Editrice SOPI - Roma
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di Aldo Bagli da Nuovo Sound n. 35 - 21 ottobre 1976
 "Voglio esistere con le mie ambiguità"
IO, RENATO ZERO

Aldo Bagli è stato con me tutta la sera ed è successa una cosa insolita per lui: da intervistatore è stato intervistato. Non mi piace nel modo più categorico perdermi in confidenze anagrafiche o nelle lusinghe dei miei progetti futuri.
E' vero mi chiamo Renato Zero, ma non sono un numero... voglio soltanto esistere con la mia ambiguità, le mie contraddizioni, i miei vizi e la mia semplice libertà. L'unica cosa che chiedo al palcoscenico, alla mia musica, alla mia casa discografica, al mio pubblico, è di lasciarmi vivere per realizzarmi e per scoprire magari, di non aver buttato via il tempo riuscendo in qualche modo a dare un senso alla mia vita e con molta presunzione, a quella degli altri.
É' estremamente facile oggi, chiamarsi un'artista. Però Hit-Parade, il cachet delle serate, la popolarità gratuita, non aiutano il professionista ma il professionista deve, se non vuole rimanere un semplice "impiegato della musica" presentarsi non più di fronte ad una massa che credeva idiota ma con la certezza che se c'è un idiota quello può essere l'artista stesso.
Non ho mai partecipato ad un festival politico perché avrei guadagnato troppo.
Non conosco nessuno di nome Bowie, se esiste non ha i miei occhi, la mia età e i miei problemi.
Non sono soltanto fondo tinta, vestiti pazzi e ambiguità: ho anche un'anima.
Non credo nel modo più assoluto che il pubblico italiano sia impreparato e sottosviluppato se accetta e condivide le mie idee: aggiungo che, a parte mio padre c'è moltissima gente che viene ai miei spettacoli.
Non credo sia importante avere più di un figlio e meno di 30 pillole in casa. Io? Non ho problemi, so già che andrebbero aiutati i figli, quelli che praticamente partoriti oggi sono soli, drogati, condannati ingiustamente. Io canto soprattutto per loro, anche perché io non posso avere figli, sono stretto di bacino. Non spaventatevi: ho appena cominciato: sono stato troppo tempo costretto al silenzio: il vino toscano e l'amicizia stasera mi danno il diritto di dire.
Che cosa significa la mia esistenza sulla scena? E' presto detto. Sono undici anni che ho scelto il palcoscenico al cartellino. Da allora mi autogestisco. Mi scrivo le canzoni me le canto, me le suono me le ballo.
Come nascono le mie canzoni? Nelle strade sulla bocca e negli occhi di quelli che come me hanno scelto la vita ed il rischio.
Certo che mi diverto a sperimentarmi al Sistina e nei posti altolocati là dove fra le pellicce di leopardo (prese in affitto) mi rendo conto di come si può riuscire a riesumare vecchie cariatidi abbandonate dal tempo.
 

(Renato Zero)

 
In una fredda serata d'autunno, nel bar che è diventato il ritrovo per eccellenza dell'ambiente musicale, abbiamo incontrato quello che da molti è stato ingiustamente definito come il figlio più stravagante e bizzarro della canzone italiana: Renato Zero.
Mai, però, etichetta del genere è stata indossata dall'etichettato come nel nostro caso; infatti Renato, al di là dai suoi trucchi e delle sue 'coreografie', è un essere umano che è riuscito ad esprimersi, a tirar fuori una buona parte di quello che aveva dentro, un uomo che ridicolizza ed ha ridicolizzato continuamente le sue frustrazioni quotidiane. In poche parole un 'vero' al di là di tutte le sue finzioni: anzi gli abiti lucenti ed il fondo tinta sono suoi elementi primari di realizzazione come per lo scolaro i libri, per la casalinga le pentole (in questo caso non tanto) e per il giornalista la macchina da scrivere. Non vogliamo dal canto nostro aggiungere di più e lasciamo la parola al diretto interessato.
"Se sono riuscito a diventare Renato Zero, lo debbo soprattutto a me stesso. Grazie alla mia attività frenetica in principio mi hanno scoperto due persone, poi tre e attualmente, ogni sera, tremila. E' dagli inizi degli-anni sessanta che sono uscito per strada. In quel periodo per me era molto più difficile, perché la gente non era ancora abituata a certi discorsi visivi, c'era molto più conformismo, e per avere la meglio sul palco bisognava veramente lottare, stringere i denti. Ma di solito per questo non c'erano molti problemi':
Domanda - Ci damo già visti verso giugno, quando eri al Teatro Tenda e presentavi degli spezzoni del tuo nuovo show 'Trapezio'. Sappiamo cha hai avuto un'estate abbastanza ricca di impegni. Quindi ci dovresti fornire un resoconto.
Risposta - E' stato un grande successo.. Quello che tu hai veduto a Roma, non era il vero Trapezio, al massimo poteva essere una serie di provini. Anche gli attori in gran parte sono stati cambiati. 'Trapezio' non è altro che la rappresentazione di una Broadway fallimentare, in decadenza, dove tutti i personaggi, alla fine dello spettacolo si scoprono meno artisti, ma più esseri umani, forse anche perché sconfitti. In generale il Trapezio è il circo, la scena della vita. Per un acrobata il momento più importante della serata è quando lascia la piattaforma, stacca i suoi piedi dalla terraferma e si lancia nel vuoto. Se afferrerà il trapezio sarà un vincitore, un realizzato, in caso contrario... E' una scelta che dura una frazione di secondo, e proprio per questo è fondamentale, Questo succede anche nella vita quotidiana. Prima o poi a tutte le persone si presenterà l'occasione di lanciarsi nel vuoto: quante lo faranno, quante avranno il coraggio sufficiente? I realizzati, gli espressi fino in fondo, per me sono coloro che si sono tuffati nel vuoto, che hanno rischiato. Ho portato in giro per tutta l'Italia questo spettacolo e per la prima volta (ad un certo livello) sono andato anche nel Meridione. E mi sono trovato di fronte un pubblico eccezionale, che aveva una voglia di partecipare veramente incredibile. Penso che tornerò sicuramente da quelle parti.
D.- Manchi da molto tempo da una sala di registrazione: Come mai?
R.- Ho appena finito di incidere un mio nuovo disco che si chiamerà, quasi ovviamente, 'Trapezio'. L'album è nato quest'estate dai tanti concerti che ho tenuto, ed è il frutto del rapporto che ho cercato di instaurare con il mio pubblico. Ti dirò che è stata proprio la gente che ho incontrato ogni sera a spingermi ad entrare in sala di registrazione. Io non amo fare molti dischi. L'importante è quello che si vuole dire e quindi il dialogo tra la gente, tra gli esseri umani. La musica non è fondamentale, al limite potrebbe considerarsi come uno sfizio personale, una mania.Ti voglio raccontare cosa mi è successo a Zocca, un paesino vicino Modena. Poiché sono il finanziatore di tutti i miei spettacoli, non ho attrezzature che costano miliardi. Quella sera, dopo una canzone è saltato completamente l'impianto elettrico, ed io sono rimasto sul palco ugualmente per un'ora e mezzo. Cosa ho fatto?..... Niente di speciale, ho parlato, ho aperto un dialogo, nient'altro.
D. - Qualcosa di più sul tuo nuovo disco...
R. - Vuoi avere qualche anticipazione sui brani? Eccoti accontentato. Ti parlerà di quelli che ricordo più volentieri. "Hanno arrestato Paperino", cioè la salvezza della nostra antica giovinezza che è stata messa in galera per spaccio e detenzione, oppure "Il caos" che prende in considerazione l'incomunicabilità tra le persone. Vedi, per me le cose sarebbero molto più semplici se si uscisse in venti e non in due, mano nella mano, oppure soltanto con l'amico d'infanzia. Ma la canzone che più mi appartiene è senza dubbio "Salvami": ed è dedicata a tutte le persone che battono la strada tutta la vita alla ricerca di un io. Per me la strada è la casa più bella che un uomo possa avere. Inoltre per dare un senso di continuità alla mia storia ci sono due miei pezzi vecchi: 'Inventi' e 'No, mamma no! '

D. - E dei tuoi colleghi cantautori cosa ci dici?

R. - Il discorso va affrontato da lontano. E' ora di finirla con le tournée che non hanno senso. Ad esempio vorrei collaborare con gente sul tipo di Dalla e di Gaber, perché li ritengo dei veri artisti. Almeno due, tre volte all'anno ci dovremmo riunire tutti quanti per dare vita a dei concerti gratuiti, che siano l'inizio di un discorso musicale veramente alternativo. Andare sul palco e fare il pugno chiuso ormai non basta più.

D.- Molti ti hanno paragonato a David Bowie…

R. - Io sono un cittadino italiano e non ho niente a che fare con lui. Ora non si trucca più, quindi non vedo in cosa possiamo essere simili. Semmai il mio vero ispiratore, l'artista a cui io somiglio maggiormente è Petrolini, un grande talento messo a completa disposizione del suo pubblico. Nel campo musicale, un Petrolini attuale o senza dubbio Adriano Celentano, per via delle sue trovate, del modo di dialogare che ha con la gente.

 

D.- Hai intenzione di portare ancora in scena 'Trapezio'?
R. - No. I miei progetti mi vogliono da solo sulla scena...
D. - Sempre con le basi registrate ?
R.- Per ora sì. Ma voglio lanciare dalle colonne di Nuovo Sound un appello. Se esiste ancora qualche ragazzo di buona volontà, e pieno di grinta e che sappia suonare decentemente, venga alla RCA, Via Tiburtina, Km 12. Roma.
D. - Stavamo dicendo delle tue decisioni 'sceniche'.
R. - Da ora in avanti comparirò sul palco da solo. Farmi accettare dal mio pubblico, per me è la cosa più importante. Se un giorno comparirò nudo e loro mi vorranno ancora, mi potrò ritenere soddisfatto.
D.- Finora abbiamo parlato del tuo presente e del tuo futuro. Ci potresti ora tracciare una breve schedina biografica che ci illustri il tuo passato?
R.- Tu mi chiedi di farti una schedina per ricordare le tappe più significative della mia vita ed io ti rispondo che se una schedina c'è, va sì ricordata, perché è il mio passato, ma va anche dimenticata; domani è importante. Quindi l'unica schedina che ho voglia di fornirvi è questa: 1, 1, 2, 1, 2, 2, X, X, 1, 2, 1, X, X; con l'augurio di un bel tredici.

 

Aldo Bagli

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