P. Romano - E. Ponti
MODI DI DIRE POPOLARI ROMANI

INTRODUZIONE
 
C'è un tesoro di saggezza nei proverbi del popolo di Roma, come del resto in quelli di tutti i popoli sotto i climi più disparati, nei tempi più diversi.
In realtà la materia primigenia di cui i proverbi sono formati è un patrimonio comune a tutta intera l'umanità. Possono variare nella espressione, ossia nella forma esterna, nell'involucro, per intenderci. Ma la sostanza, a ben osservare, è in gran parte identica.
Il mondo è vecchio e ha raggrumato, ha condensato la propria esperienza in granuli di saggezza.
Di questi proverbi, per quanto riguarda Roma, fortunatamente esiste qualche raccolta. Se ne sono occupati con particolare cura Giggi Zanazzo, il Besso, il Tolli. Parecchi altresì se ne possono ricavare dai sonetti del Belli e del Chiappini (il quale si rese assai benemerito del nostro dialetto anche per il suo ottimo Vocabolario romanesco) e di altri poeti minori.
Degno di nota, infine, il contributo arrecato a questi studi dal Morandi, dal Dubino e sopra tutti da Ettore Veo.
Ma accanto ai proverbi v'è tutta una diversa e ricca fioritura di modi proverbiali e pure di tipici e arguti "modi di dire".
Qualcuno di questi ultimi emigrò e si diffuse in altre regioni, modificandosi talvolta più o meno. Parecchi, per l'opposto, in uso in altre parti d'Italia, vennero trasportati nel gergo popolare romano. Avremo occasione di riportarne vari, perchè la loro trasformazione assume un colore e talvolta un significato nuovo, in grazia all'efficacia del nostro dialetto.
Quanto ai modi di dire genuinamente romani, essi - secondo noi - oltre il privilegio di essere nati sulle rive del Tevere, autentica espressione del sentimento del popolo, conservano in maniera efficacissima il ricordo vivo e perenne di antiche costumanze, d'avvenimenti, e perfino di personaggi, il tutto sapientemente velato dalla nebbia del tempo o levigato dall'uso, come una moneta vecchia che si seguita a barattare, anche se il conio sia talmente logoro da non mostrarsi quasi più percettibile.
Raccogliere questi motti, ci è apparsa opera utile, anche perché altrimenti destinati con molta facilità a perdersi, dato pure l'incessante afflusso nell'Urbe di popolazioni allogene.
Quanti sono questi modi di dire?
Il numero, certo, ne è illimitato, nè noi pretendiamo di riferirli tutti esaurendo così l'argomento. Non sarebbe difficile, pertanto, dar vita a una serie di spigliati e briosi volumi, di cui il presente si contenta di essere un modesto saggio.
D'altronde, per la sua stessa indole, e codesta un'opera che presenta la opportunità e quasi richiede la necessità di una spontanea collaborazione da parte di quei veri Romani, i quali ancora serbano il senso della tradizione dell' "Alma Città".
Questa nostra riflessione potrebbe anche costituire un appello a tutte le persone di buona volontà.
Vorranno accoglierlo?
Lo speriamo!