bazzini vicino, che sta lavorando al Salmo: io così lo sento prima degli altri: si sono delle idee nove, che istrumentate devono dare effetti magnifici. Vi si occupa ogni mattino dalle 11 alle 2, e dalle 2 alle 3 studia il violino....Martedì sera si fece Quartetto: l'op. 18 di Beethoven, che tu devi ricordare a casa mia, ma la viola era un po' scadente. Forse che lo ripeteremo con Freschi al violino e Bazzini viola! Il M.o Barbi disimpegna abbastanza bene la parte di 2º° violino (28 settembre 1871).
  
Poichè le serate sono dedicate alla esecuzione delle meno note composizioni musicali dei grandi maestri tedeschi. La possibilità di radunare ottimi interpreti suggerì a Bazzini l'idea di eseguire una sera il Settimino di Beethoven: sola difficoltà la scelta del corno. li quello fu il guaio. Ma cedo la parola al Suman:
 
Sorse il progetto in Bazzini di fare il Settimino di Beethoven, o meglio il sestetto, giacche il corno c'era, ma tale da tenersi le costole dal ridere. Bazzini cominciava a sustarsi, ma, visto che tutto era vano, fini per suonare egli, dove poteva, 12 parte del povero corno. Non ne faceva una, e s'intende che il Barbi gli aveva passata la parte, ma i tempi celeri ed il fifiotto gli tagliavano a mezzo le note. Figurati l'effetto classico di quell'istromento abbastanza sensibile: le note erano tutte ondulatorie (7 ott. 1871).
  
A Bologna si preparava un grande avvenimento: quel teatro «Comunale» stava allestendo Lohengrin. Il Bazzini vuol persuadere l'amico a non mancare all'avvenimento: «Si va a Bologna per il Lohengrin? Pare che l'andata in scena sia imminente, da quanto me ne scrisse Filippi alcuni giorni fa. Vedremo l'esito». Il Bazzini è il primo degli amici «filarmonici » ad ascoltare l'opera: non appena di ritorno a Brescia egli ne scrive al Suman. E' pienamente convertito al nuovo verbo anzi entusiasta, ed è interessante leggere i suoi giudizi sulle conversioni altrui:
 
Pel Lohen, ci vorrebbe un volume: la rimando alle magnifichc appendici di Biaggi nella «Nazione» (domenica e lunedì 19, 20, mercoledì 22 e domenica 26 corr., se non erro). Se non le ha lette ancora, vada subito al Casino Pcdrocchi e se le digerisca senza tirar fiato: ne vale la pena. La conversione di Biaggi poi e piu straordinaria di quella di S. Paolo. Quanto a D'Arcais e ai suoi amici, fra i quali devo annoverare Consolini, essi finiranno nell'lnf.... cioè no, al Limbo, se durano a negare il sole che splende! Vede che mi son spiegato chiaramente. E se l'esito di Bologna e stato un trionfo per l'ardito innovatore tedesco, non fu minore quello dell'intelligenza italiana, che con 9 prove d orchestra è arrivata ad una esecuzione, che mai l'eguale neppur in Gerlnania. Questo è un miracolo da aggiungere alla conversione cosi calda e completa dell'amico Biaggi. E con due miracoli non si convince anche lei, e non piglia il sacco da notte, e via per Bologna, o Firenze? Andiamo, una buona risoluzione! (29 nov. 1871).
 
Infatti dopo Bologna lo spettacolo veniva « trasportato" a Firenze per tre sere. Il Bulow sperava di rivedervi il Bazzini, ma questi era assai occupato perchè la sua sinfonia sul Re Lear stava per essere eseguita a Milano sotto la direzione di Franco Faccio, che lo voleva presente alle prove. Scrivendo di ciò al Suman il bresciano aggiungeva in poscritto: «Potenza del Cielo! In questo punto ricevo una lettera di Toni Freschi, il quale (si vera sunt exposita) va a Firenze per sentire il Lohengrin! Ma e se piove?..».
La quale ultima battuta allude ai dubbi che sorgevano:
 
... pare che si faccia un po' troppa réclame alla francese, e Verdi non deve aver bisogno di simili mezzi. Anche quell'egiziano (7) di Filippi non mi ha ancora scritto, che così a quattr'occhi si potrebbe sapere da lui la verità vera (31 genn. 1872).
(7) Il Filippi si era recato al Cairo per la prima rappresentazione di Aida.
Ma a rappresentazione milanese avvenuta e dato il trionfo, che non si poteva negare, Antonio Bazzini si reca a Milano, non senza qualche diffidenza:
 
Tornando all'Aida io non ne so piu di lei, ed ho voglia di sentirla da me per sapere di che si tratti; a giorni avremo la riduzione per canto e piano, che l'amico Franchi ha gia commessa a Ricordi quando fu a Milano per sentire l'opera, che a lui piacque e molto, pare. Dice che vi è assolutamente del nuovo. Resta a vedere se è nuovo proprio nuovo, o preso ad imprestito in regioni sconosciute al maggior numero, o, cio che piu importa, se e un nuovo bello o brutto. Nel pesare il merito di questo nuovo spartito bisogna dimenticare le 200 e piu mila lire che si è beccato l'illustre ed incavicchiato autore, perchè a quella stregua ci vorrebbe musica di cui non si abbia mai avuto idea, e questo non sara certo il caso.
Io mi aspetto il solito Verdi piu o meno ispirato, coi suoi pregi e i suoi difetti, e nulla più. Lo strumentale sarà bellissimo, le parti nelle imitazioni cammineranno un poco spontaneamente e molto con mezzi coercitivi, come al solito.

Pare che alle prove il Maestro sia stato piuttosto brutale anche col bel sesso. Quanto alla questione colla Stolz, io la porrei nei termini seguenti: Se la parte è troppo acuta per lei (e pare che lo sia realmente) c hi la canterà? Non conosco soprani, almeno fra le celebrità, che resistano ad una tessitura elevata meglio della Stolz. Insomma sentirò e poi potro parlare con piu conoscenza di causa (8) (24 febbr. 1872).

(8) Il Bazzini si era trovato in disaccordo col Verdi nella Commissione per la riforma degli studi musicali, e cioò spiegherebbe la mal celala ostilità per il grande compositore.

Dopo aver ascoltato Aida egli manda al Suman un suo giudizio... alquanto reticente. Non tace i commenti per gli articoli pubblicati dai sommi pontefici della critica musicale del tempo, ma nell'esordio della lettera già rileva un certo interesse. D'altra parte se egli provò la necessità di udire e riudire lo spartito, è evidente che non gli dispiacque. Ma ecco la lettera così interessante:
Carissimo amico.
Sono tornato sabato ultimo scorso da Milano. Ho sentito l'Aida tre sere: questo vuol dire gia qualche cosa. Quanto a spiattellarle un giudizio in forma, gli è un altro paio di maniche, e sono costretto a rimandarla alle appendici di Filippi dal Cairo, che ho capite soltanto dopo aver udito la musica. E' vero che ella ne saprà meno di prima, ma che ci posso far io? Rimettiamo la cosa alla mia venuta a Padova... Quello che posso dirle di positivo è questo. Dalle appendici di Filippi scritte a Milano dopo l'esecuzione della Scala escludo due cose, anzi tre. Il capolavoro; la lotta tra il Verdi vecchio e il nuovo, che lotta non c'è; e la sfilata di quinte nel finale dell'atto secondo, perche sono quarte e seste invece.
D'Arcais ha detto che Verdi coll'Aida ci riconduce a Gluck; questa e piu grossa di tutte le altre! Non so di quante battute consti quest'opera; ma so di positivo che non ne ho trovato più di 4 (ripetute una seconda volta) che rammentino il fare di Gluck. 4 su parecchie migliaia, tiri lei la conseguenza! ! Anche Wagner ci ha poco o nulla a vedere.
Dunque cos'è questa benedetta Aida? E' Verdi (quello del Don Carlos) colle sue qualità e coi suoi difetti, ne più ne meno. In molte cose piu accurato del solito, ma anche piu frastagliato nello strumentale, e che non ha trovato sempre l'effetto teatrale, come nel duetto che chiude l'opera, il quale secondo me è rovinato dal tempio di Vulcano che sta sopra ai due poveri cantanti e distrae colla sua luce l'attenzione dello spettatore senza produrre alcuna impressione di terrore o di felice contrasto, come nel " Miserere" del Trovatore o nel Rigoletto.
Per ora non posso dirle di più; quando ci vedremo, discorrendo molto, potrò farmi intendere forse meglio; e poi già la sentirà a Padova quanto prima colla stessa compagnia, e lo stesso direttore d'orchestra, che è necessario quanto la (stavo per dire più della) Stolz! (11 marzo 1872).
  
Il Bazzini era costretto a digerire una sua progettata gita a Padova, perché affaccendatissimo nel preparare i concerti della Societa bresciana, di cui era sempre Presidente e che gli dava qualche preoccupazione perché i suoi concittadini, iscritti numerosissimi alla fondazione, si lagnavano quando i programmi erano formati da musica che sembrava loro ardua. Il Bazzini dava dell'ignorante... in cuor suo al pubblico, ma era costretto in pari tempo a lusingarlo con l'ammettere egli stesso nel proprio repertorio delle composizioni tali da accontentare i soci. Di queste concessioni all'«orbetto» lo prendeva in giro il Freschi, elle aveva assistito ad alcuni di quei concerti:
 
Quel Bazzini è un uomo di gran buon tempo: egli si gode di far impazzire la gente col suo archetto, e a Brescia, dove e la bête noire della Societa perché la spaventa sempre con Beethoven, Haydn e qualche oratorio certo poco allegro per le signore, sa poi a suo tempo tirar fuori la Sonnambula, la Aida, e chi sa che per quando andro io la non sia pregato di suonare il Carnoval di Venezia. Vorrei io mettere il Sig. Bazzini sul « Pasquino "; lo figurerei un'idra con 7 teste, dove cominciando da Bach si finisse con Beethoven e Mendelssohn, tutti rappresentati nelle 7 teste: tutto il resto della figura scritta di Minuetti, Fughe, Andanti, Allegri, ecc., e in una saccoccia posteriore nascosta musica di Bellini e Bazzini, che al caso urgente salta fuori di tasca e opera i suoi incantesimi dopo qualche non poco tenera preghiera di donna. Oh! uomini, uomini! prenderei io una buona bacchetta in filano e li castigherei per dabbene! Finalmente poi Bazzini ha calato le brache, ed è convinto che per farsi amare ancora dalle donne bisogna che ripigli in mano la sua vecchia musica, ed e quello che gli ho sempre detto io che per il pubblica ei vuol roba da mangiare di varie specie e col suo dolce in mezzo. Scriverò poi presto a Bazzini, ma voglio farlo andare sui coppi per avere suonato la Sonnambula alla Società dei Concerti, dove Dio ci scampi e liberi d'avergli suggerito di suonare un bel pezzo (30 apr. 1872).
  
Antonio Bazzini poteva finalmente recarsi a Padova nella seconda metà d'aprile e la riunione dei « filarmonici » era completa, perché il Freschi li raggiungeva dal Friuli recando il suo violino. Nelle case di Prato della Valle e di piazzetta S. Nicolò si rinnovarono le orge di musica, e in Prato, oltre alle serate in casa Suman, si aggiunsero i pomeriggi in casa della contessa Aganoor e delle sue intelligentissime figliole, ritornate a domicilio in una sosta di quei lunghi viaggi per cui il Bazzini le aveva giudicate d'«humeur voyageuse » (31 marzo 1872).
Ritornato a Cordovado e ai suoi bachi, Antonio Freschi esprimeva al Suman la sua gioia per aver trascorso delle piacevolissime giornate allietate dalle «arcane armonie del divino Bazzini » e dall' "armonica concordia » di casa Suman (15 maggio 1872).
Ai primi di giugno Antonio Bazzini è a Firenze, dove viene per la prima volta eseguito il suo nuovo Salmo, in un modo che l'autore stesso qualifica «magnifico». E' in programma pure la sinfonia sul Re Lear, che mai ebbe una cosi viva e perfetta interpretazione. Il successo è tale che l'intero programma si dovette replicare tre volte. Il Bazzini viene invitato a colazione, nella villa dell'Antella, dal sindaco Ubaldino Peruzzi, venuto appositamente da Roma e costretto subito a ripartire perchè atteso alla capitale. Il violinista viene inoltre invitato a suonare nel palazzo della principessa Corsini, in casa della marchesa Martellini,.al castello di Malmantile della contessa Moretti; e in alcuni altri salotti fiorentini.
Al ritorno sosterà a Padova, ma teme di giungervi a pezzi perché a Firenze a tirano a farlo a quarti ». Ritorna a Padova pure il Freschi, il quale voleva udire Aida, che, tranne il tenore, si dava con lo stesso complesso artistico della a Scala », e sempre sotto la direzione del Faccio. Di nuovo a Brescia, il Bazzini si concede qualche tempo di riposo, facile cosa in quel periodo in cui tutte le famiglie sono in villeggiatura: esse ritornano in città per la fine d'agosto per la a stagione di fiera », che quell'anno si chiuderà brillantemente con una serata a scopo benefico, cui prenderà parte, accanto agli altri artisti, la Stolz, ammiratissima e ricoperta di una pioggia di fiori. La Società dei Concerti aveva pure organizzato una serata e al Bazzini era toccato recarsi a Milano per cercare una cantante che eseguisse l'aria di Agata nel FreiscAuZz di Weber, uno dei numeri del programma:
 
L'ho trovata &emdash; scriveva il Bazzini l'8 settembre. &emdash; Si chiama Bella (Isabella) Brush e si pronunzia Brosch. E' americana, e canterà nell'inverno al «Pagliano " di Firenze. Ha una voce non molto voluminosa, ma sufficiente, chiara e simpatica; senza tremolio, intonatissima e sicura. Un po' freddina, ma forse piu tardi si scalderà. Intanto ha scaldato tutta la Presidenza, compreso il sottoscritto, perché, oltre all'essere educatissima, colta e modesta, é d'una bellezza tale da far perdere la bussola a S. Antonio. E' partita: meglio così. (8 sett. 1872)
Il Bazzini sperava che il concerto, come lo era stato l'opera nelle prime sere, potesse essere diretto dal Faccio, ma questi aveva dovuto lasciare Brescia prima della fine della stagione, chiamato a Milano dai suoi impegni con la a Scala:
 
Si è molto sentita la sua mancanza al Teatro; e cosi avesse po tuto dirigere il Concerto di ieri sera! Tutta musica tedesca, meno l'Ave Maria di Gounod, che fu ripetuta, e per soprassello anche una cantante che finisce in h ! E' la volta che mi ammazzano. Si figuri! Ouverture, Coro dei Cacciatori e Aria di Agata del Freischut»; tutto il Settimina di Hummel (molto ben eseguito dal lato meccanico dalla giovane Consolini), poi il Cors dei Pellegrini del Tannhauser di Wagner! Neanche un po' di Petrella o un pezzo dell'Attila! Che Attila di Presidente, dalli, dalli! C'era però folla, ed io me ne infischio, perché so di far bene. Gutta calvat lapidem (Ibid.).
 
Il violinista bresciano è sempre molto affaccendato, Così che il 10 novembre scrive all'amico padovano una lettera, che non smentisce il suo buon umore:
 
Carissimo Amico, Brescia 10/11/72.
Ho 5 minuti appena. Mando un telegramma invece d'una lettera:
1. Salute buona.
2. Molto lavoro.
3. Fatto Romanza per Album " Trovatore » (1), parole Vittoria Aganoor (2).
4. Piovuto molto, e mangiato uccelli con grande appetito.
5. Tornato Brescia giorno 4.
6. Aspettato Manfredini (3) casa Salvadego, consegnare a lui quartetto
7. Morto risuscitato (4) fatto perdere molte ore ieri, e oggi alzato presto per lavorare.
8. Ore tre andare a S. Eustachio con amico Franchi per pranzo.
9. Affare Milano imminente decisione per 19721(5).
10. Avere molta voglia di rivedere amici Suman.
11. E piu tardi scrivere lunga chiacchierata.
12. Intanto prego mandare novità, se ci sono, e io... non risponderò
13. Salutare molto famiglia Suman, e cuoca (6).
14. Salutare cordialmente amici, e, se vede, nipoti.
15. Bazzini.
P. S. Avere pazienza - Spiegazioni a luogo e tempo - Cerea.

(1) Era un periodico teatrale.

(5) Era noto come da tempo il nome del Bazzini fosse stato proposto al Ministero per la cattedra di composizione del Conservatorio di Milano.

(2) La nota poetessa, figlia della contessa Aganoor, di cui è detto precedentemente.

6) Una figlia del conte Suman, specialista, secondo il Bazzini, nel confezionargli certi deliziosi "ovi in tecia".

(3) Un parente dei Suman, Conte Camillo Manfredini di Rovigo, che stava per recarsi a Padova.

(7) Chiamava cosi le figlie della contessa Aganoor.

(4) Chiamava così il m.o Cesare Dominicetti, compositore di alcune opere buffe, e che era vissuto molti anni in Bolivia, donde era ritornato da poco. Era stato nominato insegnante al Conservatorio di Milano.

 
Egli sta allestendo a Brescia un altro concerto, che comprende le danze dell'opera Gli Abencerragi di Cherubini, con cori e a solo di tenore; l'ouverture D della Vestale di Spontini e la profezia dell'Assedia di Corinto di Rossini. Il pubblico, finalmente non spaventato da autori stranieri, è accorso, ma è rimasto soddisfatto? Non gli sembra:
"Non era musica dell'avvenire questa volta, ne con desinenze tedesche! Ma per il pubblico fa lo stesso. Egli vorrebbe Petrella, o le Eflucansle di Sórrento, o... Povera bestiolina, bisogna compatirlo ! ! » (20 dic. 1872).

l) Il futuro compositore e direttore d'orchestra dei balletti nei teatri di Corte di Pietrobulgo, autore del notissilrlo dies lklillions d'.lrlequin.

Nel febbraio seguente fa una scappata di pochi giorni a Padova, dove viene a conoscere due nuovi acquisti musicali di casa Suman, il violinista Tommaso Cimegotto e il giovane pianista e compositore Riccardo Drigo (l); poi ritorna a Brescia fra i suoi « istromenti di tortura» e cioè « fughe a 8, canoni inversi, contrarj, ecc.» (21 marzo 1873).
 
Ed ecco che in marzo gli giunge la nomina a professore di composizione nel Conservatorio di Milano. Egli trasporta quindi il suo domicilio in quella città e dà un addio agli amici di Brescia. Gli amici milanesi gli offrono un pranzo al « nuovo llebecchino": vi intervengono in maggioranza gli a avveniristi è, e il festeggiato, per non compromettersi troppo, allo «champagne: brinda «alla musica che ha un avvenire». I,a cattedra non gli dà ne gli darà preoccupazioni: lo tiene molto affaccendato, ma egli è lieto e soddisfatto. Milano gli offre frequentissime occasioni di ascoltare dell'ottima musica:
 
Rubinstein qui ha fatto furore, e suonerà di nuovo alla Società del Quartetto l'11 o 12 corrente, e questa volta con Orchestra; anzi dirigerà egli stesso la sua grande sinfonia L'Oceano. Abbiamo avuto anche il quartetto Becker... Insomma musica di primo ordine su tutta la linea (X dic. 1873). 
Due volte la settimana ha occasione di suonare presso il conte Melzi: passa così tutti i quartetti e i quintetti di Boccherini. assieme al Piatti, al Franchi, e all'ospitale padrone di casa, buon dilettante. Nel febbraio 1874 fa una scappata a Parma per ascoltare I Goti del Gobatti,
«che decisamente sembra debbano invadere l'Italia!»(14 febbr 1874). Al Dal Permea in maggio si era rappresentata l'opera di Glinka La vita per lo Czar, e il pubblico disertava il teatro preferendo Crispino e la Comare dei fratelli Ricci e Il Paria del Villafiorita, ... nella qual opera&emdash;scrive sarcasticamente il Bazzini &emdash;ho l'intenzione di farla da Paria, emigrando in lontane regioni... Questo mi par ragionare con giusti criteri. Point d'argent... pas de suisses... Molti quattrini, musica chic. Pochi denari, musica noiosa. S'immagini che quell'ostrogoto (i fioti non c'entrano, per l'amor di Dio!) di Glinka ha la sfacciataggine di scrivere della bellissima e nuovissima melodia, di Lettere il canto come non s'usa più in quest'epoca di progresso, e di sapere l'armonia... Ma si può dar di peggio! Sì che si può dare... C'e una fuga a 4 in tutte le regole nell'introduzione dell'opera, con sviluppi stretti etc. etc. E il pubblico zuccon la fa ripetere tutte le sere ! Ma dove si va a cascare di questo passo?... Fortuna che l'autore e morto da 22 anni, e non commetterà simili enormità! (31maggio 1874).
 
E' noto che alla prima esecuzione della Messa da Requiem di Verdi nella chiesa di San Marco a Milano (22 maggio 1874), per quanto invitato, non fu presente il Bulow, e che questo suo mancato intervento fu notato; di quanto precedette e seguì, cioè del curioso retroscena dell'episodio, dà interessanti notizie il Bazzini in quella stessa lettera al Suman:
 
Quest'opera fu causa che forse avremo la guerra coll'impero germanico, se non c'entrera anche la Russia! Ecco il fatto. Fedele alla sua promessa Bulow arrivò il giorno 8 maggio (un venerdi, hélas!) per assistere alla rappresentazione dell'opera di filinka, ma l'opera non era all'ordine, e ando in scena soltanto il 20. Il buon Barone si ferma per attendere la prima recita, assiste alle prove, ne è enchanté (si vede, che di musica capisce poco), loda l'esecuzione e il direttore Faccio, e tutta va benone. Ma arriva anche Fortis da Roma, e dopo la prima rccita scrive un articolo... (lascio gli aggettivi...) che mette Bulow in furia.
due giorni dopo Messa a S. Marco; Bulow, invitato dal Sindaco, non ei va. Il « Pungolo s. chiedendo che il Bulow vi assista insieme al nl.() Beerò cita i due nomi in un inm) di lode incredibile per il lavoro dei 42501 franchi ('), ed esce in questa sentenza: « Ce ne appelliamo agli illustri artisti stranieri, se neanche a Berlino si possa avere una simile festa dell'arte» etc. etc.
 

l) La Alessa verdiana, dopo la "prima " nella chiesa di San Marco, era stata eseguita per tre sere alla «Scala » con l' incasso complessivo di L. 42.500, ciò che provocava tana volta ancora l'ironico commento del Fazzin

Recrudescenza di nervi nel Barone. Apparizioni degli avvenisti intransigenti Boito, S;ala, etc. etc., che approfittano dell'irritabilità dell'amico; ed ecco la sera dopo nel « Pungolo» una rettificazione: il Barone Buow non è da annoverarsi fra gli stranieri accorsi etc. etc.
Lascio pensare a lei quale bufera si scatenasse nei nostri giornali contro il posero Bulow, che fece una minchioneria mettendosi dal lato del torto, e cavando le castagne dal fuoco a profitto degli altVi; mentre seppi che, passato il primo bollore, egli ebbe la buona ispirazione di non mandate nessuna rettifica... ma la rettifica venne egual mente. Il male e stato che ne il giorno 21 ne il 22 ho potuto trovarmi con lui: altrimenti avrei impedito questa improntitudine. Per la stessa ragione non ho potuto fargli i di lei saluti. La mattina de' 23 e partito per la villa Carlotta sul lago di Como; e ripassato da Milano prima di andare a Firenze; venne da me, ma io non ero in casa. Ora gli scriverò per sapere come stanno le cose: Dio sa poi quando ci rivedremo.
 
Sul fatto egli ritorna il 18 giugno:
 
Bulow dev'essere a Roma; l'eco di quella disgraziatissima fac cenda dura ancora. Purtroppo la lettera alla « Gazzetta d'Augusta " e tale e quale. Egli era molto eccitabile in quei giorni, e l'entourage chef lo teneva in mezzo non era fatto per metterlo in calma. L'hanno messo in ballo, e l'hanno lasciato ballar da solol Non e una bella azione di certo. Io non ne sapevo nulla perche negli ultimi giorni di sua dimora non ci siamo incontrati quasi mai. Forse avrei potuto mettere un po' d'acqua sul fuoco! Intanto s'e fatto un bel passo indietro con tutte co. deste diatribe; ecco il vantaggio ottenuto dagli intransigenti (o dalla Comm. milanese, come l'ha battezzata un uomo di spirito). Volevano Wagner:... avranno gli idoli della plebe! Ma basta su tale argomento.
 
Giunge un giorno al Bazzini una notizia che gli fa piacere: il Liszt a Tivoli suonò da cima a fondo, senza interruzione e in modo meraviglioso, la sua sinfonia sul Re Lear, improvvisano done la riduzione sulla partitura d'orchestra. Erano presenti all'esecuzione il Bulow, il suo allievo Buonamici e lo Sgambati. « Il Buonamici fu incaricato dal grande pianista abate di signi ficarmi le sue più calde congratulazioni per l'opera mia» (8 luglio 1874). Pochi mesi dopo la stessa sinfonia riscuoteva gli ap plausi dei torinesi sotto la direzione del Pedrotti, il quale ne dava subito notizia anche al Suman, sapendo di fargli cosa gra dita (15 ott. 1874).
Nel carnevale 1875 si dava a Milano, nuova, l'opera Gustavo Wasa di Filippo Marchetti. Il conte Suman voleva conoscere intorno ad essa il parere del Bazzini, ma questi non si pronunciava esplicitamente:
 
Se poi vuol sapere la mia opinione su tutte, o quasi, le opere nuove che si danno, è questo: io mi batto i fianchi per farmele piacere e credo c he sieno molto belle, ma dopo due o tre sere, pur avendo l'ingresso libero a teatro, cado a suonare un quartetto di Haydn o di Boccherini dal conte Melzi Presidente del Conservatorio: e mi diverto... Affare d'età e di codinismo (1 apr. 1875).
 
Ed ecco un aneddoto sui felicissimi inizi di Giuseppe Martucci pianista:
 
Al Conservatorio ci fu un'audizione, per gli alunni e professori, data dal ventenne pianista .Martucci napoletano (un artista coi fiocchi, tra parentesi, che raccomando alla di lei attenzione). C'era Filippi, che è membro del Consiglio Accademico, e Freschi arrivato di fresco la sera innanzi. Quando il pianista ebbe finito l'ultimo pezzo &emdash; ah! dimenticavo tutte le alunne del Conservatorio che facevano bella mostra di se nelle prime file - quando il pianista ebbe terminato, Freschi cntusiasmato disse: « questa e vera natura! » E Filippi: « Scusa, le vere nature xè quele che mostrano le ragazze.» Per essere detta senza pensarci un minuto secondo non c'è male... (2 maggio 1875). 
 
Gli eventi musicali del tempo si riflettono sempre nella corrispondenza con cui il Bazzini compensava la delusione, provata da lui come dagli amici padovani, delle sempre più rade comparse nella città di Sant'Antonio. Assolvendo con assidua diligenza il suo compito di docente, gli era impedita ogni possibilità non soltanto di assentarsi per periodi prolungati, ma anche di comporre, pago se il suo insegnamento dava buoni risultati e se poteva prevedere il felice avvenire di qualche buon allievo. Così gli accadde di profetare la splendente meteora catalaniana. A questo proposito il Bazzini scriveva al Suman il 14 luglio 1875:
 
Su dieci allievi ne ho sette che hanno fatto il bozzolo, cioè hanno lavori da produrre ai saggi; e con questi lavori ci sono due Operette. Lia prima del Catalani con libretto di Boito s'intitola la Falce: doveva mandare oggi; ma il bravo allievo s'ammalò sabato scorso (siccome e di complessione molto gracile mi fece una paura non indifferente); per fortuna ne è uscito presto ed oggi si fece l'anti prova. Domani se ne fa un'altra. Sabato mattina prova generale con ins ito c hlnedì sera 19 prima rappresentazione, se Dio vuole. Sul conto di questo giovane di 21 anno appena, le dico solo che esce dal Conservatorio un vero Maestro, che ne sa da mangiare in insalata quanti scrivono in Italia. Piatti ha sentito una prova, ed uscì dalla sua riservatezza abituale dicendomi: &emdash; Finalmente questa e musica... &emdash; La Signora Lucca stamperà certamente l'operetta del Catalani. La riduzione per Piano la fara egli stesso, perché fé distinto pianista ed allievo di Andreoli. Lo tenga a mente: c'e un prologo sinfonico con programma, ed è come l'antefatto della leggenda. E' una pagina di musica da sbalordire per la vastità del concetto, la fermezza del color locale e la spiccata indie idualita. Come tutto ci sia uscito da una testa di 20 anni io non glielo posso spiegare. Sono fenomeni. Basta che la salute gli regga... 
 
E se il maestro era profeta quanto alla solidità di preparazione e alla genialità d'ispirazione del giovane lucchese, che era purtroppo anche nel prevedere la caducità della preziosa esistenza. La falce ebbe un notevole successo e sollevò discussioni fra coloro che vedevano nella foga drammatica della melodia di cui l'esordiente aveva rivestito l'egloga orientale di Tobia Gorrio, o meglio di Arrigo Boito, un'ardita intenzione novatrice.
Nella stessa lettera il Bazzini proseguiva rendendo conto degli altri allievi che presentavano composizioni ai saggi finali del Conservatorio:
 
L'altro allieno e il ,líaggi, che ha bisogno di studiare molto e ser iamente, ma che ha intuizione drammatica e buone idee. La sua Operetta è italianissima, però senza volgarità (1). Credo che (alle debite distanze) potrà fare; e qui ho più merito assai che col Catalani: invece si crederà tutto il contrario. (Così si scrive la storia. Poi ci sono quartetti d'arco e col Piano, Sinfonie, esce c'e anche una terza Operetta del giovane Smareglia, ora allievo del Faccio, che è molto carina e di buono stile (2). Colla composizione si tende a migliorare e di molto; cossi fosse del Canto e dell'organo... Misericordia ! !
(1) perdono, parole di Giannandrea Mazzuccato figlio del Direttore del Conservatorio.
(2) Era l'opera Caccia lontana del compositore istriano, allora allievo del Faccio al Conservatorio di Milano, dove quest'opera veniva rappresentata il 10 agosto 1875.
 
Che l'orizzonte dell'opera italiana si presentasse abbastanza roseo al Bazzini è naturale, quando stavano per uscire così brillantemente dal Conservatorio un Catalani e uno Smareglia, che il destino purtroppo perseguitava consumando inesorabilmente il gracile corpo del primo, al secondo togliendo a poco a poco la vista. Tragica sorte di due fortissimi ingegni, che tanto avrebbero potuto dare al teatro nostro.
  
Non erano state quelle le sole rivelazioni di quel fortunoso 1875. Il 23 febbraio, a Firenze, aveva conseguito un grande successo Ooloraes, opera di un maestro palermitano, l'Auteri Manzocchi, che il Bazzini già da qualche anno andava considerando come una seria promessa. Nel luglio t873 egli aveva scritto al Suman a proposito di costui:
 
Bravo giovane, che promette molto di se, e che sta terminando un'Opera per la Galletti. E' siciliano puro sangue; ma almeno si capisce che e della patria di sellini. Ha combinato con la signora Lucca per la cessione della sua Opera a patti non molto grassi per verità, ma sufilcienti per un esordiente. Ritorno a Firenze, ove ha preso dimora da qualche tempo.
Ma il successo della Dolores non si ripete per le opere che il siciliano compose dopo di quella.
Nella stagione autunnale del 1874 Antonio Bazzini si era recato a Cordovado, nell'autunno successivo riprendeva la via di Bassano, e per l'occasione il Suman preparava quartetti di Haydn, di Mozart, di Boccherini. Del quartetto di casa Suman faceva ormai parte Marco, figlio del padrone di casa, valentissimo violoncellista (1). Il Bazzini aveva qualche dubbio per la viola, un signore che a Brescia non aveva dato troppe buone prove della sua valentia.
Ritornato a Milano, al suo abituale lavoro, il bresciano riannoda la corrispondenza col Suman. Questi gli ha scritto della prima rappresentazione della Luce di Gobatti, che ha avuto luogo in quei giorni a Bologna. Ma il Bazzini affaccia molti dubbi:

(1 ) L'altro figlio, Camillo, suonava il violino.

Da chi ha avuto le notizie della Luce? Qui siamo ancora al buio; io però, fra le tante notizie contradditorie, credo che sia un insuccesso bello e bllono, con tutta pace della signora s. Lucca... e non me ne dispero (6, dic. 1875).
 
Ne sospettava a torto, che alla « Scala» nel febbraio seguente l'opera cadrà rumorosamente. E proseguiva col dare notizia del rinnovato Mefistofele, che Boito aveva ripresentato a Bologna:
 
"Ho visto alcuni pezzi del Mefistcsfele di Boito, che per me sono acqua limpida addirittura, e non mi sorprenderebbe che finisse per furoreggiare a Milano! Almeno quello lì sa la musica, e cerca il nuovo con un piede sempre fermo alle tradizioni dei grandi. La grande maggioranza dei nuovi nostri cari sta invece con tutti due i piedi nella nota dell'ignoranza...armonica, e naturalmente non può saltare; così rompe il collo a sè e qualche cosa agli altri (Ibid.).
 
Il Bazzini conta ora fra i suoi allievi un'altra promettente speranza, il padovano Scrittorio Vanzo, che però dal primo insegnamento era stato indirizzato su falsa strada:
Che razza d'armonia hanno insegnato al mio nuovo allievo Vanzo? Bontà divina, che confusione d'idee, e che ristlltáti pratici dei far rizzare i capelli! Fortuna che il giovanetto è svegliato, e mi pare che abbia talento musicale innnato. Se cosi è, spero poterlo mettere presto sul retto sentiero per farlo giungere più spedito alla meta (Ibid.). 
 
Fra i concerti orchestrali che si stanno preparando, quello alla Società del Quartetto comprende, accanto a una sinfonia di Mozart, all'Eroica di Beethoven, e ad luna «ouverture» di Spontini, une «prologo sinfonico » dell'allievo prediletto, il Catalani:
 
« è un onore ben raro&emdash;scrive il maestro&emdash; che la Società fa ad un giovane appena uscito di Conservatorio, ma però egli se lo merita, e ne sono tanto più soddisfatto che io non ci ho messo una parola, ne fatto un passo in proposito». (Ibid.) 
 
Certo è che nel programma la vicinanza dell'Eroica è di danno alla composizione del Catalani, perchè « dopo quella dice il Bazzini non c'è più musica» (1 genn. 1876). Anche in quell'anno gli allievi suoi, fra i quali primeggia il pianista veneziano Ugo Bassani, presentano numerose composizioni ai saggi finali del Conservatorio.
Insomma la scuola e qualche nuova composizione di musica da camera occupano le giornate e le serate del Bazzini. Il 7 gennaio 1877 egli confessa di non essersi ancora recato alla «Scala»
 
«Che orrore!! Ci andrò forse stasera.. Ma vicino alla Scala c'è il Teatro Manzoni, ove recita la Marini, che stuona mui. Che ci ho da far io?». 
In febbraio egli viene improvvisamente chiamato a Roma perchè nominato a far parte della Commissione cui era affidata la scelta dei ventisei professori per il nuovo Conservatorio annesso all'Accademia di Santa Cecilia: Naturalmente . Non poteva allora prevedere di essere egli stesso la persona che un giorno avrebbe occupato tale ufficio..
S'interessa sempre degli amici lontani, e non abbandona l'idea di una scappata a Padova: forse l'occasione gli si presenterà quando verrà pregato di far parte della commissione che nominerà i professori per il nuovo Istituto Musicale, che per iniziativa degli. amici "filarmonici" e di altri padovani cultori dell'arte musicale sta per essere fondato a Padova. Il Bazzini si reca infatti a Padova in tale circostanza, e, oltre ai vecchi amici, lo accoglie con entusiasmo il giovane Cesare Pollini, nuova recluta di casa Suman, un talento musicale ricco di promesse. Il Bazzini ebbe subito modo di apprezzare il non comune talento del Pollini, e a tale proposito rimpiangeva che i genitori di lui lo volessero laureato in giurisprudenza:
 
"Giovani che possano dare un valido aiuto all'arte non li contiamo purtroppo a dozzine in Italia... Avvocati... Gesummaria! Il Parlamento informi... ". (9 marzo 1879).
  
E' giunto a Padova anche Antonio Freschi, e della compagnia è, ben inteso, anche mio nonno. Le riunioni musicali di casa Suman lasciano però il rimpanto delle cose troppo presto svanite, tanto più che il Bazzini specialmente di sera, non poteva affaticare gli occhi indeboliti, e lo reclamavano a Milano i suoi doveri presso il Conservatorio. Ormai egli si è consacrato all'insegnamento con un appassionato fervore, che gli fa considerare con maggiore interesse i risultati conseguiti dagli allievi, che non le opere proprie. Così nell'inverno 1880, benchè sollecitato a non mancare, non si reca a Firenze dove si eseguiva il suo poema sinfonico Francesca da Rimini, ne a Genova per la sinfonia sul Re Lear, ma, nonostante l'inclemente stagione non manca a Torino per la prima esecuzione dell'opera Elda del prediletto Catalani:
 
Fui a Torino la scorsa settimana per l'Opera Elda del mio bravo Catalani, che ebbe al Teatro Regio uno splendido successo. (Cerchi la "Perseveranza " del 3 corr.). Il tenore Barbacini era gravemente indisposto, omise la Romanza del 2° atto e canto un poco soltanto al 4° atto. Malgrado ciò il Maestro, che è un Maestro davvero ebbe 21 chiamate. La 2a rappresentazione non poté aver luogo che otto giorni dopo, per l'aggravata indisposizione del tenore, cioè ieri sera. Nella "Perseveranza » d'oggi vedo un dispaccio che annunzia la conferma del successo (anzi maggiore), con replica della Romanza omessa la prima sera. Spero che l'avvenire del mio prediletto allievo sia ormai assicurato, e, s'egli avrà salute, conteremo un maestro ardito, ma gentiluomo che farà parlare di sè. E così sia pel bene dell'arte nostra. Nutro fiducia che Vanzo Sara il n.o 2; di quel calibro li non e facile trovare le mezze dozzine (8 febbr. 1880).
  
Ma ecco che per l'anno scolastico 1880 /81 il Bazzini ha la gradita sorpresa di trovare fra i suoi allievi Cesare Pollini, il quale, conseguita la laurea, aveva potuto ottenere dal padre di iscriversi al Conservatorio di Milano per lo studio della composizione. Il Pollini può informarlo delle vive ostilità che nel «grosso pubblico» e nella stampa hanno incontrato i primi concerti dati dall'Istituto Musicale padovano. La Presidenza di quell'Istituto avrebbe desiderato vi si recasse a suonare Bazzini, che l'autorità del suo nome avrebbe imposto musica classica a dispetto degli ignoranti, ma il violinista da tempo non Si presentava più in pubblico perchè gli occhi gli si offuscavano dopo un po' d'applicazione. Egli lo dice al Suman:
 

La mia venuta a Padova per curare il pubblico zuccone non sar ebbe un rimedio eflicace, ma appena un palliativo per sopire i dolori della classicofobia forse per qualche ora, e dopo si sarebbe daccapo, magari peggio di prima. Per guarire quella malattia ci vuole il tempo ed una cura costante ed assidtla. Questa non si può avere che dagli elementi locali. butta cavat lapidem. Dunque un consiglio: lasci dire al " Bacchiglione" et similia tutte le castronerie madrigalesche che possano frullar loro pel capo; si attenga al classico fin dove te possibile con gli elementi che l'Istituto tiene a sua disposizione e con quelli che potessero aversi eventualmente, e faccia del resto qualche concessione qua e la senza darsi pensiero delle critiche fatte o dall'ignoranza o da chi non sa tener conto delle diflicolta, talora insormontabili, che s'incontram) in simili faccende (') (27 dic. 1880).

(l) Lo stesso Bazzini, a proposito dei concerti organizzati da C. Pollini nella sala di Palazzo Selvatico a Padova nel 1887, scriverà al suo allievo: «Chi sa che il pubblico zucon non venga a resipiscenza». E se tale resipiscenza seguì fu proprio merito del Pollini.

Il cenacolo dei «filarmonici» era ormai disperso; vicende familiari tenevano il Suman spesso lontano da Padova, il Freschi, sposato, vedeva crescere la famiglia intorno a se e prima abito a lungo a Milano, poi riprese lunghi soggiorni a Cordovado, e il Bazzini era stato nominato direttore del Conservatorio di Milano, ciò che per lui, ligio a ogni suo dovere, anche se gravoso, voleva dire non muoversi da Milano se non in casi di estrema necessità o di fortissime tentazioni musicali. « Insomma il mio desiderio - scriveva il Bazzini il 21 aprile 1883 -sarebbe di venire: le circostanze per effettuarlo invece sono quasi tutte avverse... e temo di dovermi accontentare d'una apparizssine in ispirito». Ma nell'autunno del 1885 egli trova ano cora il modo di ritornare nel Veneto
Nel novembre 1885 Antonio Bazzini, lamentava .col Suman la esagerata.réclame che i giornali andavano facendo intorno a Otello di Verdi, che avrebbe affrontato il pubblico alla "Scala" . Si del prossimo febbraio: il chiasso dei cronisti era «una calamità.dell'epoca». E concludeva:
 
E' certo che Verdi non ha bisogno di reclame ne poca ne molta. L'impazierlza di sentire la sua nuova Opera e grandissima e legittima, ed io per il primo la divido con tutta la gente seria e di buon senso, desiderando all'arte italiana un nuovo e solido successo. Da quanto ne so da fonti attendibili pare che il lavoro sia arditissimo e fuori da ogni convenzionalisrno. Dunque sentiremo a tempo e luogo senza preconcetti! né pessimisti né ottimisti, e soprattutto senza gonfiamento (1 nov. 1884).
 
Il maestro bresciano dirà poi al Suman tutto il suo incondizionato entusiasmo per la nuova opera verdiana:
 
Quanto all'Otello, senza entrare in apprezzamenti artistici, Le diro questo Abitualmente io vado pochissimo alla Scala durante la lunga stagione di Carnovale Quaresima: sei o sette volte al più e non per tutta la sera. Delle 24 recite dell'Otello ne ho sentite almeno 15.. e del cima a fondo! E, se ci fosse ancora, ci ritornerei piu d'una volta. Eccole per oggi la mia opinione personale. Aggiungerò che Wagner non ci ha che vedere: Verdi è rimasto Verdi più che mail! Se Le dicono il contrario... dia indietro, che non è buona moneta.'! E vada a sentirlo a Venezia , ma non una sola sera (6 apr. l887)
 
La gran cassa della réclame risuonava di nuovo per la preparazione di Israel, spartito di un giovane autore che già si era affermato con musica orchestrale e da camera, Alberto Franchetti:
 
Per l'Opera del Franchetti si batté farse un po' troppo la gran Cassa; ma in ogni modo l'autore dell'Israel, a giudicarlo dalla Sinfonia in 4 tempi, è giovane che sa molto bene il conto suo; ne si corre pericolo di acclamare un ciarlatano. Se avremo una J~~eìl(spera di più, tanto meglio... con o senza milioni. Del resto spero non fare aspettare troppo tempo la pubblicazione. Ho molta curiosità di vederla (2 mar. 1888).
 
Poichè, malgrado le minori occasioni dà incontrarsi, la corrispondenza non cessava fra i quattro « filarmonici», e non mancavano in essa gli spunti umoristico musicali. Nell'autunno dell'86 si preparava la vendemmia tanto nella villa Suman a Sarcedo nel Vicentino come in quella Brunelli Bonetti a Tramonte sui Colli Euganei. Il Bazzini diceva di «crepare dall'invidia » perchè le sue occupazioni al Conservatorio milanese non gli permettevano di associarsi alla «balla» (sbornia che avrebbe preso volentieri assieme agli amici. Tale sbornia potevano ripromettersi scherzosamente per un altr'anno i due amici adovalli. Scriveva il Suman al Brunelli Bonetti:
 
Si spera in finn raccolto abbondante più dell'anno scorso, e vogliamo fare una balletto (salvo superiori disposizioni) nell'anno venturo. Sara un magnifico spettacolo che la ditta Brunelli Suman, musicofili per la vita, brinderanno alla salute della musica del presente, passato ed avvenire! ! Evocheremo Bellini. Wagner e Liszt per le due ultime. E per il presente?... (8 ott. 1887).
  
Antonio Bazzini ritorna nel frattempo alla carta rigata e compone un nuovo quartetto, che egli chiama « giovanile » pere llè scritto nello stile delle prime cose sue. Ma gli manca il tempo per istrumentarlo, preso com'è dal sua alto ufficio e dall'insegnamento al Conservatorio, da incarichi effettivi avuti a Milano come a Roma, dove presiede la Commissione ministeriale, per la riforma degli istituti di studi musicali. la sua rallentata attività di compositore lamentavano gli amici padovani, i quali avevano sempre difeso ogni cosa sua, così da essersi adontati quando un giornalista aveva azzardato delle critiche alla cantata ispirata dal Sellmo XXV (Lo Sterminio. In tale circostanza il conte Suman aveva scritto da Bassano all'amico di Padova:
 
Sei stato ai Carmini (l) a sentire la messa del maestro Jommi? Le relazioni dell' Euganeo dicono meraviglia. Vorrei sapere se lo stile è quello adottato da certo riformista della musica di Chiesa, e compagnia bella. L'aridità e la base di quelle composizioni ecelesiast,iche. Esaminino la Petite Messe di Rossini, vedranno che sono fuori di strada, e per essere nuovi Palestrina ci avrebbero da sudare non poco, e... studiare. E la musica da Chiesa di Gounod? Quelle messe dei nostri pseudo classici sni fanno l'effetto di un narcotico potente, e con quel sistema ripudiamo il nome italiano. Bazzini musicò dei Salmi di Davide, ma la v'è scienza, ispirazione e buon gusto. Ma Bazzini (v. Bandini) è un pigmeo appena appena conosciuto nel Veneto! !... Ma basta, perchè non la finirei più con la mia intolleranza musicale (s. d.).
') Una delle chiese maggiori di Padova.
Antonio Freschi, che ha stretto amicizia con Cesare Pollini, è da questi persuaso a intraprendere un giro di concerti in Germania, giro che avrà poi un seguito fortunatissimo in Italia. L'intima sofferenza con cui Cesare Pollini esprimeva la musica si fondeva con la nervosa passione e l'estro sempre giovanile con cui il Freschi faceva cantare il suo violino. Ma la maggiore soddisfazione fu provata dal Bazzini riguardo al Pollini, di cui aveva intuito la singolare sensibilità musicale (lo chiamava «amante riamato della musica»), quando il giovane suo allievo da una Regina che ebbe intelligente comprensione di arti e di artisti fu chiamato a Corte per animare di elevati programmi di musica le serate della villa Reale di Monza.
 
Il cenacolo dei «filarmonici» padovani aveva visto affacciarsi fra di loro, ormai vecchi e stanchi, il giovane pianista che li aveva davvero affascinati: essi erano lieti che una nuova forza giovanile sorgesse per tenere accesa quella passione per l'arte musicale, cui essi avevano sacrificato ore ed ore per tanti anni. La continuità della tradizione musicale padovana era assicurata da quell'Istituto Musicale, di cui Cesare Pollini divenne Direttore consacrando ad esso tutta la sua geniale attività e il suo culto per l'arte, fatto di fede e di passione, così da rifiutare lusinghiere offerte giuntegli da città maggiori, fra l'altro quella di Giuseppe Martucci che lo avrebbe voluto suo successore nella Direzione del Conservatorio di Bologna. E che il Pollini riconoscesse di aver attinto gran parte di quella sua passione dal cenacolo padovano è detto da lui stesso in una lettera del 22 ottobre 1880 al conte Suman, in cui dichiara che la molta musica udita aveva contribuito ad allargargli le idee e come lo avessero spinto allo studio severo di essa gli incoraggiamenti avuti dai «filarmonici» concittadini.
 
 
Biografia degli artisti padovani
di Napoleone Pietrucci
Padova, 1858
ricerche
Musica dell'800: documenti
Marco Antonio Suman
sopi@sopi.it