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Il becco di pappagallo cartilagineo:
eziologia, prevenzione e trattamento
 
 
 
**G. Ponti - ** F. Moscati - * C. Rapani - **L. Elia/-* /** P.Serafini
*Università degli studi di Chieti Cattedra di Semeiotica Chirurgica - Dir Prof. A. L. Gaspari
**Divisione di Chirurgia Maxillo-Facciale Ospedale S. Camillo - USL RM 10- Primario Dott. P. Bormioli
 
Il becco di pappagallo cartilagineo è una malformazione frequente ma evitabile, dovuta a una complicanza postoperatoria della rinoplastica. Questa malformazione, spesso evidente anche a un osservatore profano, è uno dei motivi più frequenti dell’evidenza di una "naso operato".
 
L’eziologia delle malformazioni a becco di pappagallo non è sempre la stessa, anche se la letteratura concernente la rinoplastica classifica nella stessa categoria di malformazione una sua origine nella cartilagine, o nei tessuti molli, o nella membrana mucosa o in altre zone. Il presente rapporto affronterà il becco di pappagallo di origine cartilaginea, in quanto la sua fonte anatomica è immediatamente individuabile, il problema può essere quasi sempre evitato, e solitamente la sua correzione è semplice ed efficace.
 
EZIOLOGIA DEL BECCO DI PAPPAGALLO DI ORIGINE CARTILAGINEA
 
Le cause delle malformazioni del becco di pappagallo cartilagineo sono più facili da individuare se vengono suddivise in tre categorie generali: quelle che compromettono il supporto e la proiezione della punta; quelle che provocano una falsa proiezione della punta, e quelle che tendono ad accentuare o a mascherare un dorso cartilagineo prominente. Benché queste possano, entro certi limiti, sovrapporsi, è utile esaminarle in questo modo per motivi sia didattici sia analitici.
La chiave per capirne la causa primaria consiste in una chiara valutazione del meccanismo di supporto della punta del naso. E’ stato chiaramente dimostrato che nella maggior parte dei nasi caucasici i supporti principali della punta sono dati:
1. dalla robustezza, dallo spessore, dalla dimensione e dall’integrità delle cartilagini laterali inferiori;
2. dall’attaccatura della base delle staffe crurali mediali al setto caudale;
3. dall’attaccatura del tessuto connettivo del margine caudale delle cartilagini al margine cefalico delle cartilagini alari. In determinate situazioni anatomiche, contribuiscono in misura predominante i meccanismi minori di supporto della punta. Una compromissione chirurgica di tali supporti della punta può provocare prevedibilmente una sua ptosi postoperatoria, con "arrotondamento verso l’alto" della zona al di sopra di essa, alterazione di un rapporto esteticamente piacevole punta-soprapunta, e conseguente prominenza del dorso cartilagineo (becco di pappagallo cartilagineo).
 
Ne consegue pertanto che molti dei procedimenti sovente "di routine" della rinoplastica possono favorire la ptosi della punta riducendone il supporto critico. La creazione di una fascia interrotta di cartilagine laterale inferiore residua, se inadeguatamente utilizzata per assottigliare e ruotare una punta, produrrà spesso, nella fase della cicatrizzazione, una retroversione della punta posteriore non voluta, facendo apparire il dorso cartilagineo più prominente che al momento dell’intervento. Analogamente, un’incisione di trasfissione completa può favorire una successiva ptosi della punta, a seguito della rottura del supporto settale caudale o crurale mediale della punta.
Un’eccessiva resezione dei margini cefalici della cartilagini laterali inferiori e la mancata conservazione di una intera fascia residua possono compromettere il supporto della punta. Al contrario, la mancata riduzione delle cupole cartilaginee alari prominenti può alterare il rapporto punta-soprapunta, creando una prominenza cartilaginea residua della soprapunta (corretta da un’idonea riduzione della cupola e della branca laterale). Un’eccessiva resezione della base alare può contribuire, tirando le pareti laterali alari sotto tensione al di sopra della punta, ad un arrotondamento di quest’ultima e a una diminuzione del supporto. Con il passare del tempo, in pazienti predisposti, l’iperattività del muscolo depressore del setto può provocare la retroversione di una punta instabile.
Varie sono le cause della falsa proiezione temporanea intraoperatoria della punta, che può provocare un’insufficiente resezione del dorso cartilagineo.
Quando si inietta una quantità eccessiva di anestetico locale, si avrà sempre un edema della punta e una sua falsa proiezione temporanea. Altrettanto dannosi sono gli interventi alla punta eccessivamente traumatici, che provocano edemi ed emorragie. I metodi per mettere a nudo le cartilagini alari (esterni o interni) possono favorire un edema o una falsa proiezione. Le suture settocolumellari "a grappolo" possono tendere a proiettare la punta del naso ed anche a mascherare la retroversione intraoperatoria della punta dovuta a incisione a trasfissione completa o a fasce interrotte di cartilagine laterale inferiore. Poiché l’effetto di tali suture diminuisce subito dopo l’intervento, analogamente diminuirà qualsiasi supporto da esse fornito alla punta, e il dorso cartilagineo verrà messo in forte evidenza.
Lo stesso dorso cartilagineo, composto dalla cartilagine triangolare e dal dorso settale, può contribuire a una malformazione del soprapunta, indipendentemente dalla posizione del apunta del naso. La stretta correlazione esistente tra le cartilagini laterali superiori e le ossa nasali ne produrrà uno spostamento in senso mediale a seguito di osteotomie laterali, con accavallamento sul setto e con l’instaurarsi di un dorso cartilagineo più prominente. E’ possibile che non si riesca a individuare la necessità di ridurre il dorso cartilagineo stesso nel paziente con cute nasale notevolmente ispessita, soprattutto se questa cute spessa è resa ancor più spessa dal trauma operatorio e dall’edema dovuto all’infiltrazione locale.
Molti dei suddetti fattori possono agire sinergicamente nel far sviluppare il becco di pappagallo cartilagineo. Se il chirurgo viene a trovarsi in presenza di un sanguinamento inusuale, o inietta una quantità eccessiva di anestetico locale, o ricorre a un’incisione a trasfissione completa con interruzione della fascia completa della cartilagine alare a seguito del metodo di messa a nudo in una persona con cute spessa, espone il proprio paziente a un eccessivo rischio che si verifichi questa complicanza postoperatoria.
 
PREVENZIONE DEL BECCO DI PAPPAGALLO CARTILAGINEO
 
La prevenzione chirurgica della malformazione detta "a becco di pappagallo" di tipo cartilagineo è ovviamente legata alle sue diverse cause.
In primo luogo, per ottenere una proiezione della punta consistente e prevedibile è indispensabile conservare tutti i possibili supporti della punta. Per mantenere il supporto è naturalmente da preferirsi il ricorso a un’incisione a trasfissione parziale, unitamente alla conservazione di una sufficiente continuità della cartilagini alari. Il ricorso alla tecnica della fascia interrotta, benché consenta in teoria una rotazione più accentuata e un maggior restringimento della punta, esige però che il chirurgo compensi la potenziale retroversione della punta con il sostegno dei puntelli columellari o con suture permanenti attraverso la cupola, in modo da ripristinare un supporto stabile e permanente punta-dorso.
In taluni casi, può essere opportuno sezionare il muscolo depressore del setto quando esso sia chiaramente iperattivo prima dell’intervento e tenda a produrre una retroversione della punta. Nella resezione della base alare è indispensabile mantenere un atteggiamento conservativo, onde evitare qualunque tensione sulla punta del naso. Per ottenere il risultato desiderato può bastare la riduzione della soglia della narice e del suo pavimento interno.
Se si vuole evitare una falsa proiezione della punta, si raccomanda da fare uso di volumi minimi di anestesia locale per infiltrazione. Praticamente in tutti i casi, compresi quelli che richiedono una settoplastica, noi iniettiamo all’incirca 10 cc di soluzione anestetica. Comprimendo di tanto in tanto l’edema e il sangue al di sotto della cute nasale con un tampone di garza e comprimendo con le dita si ridurrà al minimo il gonfiore e si faciliterà una diagnosi e un procedimento infraoperatori ardui. Ovviamente, anche una successione veloce degli atti operatori contribuirà a contenere l’edema. Un’energica pressione con le dita esercitata sulla punta all’angolo nasolabiale aiuterà il chirurgo a valutare meglio la reale entità della proiezione e del supporto della punta. Il ricorso a un metodo che non preveda, se possibile, la liberazione delle cartilagini laterali inferiori contribuirà a ridurre l’edema e l’eventuale cicatrizzazione. Altrettanto utile è evitare suture settocolumellari strette a grappolo.
Eseguire la rinoplastica facendo inizialmente attenzione alla punta e stabilendo successivamente la correlazione punta-soprapunta è probabilmente fondamentale ai fini del risultato estetico finale. Il chirurgo dovrà controllare e ricontrollare l’allineamento del profilo, praticando una riduzione progressivamente crescente del dorso cartilagineo, creando una leggera depressione al di sopra della punta per accentuarne la proiezione e nel contempo mantenere un profilo deciso e non cadente.
 
TRATTAMENTO
 
Una fasciatura prolungata, la pressione dorsale e le iniezioni con corticosteroidi non servono a niente ai fini della correzione chirurgica della malformazione del becco di pappagallo cartilagineo. Quando la diagnosi viene confermata dalla palpazione e dal controllo visivo, il trattamento consiste inevitabilmente nella riduzione chirurgica del dorso cartilagineo e dell’angolo settale anteriore, con una maggiore proiezione della punta se questa è inadeguata. Può rendersi necessaria un’ulteriore riduzione-scultura delle cartilagini in eccesso. A differenza di altre tecniche di revisione del naso, per le quali devono trascorrere da vari mesi a un anno prima di poter procedere a una correzione chirurgica secondaria, il becco di pappagallo di origine esclusivamente cartilaginea può essere corretto molto prima nel corso della fase postoperatoria.
Il dorso nasale viene messo a nudo con incisioni intercartilaginee, facendo la massima attenzione a dissecare esattamente nel piano sopracartilagineo immediato, onde evitare ulteriori traumi e non provocare cicatrici nei tessuti molli della soprapunta. In caso di eccessiva cicatrizzazione, tuttavia, si procederà alla rimozione nel modo meno traumatico possibile, tramite dissezione con un bisturi tagliente.
La cartilagine triangolare e settale dorsale in eccesso viene asportata, sotto controllo visivo diretto, per mezzo di una dissezione con un bisturi tagliente, iniziando dal rinion e procedendo caudalmente fin oltre l’angolo settale anteriore.
A questo punto si valuta nuovamente la correlazione punta-soprapunta tramite ispezione visiva e palpazione. Se occorre asportare un altro po’ di dorso cartilagineo, si procede alla sua riduzione. Se risulta una prominenza delle cupole cartilaginee alari, si procede alla loro riduzione. E’ indispensabile, in caso di inadeguata proiezione della punta, trapiantare un autoinnesto della punta o dei puntelli cartilaginei columellari, o ambedue, ed innesti cartilaginei di superficie. Tali procedimenti sono essenziali se alla malformazione del becco di pappagallo cartilagineo è abbinata un’effettiva ptosi della punta.
Dopo aver ripristinato un equilibrio nasale piacevole ed esteticamente normale, si chiudono tutte le incisioni e si applicano saldamente due strati di Gelfoam sui tessuti molli e sulla cute della soprapunta seguendo il nuovo allineamento del dorso cartilagineo. Per 7 giorni si mantiene una stessa Denver esterna. Raramente insorge la necessità di una depressione più prolungata tramite fasciatura del naso.
 
CONCLUSIONE
 
La malformazione del becco di pappagallo cartilagineo non si dovrebbe verificare se:
1. si reseca un dorso cartilagineo sufficiente a creare un rapporto punta-soprapunta esteticamente gradevole; e
2. viene assicurata una proiezione stabile della punta. Una falsa proiezione temporanea della punta nel corso dell’intervento, seguita da una ptosi della punta dopo di esso, può confondere il chirurgo, inducendo alla resezione di troppo poca cartilagine della soprapunta nel corso dell’operazione, il che produce successivamente un rapporto punta-soprapunta sgradevole.
La consapevolezza della dinamica infraoperatoria della rinoplastica, la conoscenza dei meccanismi di supporto e proiezione della punta, e la massima attenzione ai dettagli dovrebbero contribuire a rendere questo problema estremamente raro nelle mani di un operatore esperto e attento.
La correzione chirurgica richiede l’esposizione del dorso cartilagineo attraverso incisioni intercartilaginee, con resezione della cartilagine in eccesso. Per ottenere un rapporto ideale punta-soprapunta, una ptosi della punta di qualsiasi entità può richiedere una correzione con innesti di supporti columellari e di cartilagine della punta.

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Mensile di medicina e chirurgia
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