Defranco E. , Bordoni D. , Defranco N.
Unità Operativa di Oculistica Istituto Nazionale Ricovero e Cura Anziani (I.N.R.C.A.) di Ancona
 Blefaroplastica, metodologie chirurgiche
 
INTRODUZIONE: PRINCIPI GENERALI
 
La ricostruzione parziale o totale delle palpebre, dopo exeresi per tumore, deve essere sempre immediata e completa ed in nessun caso può essere differita, in quanto è indispensabile garantire la protezione della congiuntiva ed in particolare della cornea dagli agenti esterni e dalla esposizione. Poiché ogni tumore può differire dagli altri per sede, istotipo, localizzazione e grado di accrescimento, il chirurgo deve possedere grande perizia e la perfetta conoscenza circa le varie possibilità della chirurgia ricostruttiva ed essere in grado quindi di prevedere la soluzione tecnica più idonea dell’intervento.
In primo luogo occorre ricordare, nel rispetto di regole oncologiche precise, il limite di escissione che garantisce la sicurezza oncologica. Nei basaliomi primitivi, con diametro fino a 8 mm, l’incisione perimetrica, secondo Neubauer, si effettua almeno a 3 mm dai margini apparenti della neoplasia, limiti questi rilevabili mediante mezzi ottici d’ingrandimento. Questa distanza sarà maggiore nelle recidive.
L’epitelioma ulcerato, insorto da lungo tempo, localizzato alla cute presettale della palpebra, spesso aderente al piano muscolare, deve essere asportato seguendo un tracciato a losanga, a grande asse trasversale, che deve comprendere il tumore ed ampiamente la zona di rispetto perimetrico ed il piano muscolare.
Se il tumore interessa il margine libero della palpebra o dista qualche millimetro da esso, occorre programmare la exeresi a tutto spessore della porzione palpebrale comprendente la cute, il tarso e la congiuntiva, possibilmente seguendo un tracciato cuneiforme che facilita poi l’affrontamento dei margini e la ricostruzione della continuità dei vari piani. Reny propone l’exenteratio nei casi in cui il tumore, a partenza dal margine libero, abbia impegnato la congiuntiva bulbare ed il grasso orbitario.
Un cenno a parte meritano i basaliomi del canto interno, nei quali il giudizio prognostico è spesso sfavorevole per le caratteristiche evolutive (sottigliezza della cute, indice elevato di recidive, infiltrazione precoce dei canalicoli lacrimali, del periostio e dello scheletro). Di fronte al sospetto di invasione delle vie lacrimali di deflusso, l’intervento deve comprendere la dacriocistectomia.
La chirurgia ricostruttiva deve comunque mirare a restituire i requisiti statico-dinamici della palpebra, soprattutto di quella superiore. In questa sede , dopo l’exeresi della neoplasia, non bisogna omettere di repertare e creare la continuità del muscolo con il tarso, nel caso di sezione del muscolo elevatore; l’insorgenza della ptosi rappresenterebbe infatti una patologia secondaria responsabile, in termini assoluti, di grave invalidità a carico della palpebra e della funzione visiva.
Per questo preminente ruolo funzionale la palpebra superiore può essere sede di prelievo di innesto libero della cute a tutto spessore o di lembi cutanei sia a peduncolo laterale che mediale, che non arrecano esiti cicatriziali sostanziali in quanto i margini possono essere affrontati direttamente.
Va ricordato inoltre che la congiuntiva e la cornea, nel caso di exeresi totale o sub-totale di una o ambedue le palpebre, devono essere sempre protette con tempestività, creando la continuità congiuntivale attraverso ampi scollamenti , lembi di trasposizione di congiuntiva o utilizzando innesti di mucosa orale, mentre la ricostruzione del piano cutaneo può avere carattere provvisorio con innesti di cute, rinviando a 6 mesi un giudizio più circostanziato e, in assenza di recidive locali, la ricostruzione definitiva, in condizioni di maggiore tranquillità oncologica.
Nel caso di fissità del tumore al periostio ed allo scheletro orbitario, anche in mancanza di attendibili elementi utili desunti dalle indagini diagnostiche più sofisticate che orientino in fase preoperatoria circa l’entità della invasività, devono essere previsti interventi estensivi all’osso mascellare, attraverso osteotomie limitate od allargate, estese talora anche alle ossa nasali, alle lamine etmoidali o al tetto dell’orbita, con il confronto del controllo ripetuto delle indagini istologiche seriate nel corso dell’intervento. Mai comunque di fronte a questa previsione sostanziata, praticare tecniche di ricostruzione complesse.
In ogni caso nella fase successiva di ricostruzione, la scelta della tecnica chirurgica dipende essenzialmente dall’entità del difetto residuo alla exeresi, oltre che dalla propensione del chirurgo e dal consenso e dalle condizioni generali del paziente.
 
Ricostruzione del solo piano cutaneo
 
L’innesto di cute trova impiego nelle perdite di sostanza a carico del canto interno o nella ricostruzione sub-totale o totale del piano cutaneo della palpebra e, talora contemporaneamente, di ambedue con un unico innesto. L’innesto deve essere spesso onde ridurre la tendenza alla retrazione, che potrebbe indurre stati di ectropion cicatriziale secondario, soprattutto se la resezione è stata condotta in sede iuxta - marginale. La cute più idonea per questo tipo di innesti è quella della palpebra superiore o, in alternativa, quella della superficie retro auricolare.
 
Ricostruzione palpebrale su tre piani
 
Le perdite di sostanza a tutto spessore vanno sempre riparate mediante accostamento su tre piani: tarso-congiuntivale, muscolare e cutaneo, con’intento di ripristinare la continuità anatomica. La sutura deve sempre iniziare dal margine libero palpebrale per allineare l’altezza delle rima e consentire un affronta mento ottimale dei margini. Si procede quindi alla sutura del foglietto profondo tarso-congiuntivale con punti staccati in materiale riassorbibile (collagene, ac. Poliglicolico). I punti debbono essere annodati preferibilmente verso l’esterno per non causare irritazione meccanica a carico della cornea. La protezione della cornea può essere ottenuta con l’impiego di una lentina corneale soffice, facilmente rimovibile alla fine dell’intervento, nonché con frequenti irrigazioni di soluzione fisiologica o di lacrime artificiali. Si procede quindi alla sutura del muscolo orbicolare, opportunamente mobilizzato, con punti in catgut, concludendo con la sutura della cute. La cicatrice verticale può determinare a distanza di tempo retrazione sul margine libero della palpebra; questa tendenza può essere ovviata realizzando una plastica a Z a lembi alternati, soprattutto in corrispondenza della cute settale.
 
Taglio intermarginale
 
In tutte le perdite di sostanza del margine libero, che riconoscono varia eziologia, è fondamentale praticare il taglio intermarginale. Esso deve essere ben condotto al davanti del bordo tarsale libero (linea grigia) alla scopo di consentire l’agevole preparazione del piano tarso-congiuntivale e per evitare la introflessione delle ciglia o stati di entropion. Questa condotta garantisce un giusto affronta mento e quindi una sutura ottimale non sotto tensione.
Nella tarso raffia, il taglio intermarginale viene sempre eseguito specularmente sulle due palpebre, al fine di ottenere la immobilizzazione, seppur temporanea.
 
INNESTI E LEMBI
 
Quando non sia possibile riparare per affronta mento diretto dei margini la perdita di sostanza dal solo piano cutaneo od a tutto spessore della palpebra poiché di indirebbe una sutura sotto tensione e deformità secondarie talora gravi, bisogna far ricorso all’impiego di tecniche di ricostruzione semplici o combinate, della quali vengono analizzate le varie possibilità in rapporto alle esigenze oggettive. La scelta della tecnica più idonea dipende, oltre che dalla sede e dal grado del difetto, anche dalla personale esperienza circa le metodiche tradizionali e moderne.
Poiché non esistono soluzioni standard di riparazione dei difetti palpebrali parziali o totali in quanto ogni caso crea condizioni locali differenti, bisogna conoscere le varie possibilità tecniche, le indicazioni elettive ed il loro migliore utilizzo, ai fini di risultati più funzionali ed estetici.
 
Innesti liberi di cute
 
La cute palpebrale è sottile, distendibile e dotata di un certo grado di elasticità. Ogni apporto di cute su queste strutture anatomiche deve possedere gli stessi requisiti. Le principali sedi donatrici di innesti di cute a tutto spessore alla Wolfe-Krause sono rappresentate dalla palpebra superiore, dalla superficie retro auricolare e dalla regione sopraclaveare. Nella riparazione di una perdita di sostanza della palpebra superiore di media estensione, il prelievo può essere effettuato dalla palpebra contro laterale, a condizione che la palpebra donatrice sia sufficientemente lassa da consentire il prelievo senza determinare alterazioni secondarie. Questa procedura consente di utilizzare cute con le stesse caratteristiche e crea condizioni di simmetria.
Il prelievo, facilitato dalla infiltrazione sottocutanea di anestetico locale e di dimensioni sufficienti per il riparo, viene effettuato a tutto spessore, previo disegno a forma di losanga basato sul solco palpebrale.
L’innesto va accuratamente sgrassato ed applicato sulla perdita di sostanza, quindi suturato ai margini con punti staccati e mantenuto adeso alla superficie cruenta mediante tampone compressivo, onde eliminare gli spazi morti e favorire l’attecchimento.
L’innesto libero di cute prelevato dalla palpebra superiore si presta anche per la riparazione di perdite di sostanza della palpebra inferiore. Gli innesti prelevati dalla superficie retro auricolare e sopraclaveare vengono utilizzati per riparare difetti più estesi della regione palpebrale od anche di superfici della cavità anoftalmica residue all’exenteratio. L’innesto libero di cute a tutto spessore si retrae meno rispetto a quelli di medio spessore alla Thiersch i quali, peraltro, possono andare incontro a turbe della pigmentazione.
 
Innesti liberi di mucosa (congiuntivale, buccale, nasale)
 
Le perdite di sostanza della congiuntiva sclerale, palpebrale e del fornice, se lasciate cruente, possono determinare irritazione corneale e, in fase tardiva, sinblefaron ed entropion cicatriziale, responsabili di turbe a carico del deflusso lacrimale (epifora) oltre che della statica e dinamica palpebrale. Pertanto viene sempre richiesta la riparazione in prima istanza.
Le perdite di sostanza di modesta entità possono essere riparate, come è stato detto, per mobilizzazione della congiuntiva contigua o mediante lembi di trasposizione soprattutto dal fornice; se il difetto è più ampio si potrà utilizzare un innesto libero dalla palpebra integra o dal fornice omolaterale, sedi queste ove la congiuntiva è più facilmente dissociabile. Talora, nelle demolizioni complete, non potendo disporre sufficientemente della congiuntiva, si può utilizzare la mucosa prelevata dal fornice labiale o dalla guancia od anche dalla superficie glabra del setto, sedi che consentono la riparazione per sutura diretta dei margini della zona donatrice.
Per la tendenza alla retrazione che questi tessuti possiedono, gli innesti devono essere leggermente più grandi (circa 1/5) rispetto al fabbisogno, mentre le modalità tecniche di esecuzione del prelievo e del trapianto di mucosa sono quelle consuete.
 
Innesti di cartilagine
 
La cartilagine è notoriamente un tessuto avascolare costituito da matrice fibrosa e da condrociti; il suo nutrimento si realizza per diffusione dai tessuti vicini. Per queste caratteristiche e per la possibilità di modellamento, viene impegnata sotto forma di innesto libero nella regione palpebrale con finalità essenzialmente di sostegno in sostituzione del tarso.
La manipolazione della cartilagine, un tempo, era in genere costellata da altissima incidenza di complicanze soprattutto infettive, oggi sempre più rare ad osservarsi grazie alla terapia antibiotica e soprattutto all’osservazione rigorosa delle norme di asepsi durante l’intervento. Dopo il trapianto e l’attecchimento, si osserva un certo grado di riassorbimento: per questo è poco utilizzata.
La cartilagine vien prelevata sotto forma di una striscia di 3 - 4 mm di altezza, dalla superficie retro auricolare dalla conca e dall’antielice, sedi nella quali non residuano deformità apprezzabili. La cartilagine auricolare possiede i requisiti richiesti per adattarsi alla struttura stessa della palpebra.
 
L'innesto composto è formato da più tessuti ed è utilizzato principalmente nella ricostruzione del piano tarso - congiuntivale. L'attecchimento avviene grazie alla vascolarizzazione soprattutto dai margini. Gli innesti composti più usati sono:
Innesti tarso - congiuntivale e condro - mucoso;
Innesto condro - cutaneo;
Innesto di palpebra a tutto spessore.
 
Lembi cutanei di contiguità
I lembi di contiguità trovano indicazione nelle perdite di sostanza della cute palpebrale secondarie all'exeresi di un tumore, che non sia possibile riparare per affrontamento dei margini o con innesti liberi di cute, soprattutto se situate in corrispondenza del terzo mediale o laterale.
Il loro uso è sicuro, grazie alla fitta vascolarizzazione della cute del viso. Essi possono essere allestiti dalle regioni con le quali confina la regione orbito - palpebrale (frontale, temporale, guancia). Talvolta questi lembi non rispettano il rapporto geometrico tra base e altezza; per esempio, nel lembo naso - gabellare, assiato sull'arteria sopraclaveare, questo rapporto si può ridurre fino ad 1/4. Sebbene sia stata descritta una varietà notevole di lembi cutanei, attualmente solo pochi trovano ampio impiego:
Lembo gabellare;
Lembo medio -frontale;
Lembo naso - genieno (Tessier);
Lembo temporale (McGregor);
Plastica ad arco (Tenzel);
Rotazione della guancia (Mustardé);
Lembo cervico - facciale (Bray ed Eichel).
 
Lembi a peduncolo sottocutaneo
 
I lembi a peduncolo sottocutaneo, assai spesso utilizzati nel distretto facciale, trovano anche indicazione nella regione orbito - palpebrale, ove la riparazione di perdite di sostanza a spessore parziale o anche a spessore totale, residue ad asportazione di neoplasie, possono essere agevolmente effettuate con questo metodo semplice e di rapida esecuzione. L'allestimento di questi lembi, a vascolarizzazione random, è possibile grazie alla ricca vascolarizzazione della regione palpebrale, ed in modo particolare del muscolo orbicolaris oculi, le cui fibre, essendo il sottocutaneo in questa sede particolarmente sottile, vengono incluse nel contesto del peduncolo del lembo.
Il modo classico di intendere un lembo a peduncolo sottocutaneo è il disegno di un triangolo isoscele o equilatero orientato con la base in prossimità della perdita di sostanza, il cui movimento in avanti è strettamente dipendente dalla lassità del tessuto sottocutaneo, mentre il sito donatore viene chiuso per primo con una plastica cosiddetta a VY. La lassità della cute dell'anziano consente di applicare agevolmente questa tecnica nel contesto delle palpebre, in cui questi lembi possono essere progettati con l'asse maggiore disposto parallelamente al margine libero delle palpebre. Una volta ricavata l'isola cutanea previa de connessione della cute in tutto il suo perimetro, l'entità dell'avanzamento del lembo lungo l'asse maggiore può essere aumentata con una fine dissezione intrapeduncolare che man mano assottiglia il peduncolo e lo de connette dalle strutture circostanti e ne aumenta di molto la mobilità in avanti senza peraltro comprometterne la sopravvivenza. Nelle perdite di sostanza tegumentarie di maggiore entià di può ricorrere all'impiego di due lembi contrapposti o in modo combinato tra loro.
 
Lembi composti
 
I lembi composti sono:
Lembi muscolo - cutanei palpebrali;
Lembi taros - congiuntivali;
Lembo muco -condro - cutaneo;
Lembi palpebrali monopeduncolati a tutto spessore;
Lembo di fascia temporale;
Lembo muscolare e muscolo - cutaneo di temporale.
 
DISCUSSIONE
 
La chirurgia dei tumori delle palpebre deve rispettare il principio della radicalità dell’exeresi, anche quando il rispetto di questa regola oncologica può comportare ampie demolizioni in monoblocco di più componenti delle palpebre e dei tessuti contigui e delle strutture sottostanti.
L’evoluzione clinica di ogni tumore, infatti, non è tipica: essa è varia in rapporto all’istotipo ed alla localizzazione; ad esempio al acanto interno il tumore assume spesso una tendenza maggiormente invasiva rispetto alle altre sedi.
Una insufficiente exeresi spiega infatti l’indice elevato di recidive, come evidenziato in tutte le casistiche,e e fa comprendere inoltre come gli interventi chirurgici condotti in seconda istanza, su tumori recidivi, siano sempre più complicati e come in questa sede particolare il tumore sia da considerare con una stadi azione più avanzata. Anche le recidive locali al trattamento radioterapico possono comparire a distanza di anni e spesso con caratteristiche molto invasive.
È buona norma, nella dimensione attuale del problema, che tutti questi aspetti debbano essere attentamente e preventivamente valutati dal chirurgo che si appresta a porre l’indicazione ed a praticare l’intervento, in quanto essi potranno condizionare certamente la scelta della tecnica chirurgica più idonea.
 
 
Bibliografia
 
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Mensile di medicina e chirurgia
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