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G.PONTI*, P.SERAFINI, G.MELA**, S.FAMILIARI
* AIUTO DIVISIONE DI CHIRURGIA MAXILLO - FACCIALE OSPEDALE "S.CAMILLO" U.S.L. RM/1O
**OSPEDALE CIVILE DI SASSARI DIVISIONE DI ORTOPEDIA - PRIMARIO: PROF. F. SOTGIU
 
Biologia dell'innesto cutaneo
 
Quando si pratica un innesto cutaneo immediato o libero si stacca completamente dall'organismo una parte di tessuto cutaneo durante le operazioni di effettuazione del trapianto. La nutrizione dell'innesto è improvvisamente interrotta, così come i vari collegamenti (nervosi, vasomotori, ecc.) che governano la fisiologia del tessuto deI trapianto. La nutrizione ed il riadattamento dell'innesto avvengono a spese del nuovo ospite o dell'area ricevente. Le modificazioni strutturali subite dall'innesto fino al termine dell'adattamento al nuovo mezzo che lo circonda sono essenzialmente legate alla sua rivascolarizzazione e, in ultima analisi, ad un reinnervamento più o meno tardivo. Per sopravvivere l'innesto deve nutrirsi. Diversamente si verifica la degenerazione e la morte degli elementi cellulari nel giro di poche ore (sebbene in condizioni di congelamento idonee i trapianti cutanei si possano conservare per molte settimane fino al momento dell'applicazione).
Il ripristino della circolazione nell'innesto è stato studiato da molti autori ed è stato Goldman il primo a descrivere il modo in cui inizia, un processo che egli definisce di circolazione plasmatica. Pochi minuti dopo il trapianto i vasi dell'area ricevente si dilatano e provocano l' essudazione del plasma; contemporaneamente si verifica una migrazione leucocitica dall'area ricevente verso l'innesto; il plasma diventa fibrina, che oltre a fissare l'innesto alla base dell'impianto (si verifica circa cinque ore dopo l'applicazione dell'innesto) funge da 'blindatura' per la circolazione plasmatica e per la proliferazione della mammilla vascolare.
Per quanto riguarda il ripristino definitivo della circolazione tra l'area ricevente e l'innesto, ovvero la continuità vascolare tra di loro, per molto tempo le opinioni sono state divergenti; secondo Goldman e Garrè, la circolazione del sangue riprende grazie alla crescita dei vasi capillari dell'area ricevente senza alcun supporto dei vecchi vasi dell'innesto (che degenerano completamente).
Marchant e Ederlen ritengono importante la rivascolarizzazione dell'innesto per la sopravvivenza delle isole endoteliali dei vasi degenerati. Jugengel credeva nell' anastomosi dei vasi dell'innesto con quelli del nuovo ospite. David e Traut hanno studiato sperimentalmente nei cani il ripristino della circolazione di innesti cutanei interi liberi e spessi, arrivando a precise conclusioni; essi dimostrano che la rivascolarizzazione in questi innesti avviene tramite meccanismi che si completano e si succedono ad altri nel tempo;
a) per anastomosi vascolare tra l'ospite e l'innesto (che essi riscontrano dopo 22 ore dall'innesto),
b) per crescita dei vasi capillari dell'ospite nei vecchi vasi del trapianto, e
c) per invasione capillare dell'innesto dall'area ricevente, con formazione di una rete di capillari nell'innesto, più grande di quella che esisteva in precedenza.
 
Raul e Vivoli hanno anch'essi ripetuto la sperimentazione sul cane di David e Traut, arrivando alle stesse conclusioni. Gli innesti venivano posti direttamente sul muscolo della parete dell'addome, fissati con suture. Le operazioni venivano ripetute ad intervalli regolari in modo che tra gli innesti vi fosse una differenza di 1-21 giorni. Gli ultimi trapianti venivano separati l'uno dall'altro nel giro di 24 ore, e al termine dell'esperimento ad ogni animale veniva iniettato dell'inchiostro di china (nero) nel cuore, per poi essere immediatamente uccisi.
Un tema di notevole interesse è rappresentato dai cambiamenti degenerativi che si verificano nell'innesto contemporaneamente alla rivascolarizzazione, come abbiamo potuto verificare sperimentalmente anche sui cani e con la tecnica di David e Traut e di Raul e Vivoli, iniettando post-mortem nell'aorta una soluzione di carminio indaco in paraffina, invece dell'inchiostro nero. Come per la cicatrizzazione della ferita, anche in questo caso coesistono il processo distruttivo o degenerativo (equivalente alla fase di disassimilazione nella cicatrizzazione delle ferite) ed un processo riparativo od assimilativo che prevale dopo alcuni giorni. La durata dei cambiamenti degenerativi è variabile, essendo dipendente dallo spessore dell'innesto, poichè mentre negli innesti cutanei 'split' si può accertare dopo sette giorni dal trapianto che vi siano solo fenomeni rigenerativi, questo non accade nei trapianti di pelle totale dove anche dopo molti giorni e possibile osservare i resti del processo degenerativo.
I cambiamenti morfologici sono già riscontrabili poche ore dopo aver effettuato l'innesto. L'epidermide è leggermente il derma è edematoso; tra l'innesto ed il suo letto vi è una grande infiltrazione leucocitica che segna l'invasione degli strati profondi del derma.
Dopo 48 ore la disidratazione dell'epidermide e l'edema del derma sono molto evidenti. Con il passare dei giorni l'infiltrazione continua ad aumentare nel derma, e si manifesta essenzialmente nei vasi di nuova formazione che lo hanno invaso. Le fibre elastiche sono atrofizzate ma non scompaiono del tutto in quanto sono parzialmente sostituite dal tessuto fibroso. Tutti i cambiamenti nelle fibre elastiche sono molto lenti. In seguito anche il tessuto elastico può rigenerarsi e questo processo termina dopo un anno/un anno e mezzo, sebbene la rigenerazione acquisti una struttura disordinata molto diversa da quella pre-esistente. Il doppio processo di degenerazione e rigenerazione raggiunge naturalmente gli annessi cutanei, ovvero ghiandole e follicoli piliferi, anche se questi ultimi possono atrofizzarsi fino a scomparire.
 
In breve, dopo aver inserito l'innesto cutaneo libero, la rivitalizzazione ha luogo in tre fasi:
1. fase della circolazione plasmatica, che comprende le prime 24 ore (a volte le prime 48) in cui la nutrizione del trapianto viene effettuata esclusivamente a spese della trasudazione plasmatica dei vasi capillari dilatati dell'area ricevente. Dopo 5 ore circa il plasma trasformato in fibrina fissa provvisoriamente l'innesto al nuovo letto e funge contemporaneamente da sostegno ed aiuto per l'invasione leucocitica e la progressiva formazione dei vasi neocapillari.
2. Fase di vascolarizzazione in cui la circolazione viene ripristinata a spese dell' anastomosi tra l'endotelio vascolare che avanza, ed i vasi pre-esistenti nell'innesto. I vasi del derma che dopo le prime ore non ricevono il capezzolo di neoformazione vascolare degenerano completamente (Davis e Traut). Dal secondo al terzo giorno i vasi capillari dell'ospite non anastomizzato con quelli preesistenti nell'innesto penetrano in quest'ultimo provocando un forte aumento della circolazione del sangue mentre le ghiandole degli annessi e l'epitelio cominciano a mostrare segni di attività.
3. Fase di organizzazione (o di unione organica). Verso il quarto o quinto giorno lo strato di fibrina e leucociti viene invaso e sostituito dai fibroblasti che entrano in connessione con gli elementi fibroblastici dell'innesto raggiungendo un'unione stabile e completa attorno al decimo giorno. Questo tessuto connettivo provoca la retrazione maggiore o minore dell'innesto. Dopo il settimo giorno la circolazione del sangue e abbastanza definita, e l'innesto assume un tono rosato visibilmente gradevole.
Finora abbiamo illustrato il concetto fisiopatologico ovvero la spiegazione dei fenomeni dovuti al processo di rivitalizzazione dell'innesto libero o immediato. Si tratta solamente di uno schema generico, dato che il risultato del processo biologico di riadattamento e di rivascolarizzazione dell'innesto dipende da numerose circostanze, anche rispetto agli innesti praticati sullo stesso soggetto.
La tensione dell'innesto può indubbiamente influenzare la sua fisiopatologia e merita pertanto di essere discussa. David e Traut ritengono che quando i vasi capillari sono appiattiti, 1e cellule della linfa non vi possono penetrare e provocano perciò un danno alla nutrizione. Per questo motivo sconsigliano l'uso delle forbici nella preparazione dell'innesto di pelle totale. Per lo stesso motivo Fomon, Brown e McDowell, e la maggior parte degli autori che se ne sono occupati, sottolineano l'importanza del grado di tensione degli innesti liberi per ottenere una rivascolarizzazione rapida e completa; tensione che dovrebbe essere molto simile a quella dell'innesto nel letto originario.
Abbiamo studiato clinicamente questo punto specifico, ovvero la tensione degli innesti liberi o immediati, e siamo arrivati a conclusioni discordanti. Abbiamo verificato che per gli innesti di pelle totale la tensione ideale è quella più simile alla tensione del letto originale ovvero dell'area donatrice; cerchiamo in tutti i per questo motivo quando si pone 1'innesto sul nuovo letto , quando questo riprende 1a sua tensione normale 1a maggioranza degli orifizi vascolari lacerati ed appiattiti dalle forbici tornano allo stato normale, proprio grazie alle fibre elastiche rimesse sotto tensione.
Abbiamo più volte osservato e verificato che per gli innesti split sottili (innesti di Thiersch) non si può parlare di tensione eccessiva poichè tali innesti possono essere suturati al massimo grado di tensione senza causare lacerazioni. L'idea che 1a tensione eccessiva di uno strato di perle possa essere la causa della necrosi e totalmente infondata in questo tipo di innesto. Al contrario, abbiamo verificato più volte che la forte tensione dell'innesto split sottile assicura maggiori probabilità di successo. E crediamo che sia particolarmente indicato nei casi in cui altri fattori di infezione locale, condizioni generali precarie, ecc.) paiono offrire limitate prospettive di successo.
 
Come si spiega questa osservazione clinica: a nostro avviso la spiegazione fisiopatologica è la seguente:
1) negli innesti split sottili (innesti di Thiersch) la fase della circolazione plasmatica o interstiziale è la più importante, non solo durante le prime ore dopo il trapianto, ma anche nei giorni seguenti fino a quando l'innesto non si è completamente adattato al nuovo letto.
Questi innesti sottili sono praticamente avascolari, poiche l' epidermide non ha vasi ed il derma papillare (l'unica parte del derma che entra nella sua costituzione) è costituito da vasi capillari estremamente semplificati e delicati formati da cellule endoteliali unite a stento da uno strato molto fine di tessuto connettivo che alterano facilmente la loro struttura poche ore dopo l'operazione.
D'altro canto il plesso subpapillare totalmente o parzialmente incluso nell'innesto, a causa della disposizione anatomica parallela verso la superficie cutanea, rende di per sè difficile l' anastomosi vascolare tra l'area ricevente e l'innesto sottile che è stato collocato.
In questi casi la circolazione del sangue riprende essenzialmente a spese dei vasi neocapillari che successivamente invadono il trapianto (tra il secondo ed il terzo giorno). Ciò spiega perchè la forte tensione dell'innesto non danneggia la nutrizione ma, al contrario, la favorisce, poichè gli spazi interstiziali aiutano più efficacemente la circolazione plasmatica
2) negli innesti split spessi (innesti di Padgett), formati da una larga parte del derma o corion spesso, la circolazione plasmatica, come abbiamo detto (e secondo la maggioranza degli autori) e insufficiente a mantenere e ripristinare l'equilibrio circolatorio e perciò provvede solo provvisoriamente e precariamente a conservare la vitalità del trapianto Qui l' anastomosi vascolare tra il plesso ipodermico e quello subpapillare sono state sezionate al momento della separazione dell'innesto, ed hanno una direzione più o meno obliqua su una linea perpendicolare rispetto al piano cutaneo. Questi vasi alquanto differenziati posseggono alcune fibre muscolari che li rendono più consistenti ed idonei a ricevere all'interno la gemma angioblastica dell'ospite (anche per via della direzione anatomica), ed anche ad essere direttamente anastomizzati con i vasi della medesima In questi casi è logico che una tensione eccessiva possa ledere l' anastomosi o la progressione angioblastica nei vasi precedenti dell'innesto, quando la direzione obliqua viene sollecitata restringendo o addirittura annullando il lume vascolare. Lo squilibrio circolatorio che si verifica durante la circolazione plasmatica di questo tipo di innesto diventa molto efficace con la comparsa di un edema del corion che permane fino al completo recupero della circolazione sanguigna, ed a volte anche dopo.
3) negli innesti di pelle totale (innesti di Wolfe - Krause), la fase della circolazione plasmatica ha un'importanza relativa ed è solo provvisoria. I vasi ipodermici hanno delle fibre elastiche oltre a quelle muscolari, ed è difficile distinguere le arterie dalle vene. Il Successo di questi trapianti dipende essenzialmente dalla circolazione sanguigna tramite anastomosi diretta dei vasi dell'ospite e dell' innesto prima, e dell' invasione angioblastica poi. La tensione dell' innesto , come indicato da Davis e Traut, dovrà essere il più simile possibile a quella del letto originale.
 
In breve possiamo dire:
A) la tensione dell' innesto di pelle libera è inversamente proporzionale al suo spessore; tanto più sottile è l'innesto, tanto maggiore può essere la tensione senza danno alcuno per la sua vitalità.
B) Il disequilibrio circolatorio esistente specialmente nella fase di circolazione plasmatica è difficilmente osservabile negli innesti sottili ad indicare la presenza di una circolazione plasmatica sufficiente in questo tipo di innesto.
L' area esposta destinata a ricevere l' innesto può essere preparata chirurgicamente oppure può essere una superficie granulante. Nel primo caso esistono anche due fattori contingenti: la presenza di una zona con vitalità ed aspetto normale oppure al contrario tessuti con una circolazione dubbia o carente.
 
Senza dubbio lo stesso tipo di innesto posto su tre aree riceventi in condizioni biologiche tanto diverse subisce processi fisiopatologici ugualmente diversi ed il risultato finale sarà anch' esso diverso.
1) se l'area ricevente è stata preparata chirurgicamente e presenta condizioni normali di circolazione aspetto ecc. l'evoluzione biologica dell' innesto sarà quella precedentemente spiegata.
2) se nonostante la preparazione chirurgica vi sono dei motivi per cui l' estirpazione totale de! tessuto sclerotizzato diviene impossibile o esiste una parte esposta di osso senza periostio (che difficilmente si può coprire con un lembo cutaneo) le condizioni circolatorie decisamente carenti invitano alla prudenza nella scelta del tipo di innesto da usare.
In generale, gli autori sono d' accordo nell' asserire che gli innesti liberi o immediati possono mettere radici in qualsiasi tessuto organico eccetto i tendini senza guaina e le ossa senza periostio; e noi affermiamo che non esistono eccezioni. In base alla nostra teoria o piuttosto alla spiegazione fisiopatologica della "circolazione plasmatica sufficiente" per gli innesti 'split' sottili, abbiamo messo questo tipo di innesto su tali tessuti anche sull osso eburneizzato senza periostio, ottenendo in tutti i casi la guarigione totale della lesione. Ciò conferma ulteriormente quanto più volte verificato da noi stessi: affinchè possano essere vitali, questi innesti split sottili non hanno bisogno del ripristino immediato della circolazione del sangue, poichè la circolazione plasmatica è di per sè sufficiente per un periodo di tempo relativamente lungo.
Tuttavia, è naturale che la circolazione del sangue debba prima o poi riprendere in modo che l'innesto non vada perduto; ma può raggiungere una piccola parte dell'innesto split sottile (messo, ad es., in parte sull'osso eburneizzato) a spese della circolazione precedentemente ristabilita nel resto dell'innesto posto su una zona ben vascolarizzata. Ciò spiega anche il fatto che un ampio strato di pelle sottile (innesti di Thiersch) posto su una superficie esposta in cui esiste una piccola zona devitalizzata può "attecchire" completamente, mentre gli innesti ad isola (Reverdin e Davis) in una zona avascolare non attecchirebbero.
 
3) se l'area ricevente è formata da una superficie granulante, e quindi infetta (anche se clinicamente può apparire pulita), il processo biologico di rivitalizzazione dell'innesto diventa più difficile, soprattutto quando per via di circostanze particolari (stato generale, anemia, ecc.) non è consigliabile praticare il taglio dell'innesto prima di dette granulazioni. In questi casi, l' innesto spesso è predestinato al fallimento per cui dobbiamo applicare innesti che richiedono condizioni circolatorie minime per sopravvivere, ovvero gli innesti a "circolazione sanguigna sufficiente".
La pressione sull'innesto costituisce di per se un fattore importante da considerare in relazione alla biologia dell'innesto inserito da poco tempo.
 
Esiste una pressione che possa essere eccessiva per l'innesto? Come per la tensione, anche in questo caso occorre distinguere:
a) rispetto agli innesti sottili con "circolazione plasmatica sufficiente o preponderante" possiamo rispondere categoricamente che una forte pressione non causa alcun danno;
b) per gli innesti split spessi e quelli di pelle totale, nei casi in cui sono stati posti su una superficie dura (fronte, cranio, tibia, ecc.) la forte pressione può rivelarsi eccessiva in quanto ostacola l'irrigazione vascolare dell'innesto dall'area ospite, anche se in pratica grazie alla medicazione chirurgica raramente la pressione diventa eccessiva.
La forte pressione sull'innesto è necessaria per garantire il successo del trapianto? Spesso e consigliabile, ma crediamo che gli ottimi risultati ottenuti con questa pratica non siano necessariamente dovuti alla pressione in sè, quanto all'immobilizzazione. Teoricamente la pressione sull'innesto serve a prevenire la formazione di raccolte sieroematiche sotto l'innesto stesso che lo scollerebbero impedendone il nutrimento; quindi, in condizioni di riposo e immobilità assoluta dell'area ospite, una leggera pressione si rivela sufficiente (un po' più forte della pressione sanguigna dei capillari) per ottenere il risultato.
L'ideale consiste nell'abbinare entrambi i fattori in modo tale che insieme alla pressione sufficiente vi sia un'immobilizzazione assoluta. Un grosso passo avanti in questo senso è stato fatto da Blair e Prown con l'introduzione dello "stent dressing" (= medicazione con strumento di sostegno degli innesti cutanei) che più che fissare l'innesto all'area ospite, attacca e fissa l'ospite all'innesto, impedendo così una pressione eccessiva sull'innesto e quindi sui tessuti profondi.
L'unico inconveniente è che può essere applicato solo quando l'innesto non e molto esteso; ma la sua utilità è grandissima, specialmente per l'applicazione dell'innesto di pelle totale.
La temperatura è un altro fattore che può alterare il processo biologico di adattamento e rivitalizzazione dell'innesto. A livello sperimentale e clinico molti autori hanno provato l'azione benefica del freddo per l' attecchimento degli innesti. D'altra parte sappiamo che la circolazione periferica è attivata dal calore ed anche che gli innesti attecchiscono meglio sulle superfici ben vascolarizzate. Come si possono riconciliare questi fatti apparentemente contraddittori tra loro? Prima di tutto bisogna ricordare che mentre l'azione del freddo ritarda e perfino paralizza il metabolismo dei tessuti, il calore accelera e potenzia i processi metabolici in genere. Quindi, considerando il doppio aspetto fisiopatologico che si ha dopo l'applicazione dell'innesto, ovvero i processi di distruzione o degenerazione, si può facilmente dedurre che tutti vengono accelerati o ritardati con l'applicazione del calore o del freddo. Allora, poichè i primi giorni dopo il trapianto sono caratterizzati da fenomeni degenerativi, più che nei giorni successivi, l'azione del calore può essere dannosa in un primo momento. L'innesto più spesso, oltre ad aver bisogno di maggiori requisiti circolatori, è caratterizzato da una fase degenerativa più lunga, e spesso si possono verificare fenomeni di questo tipo anche dopo la prima settimana.
 
In breve, possiamo dire:
a) che tanto più spesso è l'innesto, tanto più benefica risulta l'applicazione del freddo;
b) che l'innesto che sembra non essere influenzato da una temperatura elevata è quello molto sottile (con "circolazione plasmatica sufficiente"), per il fatto che l'equilibrio circolatorio con l'area ospite si ristabilisce in fretta e quindi la durata del processo degenerativo è molto ridotta (rispetto ad altri tipi di innesto).
 
L'ideale è di riuscire ad agire contemporaneamente ed in modi diversi sull'area attivando la circolazione dei fenomeni riparativi della sede (tramite calore) agendo sull' innesto libero (tramite il freddo) controllando i fenomeni degenerativi fino a quando non termina l'invasione angioblastica proveniente dalla zona ricevente.
 
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Mensile di medicina e chirurgia
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