MELANOMA MALIGNO
 
Idone F, Neuendorf A.D., Scaglioni M.,Petrucci E., Marchesini A., Valente D., Pangrazi P., Campodonico A., Trono D.
Clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva. Università Politecnica delle Marche. Prof. Aldo Bertani
 
Epidemiologia
Il melanoma rappresenta la neoplasia maligna della cute più studiata e discussa, in quanto pur avendo un incidenza notevolmente più bassa rispetto ai più diffusi carcinomi cutanei, costituisce la più comune causa di morte per neoplasia di questo distretto.
Considerato in passato un tumore piuttosto raro (tasso di incidenza 1/2 casi/anno/100000 abitanti) è oggi in continua espansione. In Italia l’incidenza è valutata superiore ai 10-12 casi/anno/100000 abitanti. Tassi di incidenza 3-4 volte superiori si osservano in Australia, negli Sati Uniti e in alcune popolazioni del Nord Europa.
Colpisce prevalentemente soggetti di razza bianca, con uguale distribuzione nei due sessi. Le sedi più colpite sono il dorso negli uomini e gli arti inferiori nelle donne, mentre agli arti superiori e al volto sono colpiti con uguale frequenza.
Rarissimo prima della pubertà, colpisce prevalentemente soggetti di classe sociale medio-elevata e di età compresa tra i 30 e i 60 anni, con un picco intorno ai 40-50 anni.
A tutt’oggi non appaiono ancora perfettamente chiare né eziologia né la patogenesi del melanoma maligno. Secondo una delle teorie più diffuse esso potrebbe prendere origine dalla trasformazione neoplastica sia dei melanociti normali sia dei melanociti che costituiscono i nevi.
È statisticamente dimostrato che i 70% dei melanomi insorge su un preesistente nevo melanocitico mentre i restanti casi insorgono su cute indenne.
 
Classificazione clinica
L’aspetto clinico del melanoma cutaneo è legato alla sua fase di sviluppo e, almeno in parte, al suo istotipo. Infatti pur essendo una malattia unica, si sviluppa in tempi diversi attraverso vari stadi di progressione in cui presenta aspetti clinici e istologici diversi.
Schematicamente si possono comunque riconoscere quattro principali varianti cliniche: il melanoma a crescita superficiale, il melanoma nodulare, il melanoma su lentigo maligna e il melanoma lentigginoso delle estremità.
Il melanoma a crescita superficiale è la forma più frequente rappresentando circa il 70% di tutti i melanomi. Si manifesta come una chiazza irregolarmente pigmentata, di colorito variabile dal bluastro al bruno al nero, più raramente con un'unica tonalità omogenea di un nero intenso, di solito rilevata sul piano cutaneo, a margini netti, rotondeggianti policiclici o frastagliati, superficie ipercheratosica. È spesso evidente un alone eritematoso perilesionale. Il decorso è bifasico, con una fase relativamente lenta di crescita radiale o superficiale in cui la lesione mantiene stabile le sue caratteristiche, ed una fase di crescita verticale con invasione in profondità, che è annunciata dalla comparsa di erosioni, ulcerazioni, noduli più rilevati, con sanguinamento od essudazione.
Il melanoma nodulare rappresenta il 15% dei casi. Si presenta come un nodulo rilevato, talora peduncolato, di colorito irregolare prevalentemente rosso-bruno con chiazze nerastre evidenti soprattutto alla periferia della lesione. Lo sviluppo è rapidamente espansivo sia in superficie che in profondità con precoce comparsa di ulcerazioni e notevole facilità di sanguinamento. Il decorso è monofasico con crescita verticale fin dall’esordio da cui deriva la prognosi infausta per la precocità dell’infiltrazione e della diffusione metastatica.
Il melanoma su lentigo maligna rappresenta meno del 10% dei casi. È espressione della trasformazione in melanoma invasivo della melanosi di Dubreuilh-Hutchinson, che è, un melanoma in situ a lungo decorso prevalentemente localizzata al volto. Esordisce come una chiazza irregolarmente pigmentata, rotondeggiante, in cui l’inizio della fase di crescita verticale è evidenziato dalla comparsa di noduli, macchie ed erosioni con essudazione e sanguinamento.
Il melanoma lentiginoso delle estremità rappresenta circa il 5% di tutti i melanomi. Insorge tipicamente a carico dei piedi e delle mani, in sede palmare o plantare o subungueale. Si presenta come una chiazza piana, irregolare e mal delimitata, a superficie ipercheratosica che tende nel tempo ad ulcerarsi, molto simile al melanoma superficiale. Il decorso è bifasico con un prolungato periodo di crescita radiale che precede la fase invasiva in profondità. Peraltro, sia perché di solito viene per lungo tempo trascurato, sia per una effettiva maggiore aggressività, il melanoma lentiginoso delle estremità è gravato da una prognosi peggiore rispetto agli altri melanomi a crescita superficiale.
Una variante clinica, comune ai diversi tipi di melanoma ma più tipica di quello nodulare, è rappresentata dalle forme cosiddette amelanotiche in cui le lesioni si presentano prevalentemente ipopigmentate o completamente acromiche.
Evoluzione naturale del melanoma
Un melanoma lasciato alla sua evoluzione naturale, tende a crescere irregolarmente, a ulcerarsi, a regredire spontaneamente e, soprattutto a metastatizzare.
La crescita irregolare è un aspetto caratteristico dei tessuti neoplastici, lo stesso dicasi per l’ulcerazione, verosimilmente legata a uno squilibrio tra la massa neoplastica e la sua vascolarizzazione con conseguente carente irrorazione e nutrizione cellulare.
La regressione può essere parziale o totale e quando quest’ultimo evento accade la neoplasia spesso è già metastatizzata. Clinicamente la regressione è evidenziata dalla comparsa nel contesto della lesione di aree ipocromiche o del colore della cute sana oppure bluastre, talvolta con segni di atrofia superficiale che, progredendo possono conferire alla neoplasia aspetti anulati e arciformi.
Le metastasi, che si producono per via ematica o linfatica, possono essere suddivise in:
- metastasi satelliti, entro 5 cm di distanza dalla lesione primitiva;
- metastasi in transit, tra la lesione primitiva e la prima stazione linfonodale;
- metastasi regionali, nella stazione linfonodale di drenaggio;
- metastasi a distanza, negli altri organi, cute compresa.
Le metastasi satelliti sono generalmente papule cupoliformi quasi sempre pigmentate, più raramente rosa o del colore della cute normale. Le metastasi in transit si presentano preferibilmente come noduli piuttosto duri, di varia dimensione a volte visibili, altre volte solo palpabili. Le metastasi regionali linfonodali si evidenziano per l’ingrossamento dei linfonodi che diventano qualche volta addirittura visibili e che, alla palpazione, risultano di consistenza dura, indolenti, mobili (almeno nelle fasi iniziali) sui vari piani. Infine, le metastasi a distanza, se localizzate sulla cute, sono solitamente nodulari; se extracutanee, danno segni e sintomi clinici molto variabili a seconda dei tessuti o degli organi colpiti. In termini statistici gli organi più colpiti sono: cute, sottocute e linfonodi, (42-58%), polmoni (18-36%), fegato (14-36%), cervello (12-20%) e ossa (10-18%).
 
Classificazione istopatologia
Clark e collaboratori per primi hanno proposto di classificare il melanoma in base al concetto di progressione tumorale. Questi Autori hanno sviluppato il concetto di melanoma in fase di crescita radiale e verticale: la prima caratterizzata dall’espansione orizzontale della neoplasia senza fase invasiva nodulare; la seconda dallo sviluppo di un nuovo modello di crescita, perpendicolare alla cute, con aspetto nodulare.
Si definiscono pertanto i seguenti livelli di invasione:
livello I: i melanociti atipici sono limitati all’epidermide (melanoma in situ);
livello II: i melanociti atipici si sono estesi nel derma papillare ma non hanno raggiunto il derma reticolare;
livello III: i melanociti atipici sono penetrati nell’interfaccia tra il derma papillare e il derma reticolare ma non si estendono nel derma reticolare;
livello IV: i melanociti atipici si sono estesi nel derma reticolare;
livello V: i melanociti atipici hanno raggiunto il grasso sottocutaneo.
Tuttavia i livelli di invasione di Clark, che misurano la profondità del timore in base all’invasione degli strati cutanei, non è più considerato un fattore attendibile, in quanto esiste troppa variabilità nello spessore cutaneo in relazione alle diverse sedi corporee. Pertanto questo sistema può essere utilizzato solo per i melanomi sottili, siano o meno ulcerati.
Lo spessore del tumore secondo Breslow è dato dalla distanza tra la parte più superficiale dello strato granuloso dell’epidermide che sovrasta il tumore e il punto di invasione più profondo e, in caso di melanoma ulcerato, la misurazione parte dal letto dell’ulcera: vengono dunque identificati quattro gruppi, con dei limiti stabiliti a 1.0, 2.0, 4.0 mm.
 
Conferma diagnostica
Nel caso di un sospetto melanoma si deve procedere all’asportazione in toto della lesione con margine di cute sana non eccedente i 3 mm (biopsia escissionale); a diagnosi istologicamente confermata si deve procedere ad un intervento radicale nel tempo più breve possibile (entro il limite massimo di 30 giorni dall’effettuazione della biopsia).
La biopsia incisionale (l’asportazione cioè di una parte della lesione a scopo diagnostico) di regola non deve essere eseguita.
Inoltre, prima di procedere al trattamento definitivo dovrebbe essere completato un attento esame clinico che comprenda l’ispezione e la palpazione della cute circostante, del tessuto sottocutaneo, del bacino di drenaggio linfatico e dell’intera superficie cutanea e di tutte le altre stazioni linfatiche maggiori.
In più del 5% dei casi il melanoma maligno può presentare una metastasi con una lesione primaria non definibile. In questi casi il punto di metastasi più comune è la stazione linfatica regionale di un melanoma primario che presumibilmente ha avuto una regressione. Spesso è possibile venire a conoscenza, proprio chiedendo al paziente, di una preesistente lesione pigmentata non più visibile. Lo screening per le metastasi sistemiche dovrebbe includere una radiografia del torace e tests di funzionalità epatica. Ulteriori e più complessi esami (per esempio TAC addominopelvica o cerebrale) vanno eseguiti solo in presenza di un preciso dubbio clinico
 
 
Terapia chirurgica
La terapia chirurgica del melanoma prevede una escissione con margine libero variabile in base alla profondità della lesione. Di norma per lesioni inferiori a 1 mm il margine è 0,5 cm. Per lesioni di 1 mm si asporta un margine perilesionale di 1 cm; per melanomi tra 1 e 4 mm ci si porta a 2cm di tessuto san; oltre i 4 mm ci si tiene ad un margine variabile tra 3 e 5 cm in base alle differenti indicazioni presenti in letteratura e sulla base dell’esperienza del singolo operatore. Melanomi compresi tra 1 e 4 mm di spessore devono essere accompagnati dalla ricerca del linfonodo sentinella. È questo un esame diagnostico che individua il primo linfonodo tributario della catena drenante l’area interessata dal melanoma. Individuato tale linfonodo lo si asporta e lo si analizza istologicamente. Qualora questo risulti positivo, si procede con l’asportazione di tutti i linfatici di quella catena. Nel caso contrario si cessa l’azione chirurgica e si instaura un adeguato regime di follow-up. Studi clinici hanno infatti dimostrato come il linfonodo sentinella solo eccezionalmente sia saltato dalla neoplasia in transito. La percentuale di tali “salti” è talmente esigua da rendere la metodica universalmente accettata. L’identificazione del linfonodo da asportare viene effettuata preoperatoriamente con una linfoscintigrafia e contemporanea somministrazione di isotopi radiotraccianti specifici per le metastasi linfonodali.
Una volta esaurita la terapia chirurgica, è buona norma instaurare un follow-up mirato ad evidenziare sia eventuali metastasi cutanee che viscerali. Un protocollo stabilito sulla base della letteratura vigente e dall’esperienza clinica prevede controlli ambulatoriali annuali, semestrali o trimestrali eventualmente accompagnati da esami di laboratorio ed Rx del torace in riferimento allo stadio iniziale del tumore.
Con i più attuali criteri terapeutici (escissione chirurgica con eventuale linfoadenectomia e terapia di supporto), la maggior parte delle casistiche riporta una sopravvivenza vicina al 100% dei casi dopo 5 anni per i melanomi allo stadio I, non ulcerati, con infiltrazione limitata al derma papillare (livello II) o comunque non superiore a 1,5 mm; oltre questi limiti la prognosi diventa progressivamente più infausta con sopravvivenza a 5 anni del 30-40% dei casi per melanomi allo stadio II e superiori ai 3 mm di spessore di infiltrazione, fino a sopravvivenze quasi eccezionali per lesioni ancora più avanzate.
 
Bibliografia
 
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Melanomi e nevi – C.Clemente, M. Mihm Jr, T. Cainelli, M. Cristofolini, N. Cascinelli – 1997 EFFETTI Editore
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