Di Gloria Barberi supporter n. 3107
Genova, 15 novembre 1978
Non avevo mai assistito ad uno spettacolo dei Pooh e, in tutta sincerità, ammetto che non credevo molto alla validità del loro discorso. Non mi scrivano subito nel "libro nero" i fans di questo gruppo. Voglio dire che semplicemente ritenevo i Pooh dei produttori di easy listening di buon livello, ma lontani da ciò che io "pretendo" da un gruppo od un solista. Pentita e ravveduta. E veniamo alla cronaca di questa 'conversione'.
Mercoledì 15 novembre, teatro Universale, Genova, all'incirca le tre e mezzo del pomeriggio. "Vado o non vado?" mi sono amleticamente chiesta per tutta la mattina, poi la curiosità per certe cose intraviste alla TV mi ha fatto decidere. Ci sono anch'io, in una piccola folla eterogenea. Parecchie ragazzine, signore non proprio giovanissime, qualcuna con i figlioletti di sei &endash; sette anni, qualche coppia, e lo spettatore più inaspettato e certamente più simpatico: un 'nonnino' più vicino ai settanta che ai sessanta.
In un angolo dell'atrio ci sono gli amici di Nuovo Sound con la loro bancarella che espone copie del giornale, i cappellini impermeabili, e le maglie con il nome del complesso. Questa è un'atmosfera che mi è sempre piaciuta, non saprei per quale particolare ragione.
Poi è il momento di entrare in sala; molto ordinatamente, e quei poliziotti che sono lì in attesa di autoriduttori che non verranno, non hanno motivo di intervenire.
Il palco, dove ancora alcuni ragazzi stanno finendo di sistemare gli strumenti, offre la vista di una imponente batteria 'alata' che darà pretesto a due tipi seduti dietro di me per disquisire sulle 'megalomanie' dei batteristi da Carl Palmer a Taylor dei Queen passando per Stefano D'Orazio 'incriminato' per quelle ali dai colori fluorescenti.
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Basta con le chiacchiere, è il momento della musica! La prima razione ce la offre Marras, cantautore sardo per cui è doveroso spendere qualche parola e rubare un po' di spazio ai Pooh. Le canzoni presentate sono tratte dal suo ultimo (e unico come lui stesso tiene a precisare) album, intitolato "Fuori campo". Marras non ama lanciar messaggi né spiegare le proprie canzoni. "Si spiegano da sole &endash; dice &endash; e se voi non capite non è colpa vostra, ma mia che mi sono espresso male". Ma il linguaggio usato è chiaro, ironico &endash; amaro come nella già nota 'Serata tragica', con spunti musicali interessanti, un po' al di fuori del 'genere cantautore' soprattutto in 'Plancton'.
I Pooh arrivano nel buio più completo, e dalle prime battute è già spettacolo. Fumo candido che viene incontro alla platea sul filo delle luci intermittenti, la scritta luminosa che sorge come un sole da dietro la batteria. Il tutto è molto accattivante, bisogna riconoscerlo, e l'atmosfera è subito creata. Ma a questo punto ci mette lo zampino la sfortuna. Il tempo di una canzone e il polymoog di Roby entra in sciopero: sciopero a 'circuito selvaggio', silenzio totale. Red si scusa, ma è necessaria una pausa per sostituire lo strumento. Una decina di minuti durante i quali, malgrado la 'suspence' il pubblico si comporta molto educatamente, e poi il concerto può riprendere senza intoppi. I lasers si accendono a formare cerchi, prismi, imbuti di luce verde con il fumo che crea effetti di nuvole, e i riflettori inventano sul palco giorno, notte, albe e tramonti, con una scelta di colori veramente azzeccata.
"E tu che non ci credevi ". Mi sgrido, e intanto ascolto Dal vivo, la loro musica vede attenuarsi quell'atmosfera un po' 'aerea' presente in tutti i dischi, in favore della grinta che conferisce maggior spessore alle canzoni. Dal cielo ('Lindbergh' a colloquio con la luna) alla terra ('Pronto buongiorno è la sveglia') in perfetto equilibrio, come in questo light-show che degli effetti speciali fa sì uso, ma non abuso, particolare di estrema importanza. Personalmente preferisco le parti musicali dove i Pooh, svincolati dalla limitante metrica italiana, possono esprimere al pieno le loro capacità di musicisti. Così, finito il concerto, mi viene voglia di parlare con qualcuno di loro, specie in merito a quel piccolo incidente in apertura. Vado a supplicare uno dei ragazzi che stanno ai mixers.
"Scusa, io sono supporter di Nuovo Sound". Potrei parlare con qualcuno dei Pooh?".
Non so quanto posso essere convincente con il mio abbigliamento di jeans sdruciti, occhiali alla Elton e borsa che potrebbe nascondere un mitra da tanto è grossa. Però funziona.
"Aspetta qui".
Fuori dalla porticina del retropalco. Ma non sono la sola. Cacciatrici di autografi, un tale di una radio privata, una che dice di lavorare per un giornale Che speranze ho di scambiare due parole con calma? Decido in un attimo di follia. Mi piazzo in faccia una bella maschera di bronzo e passo la porticina. Tanto, più che un "Via!" urlato con ferocia non posso prendermi.
Intervista sulle scale
Nessuno mi ha cacciata via, a differenza del gruppetto che fuori inneggiava "Vogliamo i Pooh, vogliamo i Pooh!". Ed è stato disperso senza troppa gentilezza. E adesso è un po' che sono qui in attesa, davanti alla scala che porta, credo, ai camerini, tra casse destinate a contenere parte del materiale usato in scena, e accanto al polymoog rotto. Ma alla fine la mia pazienza è premiata, arriva Roby, e se ha tempo e voglia di fare due chiacchiere Sì? Sì.
Come ci si sente quando capitano incidenti come quello di oggi?
"Certo che non è divertente, e poi essendo capitato a me mi sono pure un po' innervosito ".
E Roby mi spiega come però sia inutile prendersela in certi casi, trattandosi di macchine cui non si possono imputare responsabilità. Comunque era la prima volta che succedeva un guasto tale da impedire il proseguimento del concerto.
Che ne pensi del pubblico genovese? &endash; chiedo un po' ingenuamente.
"Bene naturalmente, dato anche come si è dimostrato comprensivo".
Anche se non eravamo proprio tanti, mentre certamente stasera ci sarà tutta Genova, preciso, e Roby ride.
"Abbiamo voluto includere questi spettacoli pomeridiani apposta per dar modo di assistervi a chi la sera non può venire per diverse ragioni".
Come me che abito fuori città, ed è un'idea che non si può che apprezzare. Infilando una gaffe dietro l'altra proseguo chiedendo se erano già stati a Genova e Roby si stupisce che non me ne ricordi, anche se è stato due anni fa. Molto umilmente spiego allora quanto ho già detto in apertura e cioè che non credevo molto nei Pooh. Meno male che ci ride sopra. Riferendomi ad una interminabile polemica scoppiata dalle pagine di Nuovo Sound
Che cosa ne pensi del punk?
"Lo considero soprattutto un fatto di costume, perché musicalmente non porta niente di nuovo, infatti il rock eseguito da questi gruppi è di quello più elementare".
Ma se i Pooh nascessero oggi, potrebbero essere punk?
"Perché no?".
Quando avete deciso di utilizzare certe trovate sceniche non avete temuto che qualcuno potesse accusarvi di ricercare l'effettaccio fine a se stesso? &endash; chiedo, ma la risposta avrei anche potuto prevederla -.
Roby crede nello spettacolo come compendio e illustrazione della musica, e non come 'copertura' della stessa, e mi racconta di come sia capitato di doversi esibire anche senza effetti speciali ottenendo identico successo.
Potrei fare ancora mille domande, ma si è fatto tardi e mi spiace rubare tempo a chi fra meno di tre ore dovrà di nuovo trovarsi a sudare su un palco. Perciò un saluto e una stretta di mano.
Grazie, Roby.
"Grazie a te".
E questo mi fa sentire molto lusingata.
Fuori dal teatro mi prendo sguardi biechi dalle cacciatrici di autografo ancora in paziente attesa delle loro 'superstars'.
Ecco la domanda che avrei dovuto fare! Se proprio per l'apparato scenico che li circonda, i Pooh si rendono conto di essere un 'gruppo superstar'. Ma certo che sì, visto i consensi che ottengono.
Ma vi sentite tali?
Anche qui mi posso rispondere da sola. No, altrimenti la mia piccola intervista non l'avrei fatta né sulle scale né altrove. Importante considerazione: le 'superstars' italiane differiscono da quelle straniere per un 'particolare' per cui almeno noi supporters non mancheremo mai di esser grati: il calore umano.
Gloria Barberi