Defranco E. , Bordoni D. , Defranco N.

Unità Operativa di Oculistica

Istituto Nazionale Ricovero e Cura Anziani (I.N.R.C.A.) di Ancona

 

BLEFAROPLASTICA: REVISIONE STORICA E NOVITA' TERAPEUTICHE

 

STORIA DELLA CHIRURGIA DELLE PALPEBRE

I più antichi documenti sulla chirurgia della palpebre risalgono al XVII sec. A.c. come risulta dal codice di Hammurabi e dal papiro egiziano del 1650 a.c. scoperti da Smith.

Ci pervengono anche notizie che in India venivano inflitte ai criminali mutilazioni, oltre che del naso, anche delle orecchie e delle palpebre, mediante strappamento, pratica che si è diffusa poi nei paesi arabi e nel bacino del Mediterraneo.

Il trattamento delle ferite delle palpebre è stato un tema sempre seguito con interesse nella storia della medicina. Gia Ippocrate (460-380 a.c.) sintetizzò nel suo aforisma 409/IV la condotta del tempo : "Tutto ciò che non è curabile con il ferro lo è con il fuoco", enfatizzando la cauterizzazione, pratica mantenuta poi fino al XVI secolo.

La chirurgia, soprattutto delle palpebre, offriva risultati molto modesti, per cui era basilare il concetto alternativo si palpebra tota deest, nulla id curatio restituire potest.

Fra le tante notizie frammentate che ci pervengono, ricordiamo le tecniche proposte da Aulo Cornelio Celso (I sec a.c.) il quale ha il merito di aver descritto semplici tecniche, tra cui la correzione dell'entropion della palpebra inferiore, basato sulla escissione di un lembo di cute a semiluna, e tante altre, alcune della quali ancora in uso, modificate in virtù della loro validità. Successivamente Galeno sostenne che la suppurazione giocasse un ruolo importante per avviare il processo di riparazione: questo fece diminuire drasticamente l'interesse verso la pratica chirurgica.

Bisogna giungere al X sec. per avvertire un'inversione di tendenza, all'epoca cioè della Scuola Medica di Salerno la quale, assieme a quella di Montpellier, diventò tra le più importanti dell'Occidente, e porto avanti anche la cultura medica greca assieme alle Scuole di Bisanzio e di Toledo. L'insegnamento di Chirurgia alla Scuola di Salerno fu tenuto da Bishop Servie Teodorico (1205-1296) che contrastò la teoria di Galeno raccomandando una tattica di attesa nel trattamento della piaghe conosciuta come "metodo umido".

Nel XV sec. si giunge ad un rinnovamento radicale delle conoscenza anatomiche ad opera di Vesalio (1514-1560), il quale con il "De humanis corporis fabrica" introduce i novi concetti, abbandonando le teorie di Galeno.

Di conseguenza riprende l'interesse verso la Chirurgia.

Lange nel 1555 esegue il primo intervento di exenteratio orbitae, seguito poi da Bartisch che propone di recidere ed asportare il contenuto orbitario con un cucchiaio tagliente senza ledere le palpebre, lasciando riparare spontaneamente le pareti della cavità orbitaria. Fabrizio Hildano (1596) invece separa la congiuntiva dal globo oculare mediante un coltello curvo a doppio taglio, mentre Hoin utilizza il bisturi e Louis propone l'uso della forbici; entrambi questi strumenti, secondo Velpeau, espongono al rischio di frattura della lamina papiracea.

I tempi chirurgici classici della exenteratio, codificati da Louis, vennero successivamente ripresi da Bonnet, Desmarres e Von Graefe, il quale raccomandava di sezionare il nervo ottico in sede più prossimale.

Golovine e Angelucci propongono l'uso di lembi di scorrimento della regione temporale nella riparazione della cavità anoftalmica residua, metodo ripreso più recentemente da Favaloro. Contemporaneamente Busachi riferisce i vantaggi ottenuti con gli innesti liberi applicati sul tessuto di granulazione, poi confermati da Davis e Wheeler. Mentre vengono evidenziati delle molteplici esperienze i vantaggi della chirurgia della exentaratio, si fanno strada nel XVII sec. anche i concetti di Antoine Matre-Jan del "noli me tangere", secondo i quali l'atto chirurgico può favorire la diffusione del tumore.

La chirurgia ricostruttiva della palpebre ottiene un notevole impulso nel XIX sec., grazie al fatto che viene standardizzato l'uso di innesti e lembi di cute. Infatti dopo i lavori sperimentali di Baronio, seguono le esperienze originali dei fratelli Reverdin, comunicate alla Società di Chirurgia di Parigi, che larga eco hanno suscitato per la constatazione di ordine biologico, sorprendente a quel tempo,  che le piccole isole di cute spessa, prelevate in altra sede e trasferite su perdite di sostanza, potevano non solo attecchire, ma favorire il processo di riepitelizzazione.

Ricordiamo anche le esperienze basilari di Lawson, Le Fort, Tiersch, Wolfe e Krause sull'utilizzazione di innesti di cute a tutto spessore prelevati dalla regione retro auricolare, che largo impiego trovano ancora oggi nella chirurgia ricostruttiva del viso e delle palpebre in particolare.

Parallelamente si sviluppa l'interesse verso altri tessuti. Houzè de l'Aulnoit (1872) trasferisce la mucosa linguale per riparare il piano congiuntivale, annotando che essa conserva dopo l'attecchimento la normale trasparenza, mentre Stellwag (1899) corregge il simblefaron mediante innesto di mucosa labiale e successivamente propone l'uso di mucosa prelevata dalla grandi labbra.

Bert utilizza per primo l'innesto di cartilagine, mentre Budinger applica questo procedimento nella ricostruzione del tarso.

Rosenthal propone gli innesti di fascia lata e di derma, mentre Blaskovics descrive il primo innesto libero di tarso. Sulla scorta di queste positive esperienze si allargano sempre più le indicazioni: Morestin utilizza l'innesto di cartilagine per modellare il contorno dell'orbita fratturata, mentre Muller sottolinea i vantaggi degli innesti composti condro - cutanei dal padiglione auricolare già schematizzati da Koenig, metodi perfezionati da Mustardè mediante l'impiego di innesto composto condro - mucoso, prelevato dalla superficie glabra del setto nasale, per la ricostruzione del foglietto interno della palpebra inferiore.

Tra i lembi viene ricordato il brachiale, trasferito secondo il metodo italiano. Questo lembo bi peduncolato è descritto nel 1597 da Gaspare Tagliacozzi di Bologna per esigenze di ricostruzione della piramide nasale e prima ancora dai Branca a Catania. Nella chirurgia palpebrale prevale l'uso di lembi piani allestiti dalle regioni contigue per i vantaggi del loro facile reperimento ed allestimento per la migliore rispondenza estetica. Burow propone la tecnica originale dei triangoli di scarico che estende anche al lembo di Celso, e, con triangolo unico, per ottenere un migliore scorrimento del lembo ed il suo modellamento estetico. Siklossy, della Scuola Ungherese, propone lo scorrimento di lembi di vicinanza realizzati ad arco dalla guancia; tale tecnica venne successivamente modificata da Blaskovics e da Imre variando solo l'arco di incisione, con incisioni triangolari terminali opposte nel rispetto dei principi di Burow. Questi tracciati conferiscono una impostazione geometrica ad ogni provvedimento.

Altre tecniche degne di nota sono l'incisione a forma di Y per la correzione dell'ectropion e quella a forma di V per correggere l'entropion proposte da Wharton-Jones.

Dieffenbach, considerato un pioniere della chirurgia plastica, propone l'uso del lembo di scorrimento e di trasposizione della guancia nella riparazione della palpebra inferiore. Ricordiamo anche i lembi di scorrimento dalla ragione temporale per la ricostruzione della sola palpebra superiore e la variante di Szymanowki per la ricostruzione contemporanea della palpebra e del sopracciglio.

Cirincione (1901) introduce il taglio intermarginale, pratica indispensabile nella moderna chirurgia della palpebra, già in precedenza sperimentato da Flerer e da Jacsche e poi modificato da Arlt nel trattamento delle trichiasi. Gradenigo (1904) propone gli innesti di cute prelevati dalla palpebra residua o contro laterale. Alla fine del XIX sec. vengono introdotti i lembi ad isola; tra questi ricordiamo il lembo di Monks assiato sull'arteria temporale per la ricostruzione della palpebra superiore e del sopracciglio, ripreso successivamente da Esser (1919) e da Morax (1927), con lembo assiato invece sull'arteria sovra orbitaria, per la ricostruzione del canto interno fino al terzo mediale di ambedue le palpebre. Anche la regione frontale, al pari della regione temporale, e della guancia, è stata oggetto di interesse per il reperimento di lembi cutanei piani. Oltre al lembo gabellare e frontale, già largamente usati per la loro duttilità e la facile esecuzione ed inoltre per il fatto di non determinare inestetismi secondari della zona donatrice, ricordiamo altri due lembi ancora oggi ampiamente utilizzati: il lembo naso - genieno e la rotazione della guancia. Un altro lembo ampiamente diffuso è quello genieno proposto da Tessier (1960).

 

ANATOMIA CHIRUGICA DELLE PALPEBRE E DELLE VIE LACIRMALI

 

La regione palpebrale è costituita essenzialmente dalle due strutture mobili, le palpebre, la cui funzione è sostenuta da una particolare impalcatura di sostegno muscolo-fibrosa. Le palpebre sono rivestire sulla superficie esterna interamente da cute e su quella interna per una superficie più ridotta dalla congiuntiva che, partendosi dai margini liberi, ricopre le palpebre e si riflette in corrispondenza del fornice sul segmento anteriore del globo oculare, fino alla  cornea, costituendo la congiuntiva bulbare. I limiti topografici della regione palpebrale sono contornati dal margine dello scheletro orbitario; essi coincidono superiormente con il sopracciglio, lateralmente con la regione temporale, in basso con la guancia e medialmente con la radice del naso. La palpebra superiore è più sviluppata e mobile rispetto a quella inferiore.

In sezione la palpebra presenta una superficie esterna cutanea, un interna congiuntivale, ed un margine libero che si congiunge a quello della palpebra contrapposta durante la chiusura della rima. Il margine libero ha uno spessore di circa 2 mm ed è diviso trasversalmente da una piccola salienza, la papilla lacrimale, in due parti, mediale e ciliare. La parte mediale, che inizia dal puntino lacrimale, è più breve rispetto a quella ciliare, sede di impianto della ciglia. Alla base delle ciglia sbucano le ghiandole di Zeiss (sebacee) e quelle di Moll (sudoripare modificate), mentre sul margine mediale sboccano da venti a tranta ghiandole sebacee di Meibonio. I margini liberi delle due palpebre si ricongiungono nella zona di riflessione esterna (commessura) ed interna (lago lacrimale), delimitando la cosiddetta "rima palpebrale" che nell'adulto, in condizioni normali di apertura, è larga 3 cm ed alta 1,2-1,5 cm.

Le palpebre risultano costituite da 7 importanti piani anatomici che dal piano più esterno sono:

  • Cutaneo
  • Sottocutaneo
  • Muscolare
  • Sottomuscolare fibroso (settale e tarsale)
  • Sottocongiuntivale
  • Congiuntivale

 

L'apparato lacrimale è composto dalla ghiandola lacrimale e dalle vie lacrimali di deflusso. La ghiandola, di tipo sieroso ramificato, è divisa in due porzioni, una principale posta in posizione antero - laterale immediatamente sotto il tetto dell'orbita, ed una accessoria, situata inferiormente alla precedente, nel contesto della palpebra superiore: esse sono separata dal muscolo elevatore della palpebra. Il secreto lacrimale fuoriesce attraverso i condotti lacrimali il cui numero varia da 4 a 10.

Le vie lacrimali svolgono invece il ruolo di drenare le lacrime che si raccolgono nel lago lacrimale, che è lo spazio compreso tra le due porzioni mediali della palpebra e la riflessione della congiuntiva al canto interno. L'apparato lacrimale inizia cin i puntini lacrimali, due orifizi di 0,2-0,2 mm di diametro posti all'apice delle papille lacrimali, circondati da un anello di tipo sfinteriale costituito da tessuto connettivo ed elastico. I puntini lacrimali si continuano nei canalicoli lacrimale superiore ed inferiore che hanno un decorso dapprima verticale di 2mm e successivamente orizzontale della lunghezza di 8 mm ed un diametro progressivamente decrescente. Nel 90% dei soggetti i due canalicoli si uniscono e sboccano con orifizio unico posto superiormente sulla parte laterale del sacco lacrimale. Quest' ultimo è sito nella omonima doccia, tra le creste lacrimali anteriore e posteriore dell'osso unguis. Il sacco si continua nel dotto naso-lacrimale, un canale lungo 1,5 cm e largo 2 mm che si porta in basso per aprirsi nel meato nasale inferiore.

La vascolarizzazione delle palpebre prende origine dall'arteria oftalmica, da rami dell'arteria facciale e da ramo dell'arteria temporale superficiale. Queste tre formazioni anteriormente si anastomizzano tra loro a formare una rete pre tarsale ed una retro tarsale. Il sistema di drenaggio venoso segue le vie arteriose. I linfatici sono divisi in due gruppi: uno mediale che drena la porzione più interna di ogni palpebra ed il sacco lacrimale e, seguendo la vena facciale anteriore, sbocca nei linfonodi sottomandibolari; un gruppo laterale che drena le rimanenti porzioni palpebrali ed è tributario dei linfonodi preauricolari; un gruppo profondo drena la congiuntiva della palpebra superiore, la ghiandola lacrimale, il terzo laterale della palpebra inferiore ed è tributario dei linfonodi parotidei.

Queste nozioni sono importanti per andare a cercare le possibili vie di metestatizzazione dei tumori palpebrali.

Infine per quanto riguarda l'innervazione ricordiamo che la componente sensitiva è di competenza dei nervi oftalmico, mascellare, I e II ramo del nervo trigemino con fibre che originano dal ganglio di Meckel.

 

NOVITA' NELLA CHIRURGIA DELLE PALPEBRE

 

Nello studio pre operatorio del paziente portatore di un tumore palpebrale di un certo volume o che interessi regioni contigue è sempre bene indagare su eventuali preesistenti patologie oculari associate: turbe vascolari, glaucoma, alterazioni della motilità. In particolare l'esame del segmento anteriore dovrebbe evidenziare la presenza di ulcerazioni corneali, lo stato del film lacrimale e la presenza di una normo estesia. Il segmento posteriore dovrà invece essere studiato per cercare eventuali patologie vascolari o degenerative a carico delle strutture retiniche. Non vanno inoltre sottovalutate la funzionalità della muscolatura oculare.

Durante la fase intra operatoria invece è buona norma evitare il contatto degli agenti disinfettanti con la congiuntiva e la cornea, assicurare durante l'intervento l'idratazione corneale con irrigazione continua, evitare l'abuso di vasocostrittori, controllare costantemente la pupilla, rispettare la muscolatura della palpebra superiore, utilizzare materiale di sutura ben tollerato, evitare il decubito dei nodi di sutura ed infine effettuare una revisione accurata del campo operatorio a fine intervento.

I materiali di sutura impiegabili sono:

Riassorbibili

Non riassorbibili

Naturali

Naturali

Collagene

Lino

Catgut

Seta

Catgut cromico

Sintetici

Sintetici

Ac. poliglicolico

Nylon

Poliglactina

Poliestere

Poligliconato

Polibutilestere

Polidiossanone

Poliaamide

Polipropilene

Metallici

Acciaio

 

A completamento di ogni intervento è buona norma provvedere al lavaggio delicato ed accurato del campo operatorio con soluzione fisiologica ed alla applicazione di routine di pomata oftalmica antibiotica sui fornici ed anche sulle ferite, il cui eccipiente grasso ostacola l'adesione dei foglietti congiuntivali tra loro e all'esterno della garza con i punti di sutura. Nei primi giorni post intervento è necessario monitorare la presenza e le caratteristiche dell'edema, la funzione visiva, i movimenti oculari, la statica e la dinamica palpebrale e la dinamica palpebrale e l'assenza di segni di irritazione corneale e congiuntivale. In presenza di tali complicanze sono controindicati colliri al cortisone od istillazione di colliri anestetici in quanto potrebbero contribuire ad aggravare le condizioni locali fino a determinare quadri di cheratite severa.

 

DISCUSSIONE

 

Possiamo concludere che la chirurgia ricostruttiva delle palpebre vede fondamentalmente come campo applicativo quello della terapia tumorale, mentre una piccola fetta viene destinata alla correzione di malformazioni primitive o secondarie. Si deve sottolineare anche come sia necessario un approccio personalizzato ad ogni singolo paziente andando a stadiare in sede pre operatoria il tipo di lesione con le sue caratteristiche cercando di trovare, tra le innumerevoli tecniche, quella più congeniale per quella precisa situazione. Da non sottovalutare nemmeno il tempo post operatorio dove risulta di fondamentale importanza uno stretto controllo del decorso al fine di non rendere vano l'atto chirurgico: l'insorgenza di complicanze potrebbero infatti andare a pregiudicare l'attecchimento dell'innesto o del lembo andando così a compromettere il risultato estetico e funzionale.

 

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IPPOCRATEIOS
Mensile di medicina e chirurgia
Editrice SOPI - Roma
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