LIONELLO PONTI VIVO

 
Ci ha lasciati quasi allo scoccare dell'anniversario della Sua nascita, in quel 15 di dicembre 1919.
Ringrazio Iddio che mi ha concesso di stare con lui, nella Sua casa sulla costa mediterranea non lontano da Roma, quella mezza giornata del 27 ottobre. Il sole dalla finestra gli arrivava insieme con il ricordo del mare, in quelle ore quasi leopardiane.
Stava male.
Mi aveva detto :<< Ti ringrazio di essere venuto. Ieri ero riuscito a morire senza accorgermene. Poi Giovanni, quest'angelo custode - indicava il suo infermiere rianimatore - ha voluto riportarmi in vita >>.
Silenzi diversi, lui immerso nella poltrona, io a guardarlo misurare i litri di ossigeno che uscivano dal contenitore, mentre la televisione accesa, sistemata a pochi passi, quasi muta, lo distraeva, facendogli da sedativo anodino.
<< Abbiamo lavorato troppo!>>.
Guardandoci negli occhi, senza fingere, c'erano stati abbracci ideali fatti di semplici parole di amicizia, di pochi cenni, forse solo sillabe, soffiate attraverso il tormento dei bronchi oppure tossite nel subbuglio del cuore. Un colloquio per i ricordi, una sintesi per il festeggiamento del nostro abbondante quarantennio d'intesa e di sodalizio scientifico.
<< Ho una fame da vivo!>>.
Mi aveva offerto un cubetto di cotognata, uno dei pochi alimenti che da molti mesi era in grado di deglutire.
Quando gli telefonavo, mi diceva:<< Oh tu te! - così mi chiamava scherzando in dialetto toscano -. Se non vieni presto non mi trovi più!>>.
Non so ancora se fosse più bersagliere che marinaio o viceversa.
Diciamo che era un grande chirurgo.
La mano gli scivolava senza esitazione per ognuno dei distretti corporei che si proponeva di curare.
E' vero.
Nelle piccole o grandi imprese didattiche, la Sua abilità non si rivelava soltanto nell'arte di imbellire i nasi, ma si scopriva altrettanto robusta e salda nella vasta fatica ospedaliera che l'aveva abituato alla conoscenza dei difficili percorsi nelle ferite di ogni tipo e qualità.
Addestrato dalla pluridecennale collaborazione con la famosa e gloriosa scuola nuovaiorchese di Irvin Goldman al Mount Sinai Hospital, era diventato un maestro ideale. A chi voleva imparare indicava solo l'utile e l'essenziale.
Mirava a trasmettere la pratica. La Sua. Inimitabile.
Non diceva "fa' questo". Raccomandava:" Attento a non fare questo".
Regole importanti, nate dall' esperienza, anche negativa, di vita chirurgica, consumata "dall'alba al tramonto". Padronanza assoluta d'una semeiotica della chirurgia estetica e plastica che si poteva scoprire solo imparando a leggere nel profondo dei Suoi innumerevoli articoli, o delle Sue conferenze.
Wilhelm Von Waldeyer, nel 1920, aveva stampato le sue "Lebenserinnerungen", un 'autobiografia di 419 pagine. Lionello Ponti non l'avrebbe mai fatto. Era schivo da qualunque tipo di manifestazione autolaudativa.
Figuriamoci, telefonava per avere notizie precise sul Suo "curriculum".
<< Mandami un fax sui dati bibliografici di quello che ho pubblicato. Tu lo sai: io non li ho mai messi in ordine >>.
Da questo schema, su questa falsariga, si potrebbero estrapolare i punti fondamentali che lo hanno reso celebre.
Dopo la laurea e la libera docenza, era diventato primario nell'ospedale romano di S. Camillo, dove si era occupato di ogni problema connesso con la chirurgia maxillo-facciale e plastica del territorio della testa e del collo.
Raggiunta l'età pensionistica, come titolare emerito, aveva continuato la sua attività didattica con immutato entusiasmo, impegnandosi nello svolgimento di corsi pratici sempre di più destinati all'insegnamento della rinoplastica.
Membro attivo delle più importanti società italiane ed estere, è stato tra i fondatori della American Academy of Facial and Reconstructive Surgery, ed il Suo nome è stato inserito nell'albo storico "Coming of age" pubblicato da Robert Simons nel 1989.
Con il grado di Capitano di Fregata della Marina Militare Italiana, ha tenuto per molti anni corsi di chirurgia traumatologica della faccia per gli allievi dell 'Accademia Navale di Livorno.
La Sua straordinaria "carriera" professionale si era andata gradualmente fortificando in virtù delle ricerche di rinologia e soprattutto delle innovazioni tecniche nella rinoplastica correttiva.
Il " metodo della farfalla di Ponti " è destinato definitivamente a mantenere una risonanza mondiale per la genialità della manovra tecnica confermata dai risultati in migliaia di casi.
I luminosi orizzonti di questa chirurgia si erano aperti fino dal 1961, con il saggio "Etiopatogenesi e diagnostica dei nasi deviati", ricerca che, oltre al resto, era stata certamente il motivo determinante dell'invito a partecipare alla stesura della relazione " Chirurgia correttiva e funzionale del naso ", che, sotto la direzione di Enrico Bozzi, era stata presentata al 14° Congresso degli Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani, del medesimo anno.
Nel procedere del Suo evolvimento, la proposta del metodo della "farfalla" era stata di qualche anno dopo, quando aveva letto nel 1969, a Città del Messico, la conferenza "Aesthetic problems in surgical technique of the nasal tip".
Poi non aveva cessato di sottolineare l'importanza di tecniche diverse, indispensabili, come quella per la correzione del naso a sella. Era stata l'occasione per coinvolgere il figlio Gilberto, Suo erede tecnico diretto.
L'ultimo libro che abbiamo scritto insieme, del quale si riconosceranno le intenzioni di chiarezza ripetutamente concordate, è del 1999.
Una nuova edizione sarà pubblicata in Suo onore e memoria.
Luigi Donati, nella mirabile presentazione, aveva ben previsto, definendolo "messaggio multimediale", poiché di questo si era trattato, molto simile a quello che di persona Lionello aveva voluto lasciare in un documento-video presentato a Vittorio Veneto, con il quale, coraggiosamente, aveva voluto parlare a tutti, per l'ultima volta.
I meriti civili gli erano stati riconosciuti con l'attribuzione della Medaglia D'Oro della Sanità Pubblica, e l'assegnazione dei titoli di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana e di Commendatore del Sovrano Ordine di Malta.
Vogliamo pubblicare queste pagine a nome di tutti gli iscritti della S.I.C.P.R.E., nella Rivista Italiana di Chirurgia Plastica, come ricordo di lui.
Questa decisione non può non essere l'equivalente affettivo di quella bandiera tricolore, stesa sul suo feretro dal picchetto d'onore che ha voluto salutarlo, con noi, sotto il cielo di Anzio.
 
Valerio Micheli-Pellegrini