In
copertina:
La Bottega dell'Arte.All'interno:
De Gregori, Napoli Centrale, Chicago, Al Jarreau,
Jeery Garcia, The Miracles, Brian Eno, Rino Gaetano,
Corrado Cagli, Hard Rock, Raul
Casadei.
Rino
Gaetano
"PER UNA COPPA
Dl GELATO"
Il cantautore, giunto al
secondo ellepì della sua carriera intitolato "Mio
fratello è figlio unico", espone (si fa per dire) la
sua 'filosofia' commentando titolo per titolo i brani del 33.
Felice operazione di sintesi fra il ridicolo ed il tragico.
Un'innata tendenza allo sberleffo.
Fare una 'regolare' intervista
a Rino Gaetano è idea da scartare subito. E per due
ragioni: la prima è che Rino è un personaggio che
esce troppo fuori dalla banalità di domande tipo "Cosa vuoi
dire con i tuoi testi" e "Qual'è il tuo background
musicale"; la seconda è che 'chiuderlo' nei soliti schemi
precostituiti avrebbe senz'altro limitato la sua coloritura
espressiva veramente off-limits.
Di lui si è iniziato a
parlare con una certa insistenza l'anno scorso in occasione
dell'uscita di quello sconcertante singolo che era "Il Cielo
è Sempre Più Blu" che lo fece apparire agli
occhi dei profani un pazzo più o meno responsabile che,
svegliatosi una mattina e visto che tutto era stato detto, aveva
scelto questa forma di nonsense per dire la sua.
In realtà le cose
stavano in altri termini dal momento che "ll Cielo" era, ed in
sostanza è, un punto chiave della lucida continuità
del suo discorso iniziato con il 33 "In gresso Libero". In questo
ellepi tutto veniva affrontato con la noncuranza della pura presa
in giro, sentita sì come momento di contraddizioni sociali
evidenti e su situazioni tipicamente italiane - come la questione
meridionale - ma mancante di una aggressività critica che
da queste tematiche era logico scaturisse.
La sua casa discografica
sintetizza tutto dicendo che Rino aveva un'innata tendenza allo
sberleffo e che in questa luce andava interpretato. Ma lui con "Il
Cielo è Sempre Più Blù" si spinge molto
avanti: il disimpegno della musica tende a essenzializzare il
testo che, nella sua crudezza, questa volta scarnifica gli
stereotipi della nostra società con una riuscitissima
operazione di sintesi tra tragico e ridicolo alla maniera
dell'ultimo Jannacci ("Tutti Quelli Che....").
Sapendo quindi che Rino aveva
appena finito di incidere il suo nuovo album "Mio Fratello
è Figlio Unico", si presentava l'occasione di approfondire
il discorso di un anno fa. Se avevo scartato, come ho gia detto,
l'idea di un'intervista 'classica', il problema era trovare un
modo, completo almeno quanto una intervista, di presentare artista
ed opera. Il problema e stato risolto ascoltando il disco insieme
a Gaetano: mi sono accorto che, commentando ogni singolo pezzo,
Rino opponeva al mio schematismo una fantasia galoppante che
approdava ad immagini veramente irresistibili: quindi mi sono
limitato a riportare, per quanto fedelmente possibile, i suoi
sconcertanti commenti sui brani più
significativi.
''L'associazione
antropologica mondiale, comunemente detta ' società',
è un insieme di esseri che si aspettano al varco armati di
coraggio e tanta buona volontà. La verità è
che ognuno di noi vuole la sua coppa di gelato più
ghiacciata delle altre e colui che ti ammazza raramente si
preoccupa delle tue scarpe nuove. Se ti dovessero domandare 'Come
stai?' mi sembra ovvio che risponderesti: "Bene, non c'è di
che, come sempre." Le persone avvedute si guarderanno dal
rispondere: "Mah sai, ho un non so che, le mie cose, la suocera
con il bacillo di Gengou, i buffi, l'assicurazione che scade, un
vecchio ombrello del ventisei" Homo hornini lupus non sta
più nell'ultimo numero di Vogue; oggi l'uomo è solo
emarginato, estromesso, figlio unico."
Questo era 'Mio Fratello
è Figlio Unico' visto dall'autore. Sentiamo 'Berta
filava'.
"Garibaldi con un seguito di
mille vecchietti decorati concedeva autografi alle casalinghe per
le vie di Caprera. Fanfani con il suo corteo di mille adulatori
senza decoro si concede alle mostre di pittura distribuendo larghi
sorrisi alle masse. Freud, Linus e Marcuse sono ancora più
popolari dei Beatles ma loro non si sono mai separati. San Gennaro
si produceognianno nello stesso spettacolo distribuendo: foto
autogralate e medaglie ricordo a modici prezzi"
E' la fine dei falsi miti
decretata in maniera elegante e definitiva. Non c'è
possibilità di appello neanche in 'Cogli la Mia Rosa
d'Amore' ed 'Al Compleanno della Zia
Rosina'.
"Agnelli, la Bastogi,
Montedison sono società che svolgono attività
culturali et educative non completamente avulse dal largo
interesse popolare. Esse spiccano nel campo del turismo per
molteplici iniziative ancorate alle tradizioni secolari. Il loro
campo d'azione è vastissimo, legato a ferree volonta
ambientali, sociali, demografiche o climatiche. Sempre
nell'interesse di una maggior miscelazione demografica, le
suddette società inventano confortevoli centri turistici
attrezzati sino all'osso in modo che le minoranze etniche del
norditalia e del nordeuropa possano comodamente avvicinarsi e
convivere con il sud. Mentre d'altra parte - qui sta il gioco -
privando il sud di attrezzature industriali spingono le minoranze
etniche del sud a visitare Lugano, Colonia e
dintorni"
Il sud 'sentito' a sensazioni;
nella rabbia ironica dell'emigrato, nella malafede delle secolari
promesse.
"'La Zappa, il
Tridente....'' Già le marchese io le ho sempre odiate.
Vestite di chiffon bluette, volant e giardini pensili per
cappello. Somaticamente una marchesa nuda non ha nulla di diverso
da una puttana né da una donna del popolo né da una
suora che ha appena dato i voti di castità, di obbedienza e
povertà. Eppure io le marchese le odio quasi più
delle suore, certamente più dei ministri che pur non avendo
nulla da spartire con le donne del popolo, hanno molti punti
comuni con la categoria che resta. Odio le marchese e i loro
salotti forniti di dischi naifs, di luci soffuse, di vino rosso,
di cuscini colorati, di perline, di artisti - poeti intimisti ed
ermetici, di soffitte decadenti e cadenti, di tornei di bridge.
Odio le marchese che vedono nel liscio l'ultimo ritrovato
snobbistico per sentirsi umanamenta realizzate. "
Una ballata di sapore medievale
per puntare il dito contro i luoghi comuni, la vuotaggine,
I'essere in, out, off, blue, down ecc. ecc. Il nuovo lavoro di
Gaetano è dotato di una forza espressiva viva, nervosa,
febbricitante: forse merito di questa alienazione che ci fa
sentire un po' tutti figli unici e fratelli allo stesso
tempo.
Rino non fa passare sotto
silenzio nulla, investe puntualmente tutto quello che si era
prefisso di affrontare e poi lo ridicolizza, lo
annienta.
Si potrebbe parlare di pura
distruzione senza fondamento costruttivo; a mio avviso è un
modo intelligente di fare esattamente il contrario.