ippocrateios@sopi.it

G.PONTI* P.SERAFINI G.MELA** S.FAMILIARI
* AIUTO DIVISIONE DI CHIRURGIA MAXILLO - FACCIALE OSPEDALE "S.CAMILLO" U.S.L. RM/1O
**OSPEDALE CIVILE DI SASSARI DIVISIONE DI ORTOPEDIA - PRIMARIO: PROF. F. SOTGIU
 
La pigmentazione degli innesti cutanei
 
 
 
RIASSUNTO :
Gli A., descritto il fenomeno delle variazioni di pigmentazione degli innesti cutanei, indicano l' importanza di fattori neuro-umorali nel determinismo di tale condizione. Viene inoltre raccomandata l'abrasione cutanea dell'innesto prima che si sia completata la sua reinnervazione.
SUMMARY
The A., having described the variations of pigmentatio of cutaneous free grafts, show the importance of neuro-hormonal factors in producing this effect. Dermoabrasion of the graft is strongly raccomanded before the reinnervation of it is completed.

  
E' un fatto ormai assodato che dopo l'applicazione di innesti liberi i risultati, in termini di colorazione, non sono sempre soddisfacenti. Nonostante la scelta attenta delle zone e delle regioni donatrici in modo che l'innesto sia strutturalmente e morfologicamente il più simile possibile alla pelle che cerca di sostituire, la pigmentazione, più o meno immediata, rappresenta una complicanza spiacevole che si verifica abbastanza spesso. Con il tempo la pigmentazione regredisce in misura maggiore o minore ma i risultati in questi casi sono raramente soddisfacenti. Questo problema e stato ed è una preoccupazione dei chirurghi plastici e dei dermatologi. Il processo biologico di melanogenesi non è del tutto chiaro ed offre vaste possibilità di studio al ricercatore.
Dagli studi di Lerner e Fitzpatrick ( sappiamo che è la tirosinasi l'enzima responsabile Visti gli insuccessi delle terapie mediche più moderne nel campo della "scoloritura" degli innesti liberi pigmentati due anni fa decidemmo di praticare le abrasioni cutanee, e siamo sempre riusciti a migliorare i risultati precedenti. Il fatto che il miglioramento del colore degli innesti pigmentati, pur essendo sempre rilevabile, non fosse omogeneo ha acuito il nostro interesse nel cercare la spiegazione del motivo di tali differenze e quindi del modo di risolvere ed ottenere i migliori risultati in base ai fattori biologici.
Per prima cosa abbiamo cercato di aggiornarci in materia di melanogenesi. Dagli studi di Lerner e Fitzpatrick sappiamo che la tirosinasi è l'enzima fondamentale presente nella formazione della melanina, e non la dopaossidasi come credeva Bloch: la tirosina si ossida la tirosina e la trasforma in diossifenilalanina per poi catalizzare la fase successiva, ovvero la formazione del dopachinone nella sintesi del pigmento metallico.
Nella pelle normale la tirosina è in forma inattiva essendo stimolata dai raggi ultravioletti (fattore esogeno) e dall'ormone melanoforo dell'ipofisi (fattore endogeno).
La funzione melanogena è esclusiva delle cellule dendritiche dell'epidermide. Queste cellule o melanociti sono di origine neurale; nell'embrione i melanoblasti provenienti dalla cresta neurale passano all'epidermide o allo strato juxtaepidermico tramite il mesenchima, un fatto convalidato dalla frequente associazione di anomalie di pigmentazione e malattie ereditarie del sistema nervoso (Reklinhausen). Non bisogna confondere i melanociti con i melanofaghi che fagocitano e trasportano la melanina ma non la producono.
La pigmentazione, più che a un aumento della moltiplicazione o della mitosi dei melanociti, è dovuta ad una particolare disposizione protoplasmatica dei granuli del pigmento. Infatti, sia per azione esogena (ultravioletti) che ormonale sembra che questi stimolanti diano luogo ai granuli melaninici (che comprendono l'enzima tirosinasi) e che normalmente si trovano attorno al nucleo cellulare distribuendosi uniformemente e diffondendosi in tutto il protoplasma in modo che la reazione tirosina-tirosinasi si possa verificare più facilmente e rapidamente. Allo stesso modo, la colorazione cutanea viene già ad essere determinata da questa particolare disposizione dei granuli del pigmento; mentre i granuli sono concentrati attorno al nucleo, il protoplasma cellulare è translucido e provoca una colorazione più pallida del tegumento. Al contrario, quando i granuli si diffondono in tutta la cellula, quest'ultima è più opaca ed il risultato dell'opacità cellulare non è altro che l'aspetto scuro della cute.
Il meccanismo intrinseco della melanogenesi è più complesso di quanto potrebbe sembrare poiché in genere esistono dei fattori che intervengono accelerando o frenando l'avvio di tutto il processo che in ultima analisi porta alla formazione della melanina naturale (melanoproteina). Lo dimostrano i gruppi amino e sulfidrilici che si combinano con le fasi intermedie (dopachinoni) della melanogenesi naturale: gli ultravioletti, ad esempio, agiscono diminuendo il livello libero di tali gruppi ed attivano il processo melanogenetico. Lagrot et altri hanno provato clinicamente che alcuni fattori fisici (esposizione all'aria o al sole) ed ormonali (ACTH) aumentano l' iperpigmentazione negli innesti cutanei liberi.
I raggi ultravioletti agiscono in base alle loro tre qualità in forme diverse: gli ultravioletti C (2.537 Angstrom) ledono il tessuto e provocano le bolle; gli ultravioletti B (2.967 Angstrom) arrossano la pelle, mentre gli ultravioletti A sono semplicemente melanogenetici. Dal punto di vista ormonale si sa che esiste un ormone ipofisario che stimola direttamente i melanofori, che sono pure influenzati da altri ormoni in forma più o meno diretta.
Esiste anche un ormone dell' epifisi che agisce in senso opposto all'ipofisi. Questo fermento ormonale agirebbe tramite il sangue ed anche direttamente in quanto verrebbe prodotto nelle terminazioni nervose periferiche. E' detto melatonina ed agisce frenando il processo di pigmentazione, e dal punto di vista del suo meccanismo intrinseco la sua azione consisterebbe nella concentrazione dei granuli del pigmento della tirosina attorno al nucleo cellulare. Per Lerner potrebbe essere questo il motivo o l' eziologia della vitiligine, produzione eccessiva di melatonina nelle terminazioni nervose cutanee.
E' questo lo stato attuale della fisiopatologia della melanogenesi. Siamo arrivati a conclusioni biologiche simili sottolineando l'importanza del fattore nervoso periferico nell' iperpigmentazione degli innesti cutanei. Infatti, conoscendo l'influenza nervosa periferica sull' infiammmazione in genere, e sapendo anche che il reinnervamento degli innesti liberi è un processo biologico lento, non dubitiamo che lo squilibrio biologico del processo della melanogenesi che si manifesta dopo l'applicazione dell'innesto stesso, ed ancor più chiaramente quando la nuova irrigazione risulta normalizzata, dipenda in misura maggiore o minore dalla mancanza di regolazione nervosa periferica di cui soffrono per un certo periodo di tempo gli innesti.
Le prime abrasioni cutanee praticate a titolo di studio senza che fossimo certi del motivo né dei risultati hanno confermato la presunta relazione con il reinnervamento dell'innesto. Abbiamo visto che le abrasioni effettuate alcune settimane o mesi dopo l'attecchimento dell'innesto anche se producevano uno "sbiancamento" lasciavano spazio, poco dopo, a nuove pigmentazioni anche se meno evidenti delle prime. Le abrasioni effettuate tardivamente ovvero al termine del processo biologico di reinnervamento dell'innesto producevano, per contro, risultati stabili.
D'altra parte, l'abrasione di per sé, lasciando scoperti gli strati più profondi del tegumento, fa sì che fattori esogeni (ultravioletti) ed endogeni (iperirrigazione) sensibilizzino e scatenino il processo di melanogenesi, anche se in modo temporaneo.
Siamo pertanto arrivati alle seguenti conclusioni clinico-terapeutiche:
1. l'abrasione è tanto più efficace quanto più lontana nel tempo dalla data di applicazione dell'innesto;
2. per ottenere risultati stabili è necessario che il reinnervamento dell'innesto sia completo;
3. dopo l'abrasione, sopra l'innesto o meno, bisogna coprire o chiudere la zona trattata per un certo periodo di tempo, fino a quando la 'corteccia' della nuova epidermide assicura una giusta protezione contro i fattori esterni od esogeni.
Successivamente, in base ai lavori ed ipotesi di Lerner sull' eziopatogenesi della vitiligine e sulla sua spiegazione intrinseca (eccesso di produzione di melatonina nelle terminazioni nervose cutanee), abbiamo potuto riscontrare che questa ipotesi potrebbe effettivamente spiegare i fatti clinici da noi osservati e le conclusioni clinico-terapeutiche che abbiamo raggiunto. Contrariamente alla vitiligine, non si tratterebbe di un eccesso di produzione di melatonina, ma di un difetto del fermento ormonale dovuto allo scollegamento nervoso dell'innesto con il nuovo letto.
Sebbene ancora nel campo delle ipotesi, riteniamo che la presentazione di questi eventi possa per lo meno aprire una strada per risolvere definitivamente il trattamento delle iperpigmentazioni cutanee degli innesti liberi, tanto più spiacevoli in quanto trattamenti richiesti per ottenere un miglioramento estetico.
Siamo lieti del fatto che altri autori (Aufricht) abbiano ugualmente provato a trovare una soluzione simile, e perciò continueremo a cercare di chiarire e risolvere questo problema così fastidioso.
 
Conclusioni:
 
Alla luce delle conoscenze attuali abbiamo studiato il processo della melanogenesi, si sottolinea l'importanza del fattore nervoso periferico sul meccanismo biologico e si raccomanda l'abrasione cutanea come trattamento per l' iperpigmentazione negli innesti liberi; in base alle ipotesi stabilite si consiglia di non effettuare l'abrasione fino al termine del reinnervamento dell'innesto.
 
BIBLIOGRAFIA
FITZPATRICK y SZABO, G. : Journ. Invest. Derm. T-32, 197 - 1959 .
LERNER, A., y CASE, J. : Journ. Invest. Derm. T-32, 211 -1959.
LERNER, A., y FITZPATRICK : Phisiol. Rev. 30 : 91, 1956.
MIR Y MIR, L. : Plast. and Reconstr. Surgery.
MIR Y MIR, L. : Symposium sobre Quemaduras, Gandia, mayo 1959.
PIULACHS, P. : Lecciones de Patologia Quirurgica Ed. Barcelona.
 
 
IPPOCRATEIOS
Mensile di medicina e chirurgia
Editrice SOPI - Roma
e-mail: ippocrateios@sopi.it