Nuovo Sound, n. 29 - 16 luglio 1976

"La città non ha futuro,

é destinata a morire..."

Servizio di Piergiuseppe Caporale

 

Questo drastico giudizio, formulato da Edoardo Bennato che oltre ad essere cantautore è anche laureato in urbanistica, sta alla base del suo nuovo lavoro discografico, "La Torre di Babele". Un nuovo stile nato dalla tarantella e dal rock. La bandiera come giustificazione alla violenza che è insita in ognuno di noi. I rapporti con la casa discografica

Roma, luglio 1976

La torre di Babele" è l'ultima fatica discografica del nostrano cantore Edoardo Bennato, fustigatore dei costumi, autore controcorrente, rockmaniaco con gusto, idolo del suo pubblico (non altrettanto, forse, della sua casa discografica), testa di ponte della sincerità. È con aulico linguaggio che ci piace presentare il nostro Edoardo, anche in sintonia con il paradosso, caratteristica prima di questo genuino "cronachista" dei nostri tempi.
Personalmente non abbiamo mai amato fare della critica fine a se stessa: in questo caso, poi, non abbiamo trovato di meglio che far parlare lo stesso autore, da noi 'violentato' sul piede di partenza (ma non sta mai fermo?).

Domanda - Dall'ascolto della "torre di Babele", ho avuto l' impressione che non si tratti di un punto d'arrivo, ma di un riassunto di tutto quallo che hai datto finora.

Risposta - Nell'ultimo mio concerto, per introdurre il concetto della città ho parlato della torre di Babele: in effetti, "Ma che bella città" sta ne "I buoni e i cattivi", perè avrebbe potuto benissimo stare ne "La torre di Babele". La città, d'altronde, rappresenta l'impalcatura, mentre se vai in campagna trovi la natura: non trovi quindi l'elemento umano, la violenza, ma soprattutto non trovi le bandiere. Io insisto molto sul tema delle bandiere: dove ci sono queste ci sono di sicuro anche le lotte, c'è sicuramente un gruppo di uomini contro altri uomini. La bandiera è sempre un alibi per giustificare questa violenza che l'essere umano ha insita in sè e che non riesce a reprimere: da duemila anni a questa parte, per quel che ne sappiamo noi, questa Torre di Babele chissà quante volte è crollata dopo essere arrivata ad un certo piano; noi sappiamo solamente che ci troviamo ad uno di questi piani. Io ho rappresentato graficamente questa torre nella copertina del disco, non come una serie di strutture architettoniche: in un primo tempo avrei voluto rappresentare graficamente tutte le strutture architettoniche in senso storico. Poi però le ho tolte: la torre di Babele è fatta soltanto di esseri umani e di armi...

D. - Infatti non ci sono nemmeno gli animali...

R. - Non ci sono animali... al limite avrei potuto mettere anche un soldato a cavallo. Invece no: gli animali sono del tutto estranei a questo tipo di impalcatura, subiscono la violenza dell'uomo ma non fanno parte di tutto il meccanismo. A volte sentiamo frasi come queste: "come gli animali", "come le bestie". È assolutamente assurdo in quanto tutto ciò che esiste di brutto, di contronatura, avviene da parte degli uomini... mettiamoli magari sullo stesso piano ma non diamo questa preminenza all'uomo, anche e soprattutto perché l'animale si regola d'istinto mentre l'uomo ha la possibilità di scegliere... e sceglie sempre il male. Ho fatto apposta "I buoni ed i cattivi": volevo sfatare questa divisione di massima che si dà agli uomini, anche perchè, secondo me, esiste in ognuno di noi una parte buona ed una cattiva: ed è questa che, di solito, viene a galla più facilmente.

D. - Quindi secondo te è una questione quantitativa? Come te lo spieghi?

R. - Sono ancora più pessimista: così come siamo strutturati è un peso troppo grosso per noi; siamo, purtroppo, degli animali pensanti.

D - Hai un concetto stranamente "leopardiano" della 'astoricita' dalla città rispetto alla 'storicita' della campagna (s'intenda, sempre in senso evolutivo). Coma urbanista quale tu sei, questo concetto cozza con i modemi "credo" degli studiosi di problemi cittadini..

R. - Come urbanista in effetti io credo che la città, cosi com'è oggi concepita, sia destinata a morire, non abbia futuro. E tutto ciò pérchè nella città viene esasperato il concetto di violenza (e quindi la parte negativa che c'è in noi), anche per un fatto, direi, fisico, per la mancanza di natura. Insomma nella città tu utilizzi le strutture fatte dall'uomo che, nonostante siano fatte in funzione dello stesso, finiscono per esasperarlo.

D. - Anche in questo album, così come nei precedanti, sono presenti vari stili musicali, con la solita predominanza del rock. Coma fai a conciliare questo tuo gusto americanofilo con la tarantella?

R, - Il discorso per me è sempre quello: come ti ho già detto, a cinque/sei anni ho avuto i miei primi impuisi musicali con gli americani. La famosa Magda (quella di "Campi Flegrei"), che suonava nel cortile, s'era comprata i dischi di Nell Sedaka e Paul Anka ed a me arrivava quella musica. Ero subissato dalle orribili canzoni che trasmetteva la radio italiana e quindi quando arrivava il rock'n'roll... insomma, per quanto mi riguarda io ho la stessa educazione musicale di un ragazzo inglese od americano della mia età (tra l'altro non dimentichiamo che vivevo a Napoli, la città più americana d'Italia). È chiaro quindi che le cose napoletane, uso tarantella per esempio, devono venirmi d'istinto e non perché rappresento un certo tipo di cultura e debbo perciò riscoprire il patrimonio culturale italiano. Urlare è, per me, un fatto di necessità, ed urlando istintivamente debbo usare il tipo di musica che al momento mi dà più impulsi e che di solito è il rock, il rock-blues.

D.- Com'é allora che ti sei subito preoccupato di dirmi se "Fandango" mi piaceva? Evidentemente in qual momento lo sentivi così…

R. - "Fandango", al pari di "lo per te Margherita", ha questa funzione: chiunque dica di fare o faccia cultura, mettendosi cosi su un piedistallo, prima o poi deve per forza scendere 'sto gradino e rifiutare questo cliché. Insomma anch'io mi debbo prendere in giro e lo faccio cantando "lo per te Margherita" oppure facendo "Fandango" con i violini. Ci si può facilmente mettere sul piedistallo anche dicendo "io faccio un certo tipo di musica" ed esaltando questo fatto culturale proprio.

D- Cosa pensi allora di tanti esponenti del 'napoli-power' che ormai sono completamente al servizio della commercialità, del soldo?

R. - Qualunque fatto di cultura, qualunque espressione viva, popolare, viene sempre utilizzata a fini commerciali. E' normale anche perchè la situazione italiana è deteriorata dal punto di vista dei discografici: d'altronde si sempre di gente che manipola cultura. Nel pezzo "Venderò", li ho chiamati 'i signori mercanti d' arte', i quali mi tengono in disparte finché non si rendono conto che quello che faccio io (sempre a livello istintivo), può essere utilizzato come meree da vendere, ed allora non esitano ad usarlo.

D. - I tuoi rapporti con la tua casa discografica non sono sempre stati dei migliori: come spieghi che oggi ti lascino a "ruota libera"?

R. - Mah, la mia è stata una violenza continua: io li esaspero così come loro esasperano me; loro approvarono e permisero la realizzazione del primo disco, io me lo sono "strepitato" in giro ed hanno cominciato a vendere. Sinceramente, comunque, non mi possono aiutare, anche perchè hanno un certo tipo di strutture che va bene per Drupi e gente del genere e questi ultimi se ne servono. Per quanto mi riguarda non posso utilizzare le stesse strutture, i canali sono differenti: al limite non riescono neanche a comprendere che tipo di appoggio vorrei. L' unica cosa della quale debbo dare atto alla Ricordi e che mi ha sempre lasciato libero di incidere quello che volevo, insomma ho avuto carta bianca in ogni cosa.

D.- Un episodio interessante (per me sicuramente nuovo), de "La Torre di Babele", è "Franz è il mio nome"; cosa hai voluto dire esattamente?

R. - Berlino è una città divisa in due parti. Berlino ovest è vista, dagli stessi berlinesi delle due par.ti, come un grosso paese dei balocchi: è chiaro che dev'essere così, anche perchè, essendo un' isola in un altro mondo, rappresenta la parte migliore. Dal punto di vista consumi, la parte migliore significa che puoi comprarti tutto, dall'aereo allo yacht, levarti qualunque sfizio. Nello stesso tempo c'è il gioviale barrocciaio che ti porta da est (dove tutto è grigio), ad ovest: però statevi accorti! I primi due giorni 'pazziate' e divertitevi, soddisfate i vostri sogni proibiti; vi accorgerete poi che la musica cambia: vi finiseono i soldi oppure vi mettono in vetrina. D'altronde il mondo capitalistico è fatto così: stai sempre nel rischio di andare a finire dall'altra parte della vetrina. La conelusione è sempre la stessa: ogni tanto sulla torre di Babele, all'ultimo (in ordine di tempo) piano costruito, arriva qualeuno che dice "secondo me si deve costruire in questo modo". A parte il fatto che in questo caso bisogna fare delle gare di forza che poi sono le guerre... ed allora ecco i "santi" vessilli (le guerre sono sempre sante) e ci si accinge a buttare qualcuno giù dalla torre. Il nemico è sempre oltre il mare: si sa solo che è un fetente e che bisogna difendere le proprie madri, le proprie mogli ed i propri figli, sempre con Dio dalla nostra parte. Questa è la logica di "Viva la guerra" altro brano di questo ellepi.

P.G. C.

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