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Francesco De Gregori :
senza trucchi

Di Isio Saba

da "nuovo Sound" n. 1 /75

6 gennaio 1975

 

"Ciao Francesco, come stai…(ecc)… quando possiamo vederci per scambiare quattro chiacchiere?" Dall'altra parte del telefono: "Ci vediamo come al solito domenica pomeriggio al Folkstudio, va bene?". Dopo vari tentativi, finalmente riesco a …rincontrare Francesco De Gregori! In realtà ci conosciamo da diversi anni e ci incontriamo abbastanza spesso, solo che per entrambi, sembrava strano il doversi vedere per motivi professionali: lui artista ed io intervistatore… cercavamo di evitare il confronto.

"Sai tutto di me, che cosa vuoi saper di più?"; gli rispondo che semplicemente mi interessa parlare un po' del suo ultimo disco, quello che ha appena terminato di registrare: così cominciamo a chiacchierare, appollaiati sugli sgabelli del bar del Folkstudio, mentre nella saletta uno dei giovani canta. Tutte le domeniche pomeriggio c'è un "happening" di giovani, per lo più cantautori, che approdano alla pedana del Folkstudio prendendo contatto per la prima volta con il pubblico: ognuno di essi è seguito da qualche amico e così la platea è benignamente predisposta ad accogliere questi nuovi poeti. Si presentano tutti simili, tematiche ricorrenti stili e musiche vicine a quelle dei cantautori più impegnati dell'ultimo decennio ( da Dylan a Cohen, da De André a Gaber, da Venditti a De Gregori…!).

 

Dopo il Folkstudio, questi giovani ritornano alle loro esperienze quotidiane, semplicemente così come sono arrivati: qualcuno diventa popolare, nel senso che la sua fama supera i confini di Trastevere e di Roma e che incide un disco, comunque rimane ancorato alla pedana e agli amici di via Sacchi.
Quelli che vengono per la prima volta, si rendono conto che Francesco o Antonello sono come Mimmo, Mario, Giorgio, Giovanna e altri: con loro si parla da pari a pari e il divismo non esiste per nessun motivo. Anzi, in questo momento io sono il giornalista… e sono io ad essere imbarazzato: vorrei nascondere il taccuino (mi sento ridicolo), ma devo continuare perché intorno a noi ci sono amici che ascoltano incuriositi l'intervista, e sorridono un po' sarcastici… Passa un "nuovo", si dirige verso la pedana per proporre le sue canzoni. Francesco lo ferma e mi dice: "Perché non intervisti lui, sarebbe una alternativa valida., son sicuro che le sue sensazioni e le sue opinioni sono valide almeno quanto le mie".
Prendo lo spunto per chiedergli se essere intervistato gli dà fastidio, e se questo è il motivo per cui l'abbiamo notato un po' in disparte nella recente apparizione televisiva insieme ai cantautori.
"Credo che sia più sincero cantare e basta… quando ci sono delle limitazioni su quello che si vuol dire. Non mi presto a costruire il bravo ragazzo che compone e soffre per la sua incomunicabilità e cose simili, quando poi la realtà è ben altra. Cerco semplicemente di non diventare il p ersonaggio voluto dagli altri, quello atto ad esser meglio consumato dal pubblico".
Continuando, appare chiaro che Francesco non vuole con questo darsi una controetichetta, ma gli interessa non creare confusioni sulla sua persona.
"Non sono contro il sistema, sono contro un "tipo di sistema" , contro strumentalizzazioni che appiattiscono e riducono; capellone uguale contestazione e violenza è un esempio tipico (fra tanti) di certe riduzioni".
Vien fuori pian piano un Francesco vero, uno che non rifiuta di cantare in una manifestazione politica o in un Cral, in una delle tipiche belere emiliane o in una rassegna a San remo.
"E' un'esperienza reale e positiva ovunque, finchè mi si dà la possibilità di dire compiutamente le cose che sento".
Cosa sente Francesco in questo momento e che c'è di diverso da quello conosciuto alcuni anni fa? Lui cerca sempre di non autodefinirsi, lascia che gli altri colgano le eventuali novità, comunque infine laconicamente dice: "Forse sono un po' nuovo, più moderno e meno decadente. C'è anche una diversità musicale rispetto alle prime esperienze, ma soprattutto una nuova impostazione nella stesura dei testi. Sto abbandonando un certo tipo di linguaggio intellettualistico ed… ermeticamente poetico, per cercare di essere più semplice e immediato".
Francesco mi aveva invitato, precedentemente, in sala d'incisione, così mi son reso conto di come le sue canzoni prendano corpo. Gli arrangiamenti musicali sono i suoi, ma lascia spazio anche agli strumentisti; oltre agli accompagnatori di studio, sono intervenuti amici come Schiano (al sassofono) e Della Grotta (al basso).
Due interventi jazzistici nel disco di De Gregori?
"Principalmente si tratta dell'apporto di due amici che mi capiscono e poi l'originalità in questo tipo di musica è relativa ed i suggerimenti validi possono venire da molti lati differenti".
Chiacchierando, cerco di stuzzicare Francesco con domande di vario genere, indagando sulle sue opinioni e valutazioni sui colleghi cantautori italiani e stranieri; lui cerca di non sbottonarsi, ritiene non si debbano far confronti e lascia al pubblico le decisioni e le scelte, comunque… "Cohen mi sembra un po' superato, mentre Dylan è ancora validissimo, nonostante tutto…! In Italia un grosso esempio da seguire è Lucio Dalla, che ha un'impostazione efficace ed attuale; c'è anche qualche giovane interessante, e poi alcune cose da risentire, buone ma passate".
Avevamo iniziato con la scusa del suo nuovo disco che dovrebbe uscire a gennaio, e ne riparliamo adesso alla fine. "Non c'è niente da capire" è il titolo di una canzone di Francesco, ma è anche il modo con cui lui imposta se stesso: è tutto talmente semplice ed evidente, che solo chi non vuol capire ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Il titolo del nuovo LP sarà "RIMMEL". "Sì, come il trucco che usano le ragazze, quello per gli occhi…! Rimmel nel senso di trucco, di qualcosa di artefatto, ma questo disco è fatto per vsmascherarli, per mettrli in evidenza. Almeno queste sono le intenzioni".
Francesco De Gregori comunque va al di là e cerca di svelare i trucchi e le falsificazioni di qualsiasi tipo e livello: libero e aperto, si preoccupa principalmente di essere vero (anche se talvolta questo è scomodo) per fare in modo che le apparenze siano uguali alla realtà. Non è un censore, né un fustigatore di costumi, ma uno che sente quello che canta. Forse non è un personaggio sul quale costruire delle storie: è uno che, uscendo dal Folkstudio, ti prende sottobraccio e sorridendo insiste sul tasto dell' "intervista" … "Che cosa vuoi sapere della mia vita privata, t'interessa conoscere i miei amori…?".
Logicamente parliamo di queste… ed altre cose, ma l'intervista ormai è terminata il "notes" in tasca non riesce a prendere certe confidenze e non è proprio il caso di creare "un personaggio" mentre ci dirigiamo a bere qualche bicchiere di vino; dopo la bevuta, certe cose si dimenticano..!

 

Isio Saba

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