TERAPIA CHIRURGICA DELLA MALATTIA DI
DUPUYTREN
Idone F, Neuendorf A.D., Scaglioni
M.,Petrucci E., Tacconi S., Valente D., Pangrazi P., Campodonico
A., Trono D.
Clinica di Chirurgia Plastica e
Ricostruttiva. Università Politecnica delle Marche. Prof.
Aldo Bertani.
Introduzione
Era
il 1831 quando a Parigi venne pubblicato un articolo sulla
Gazette des Hopitaux in cui il Barone Guillaume
Dupuytren, chirurgo francese, descriveva una particolare forma di
retrazione permanente delle dita notata per la prima volta nel
proprio nocchiere.
Un
precedente cenno alla malattia era stato fatto nel lontano 1614 da
Felix Plater a Basilea e nel 1777 da Henry Cline a Londra, ma il
primo rapporto dettagliato sulla materia si deve al chirurgo
francese, cui fu in seguito riconosciuta la paternità della
malattia.
Oggi
la malattia di Dupuytren viene definita come una alterazione
progressiva e permanente dellaponeurosi palmare e delle
espansioni e formazioni da esse dipendenti che vanno incontro ad
ispessimento fibroso con conseguente formazione di noduli al palmo
e retrazioni di vario grado alle dita.
Epidemiologia
I
primi stadi della malattia di Dupuytren spesso non vengono
riconosciuti o diagnosticati e così laccuratezza
degli studi epidemiologici dovrebbe essere osservata con cautela.
La maggior parte della letteratura si è focalizzata sui
pazienti trattati chirurgicamente. A dispetto di questo è a
disposizione una considerevole quantità di informazioni
riguardo lincidenza della malattia di Dupuytren. Studi
epidemiologici indicano chiaramente che esiste una predisposizione
genetica per la malattia che sembra avere origini nordiche tanto
da essere denominata anche malattia dei vichinghi,
essendosi manifestata principalmente in questo popolo ed avendone
seguito la migrazione. Lincidenza della malattia di
Dupuytren nella popolazione della Norvegia è stata valutata
essere del 10,5% negli uomini e del 3,1% nelle donne. In Giappone,
la prevalenza è solo leggermente più bassa, mentre
negli altri Paesi, con una piccola incidenza dei geni vichinghi,
come in Africa e in Cina, la percentuale di incidenza è
molto più bassa. Potrebbe sembrare casuale che il Giappone
abbia un alta incidenza, ma alcuni autori lo hanno spiegato
basandosi su conoscenze storiche di esplorazioni vichinghe. Nella
popolazione caucasica la frequenza della malattia si attesta tra
il 3% e il 6% con preferenza per il sesso maschile a partire dalla
V decade, anche se esistono forme più precoci. Il rapporto
maschio/femmina passa da 8:1 a 50 anni a 2:1 a 80 anni, cosa che
suggerisce un inizio più tardivo nella donna.
Lanulare
è il dito più comunemente affetto seguito dal
mignolo. Un terzo dei casi coinvolge un singolo dito, un terzo
coinvolge due dita e un terzo coinvolge più di due dita.
Più del 90% dei soggetti trattatichirurgicamente hanno una
malattia che coinvolge sia il palmo che le dita.
Nel
corso degli anni sono stati associati diverse patologie quali:
lepilessia, il diabete, lalcolismo e il trauma.
Lincidenza dellepilessia nella popolazione normale
è tra lo 0,2% e lo 0,8%, mentre nella popolazione degli
affetti dalla malattia di Dupuytren, trattata chirurgicamente,
è di circa il 3%. La malattia si manifesta sia
nellepilessia acquisita che idiopatica, e per questo si
sospetta un associazione con il trattamento con barbiturici. I
soggetti diabetici sono colpiti con una frequenza 4 volte maggiore
e i soggetti alcolisti presentano, solitamente, forme più
severe. Questa malattia viene catalogata nelle fibromatosi e
può essere associata alla fibromatosi plantare (M.di
Ledderhose) ed a quella peniena ( M. di La Peyronie).
Cè
discordanza in letteratura, e ancor più nella pratica
clinica, a riguardo delle attività lavorative come fattore
causale della malattia di Dupuytren. Sono state fornite delle
linee guida per stabilire una associazione ed è stato
suggerito che questa debba essere presa in considerazione solo nei
pazienti più giovani ( inferiori ai 40 anni per gli uomini
e inferiore ai 50 anni per le donne), nei pazienti con trauma
documentato, in una ferita unica (se è occorsa nella stessa
area della malattia), se il periodo di latenza dal momento della
lesione al sorgere della malattia è minore di due anni e
infine deve esserci la conferma istologica della malattia di
Dupuytren.
Evoluzione
Dal
punto di vista anatomo-patologico la lesione morfologica
elementare di questa malattia corrisponde alla proliferazione
fibroblastica per cui il connettivo della fascia palmare è
sostituito da aree irregolari dove si trovano disordinatamente
disposte cellule mesenchimali.
Levoluzione
clinica della malattia è irregolare ed è quasi
completamente asintomatica, tuttavia, in certi casi possono essere
presenti dolenzie a livello dei noduli, ipersudorazione o
cambiamenti di temperatura. Da un punto di vista clinico si
distinguono tre periodi: iniziale, di progressione e di stato. In
realtà la progressione è continua, in genere compare
un nodulo al palmo dal lato ulnare della mano al IV dito, per poi
interessare il V e quindi le altre dita. È molto
importante, dal punto di vista prognostico, effettuare una
stadiazione della malattia; quella attualmente accettata è
la stadiazione di Tubiana e Michon, che suddivide la malattia di
Dupuytren in diversi stadi a seconda del grado di flessione delle
dita. Con tale classificazione si sommano gli angoli di flessione
delle articolazione MF (metacarpo-falangea), IFP (interfalangea
prossimale), e IFD (interfalangea distale).
Stadio
0: assenza di lesione
Stadio
N: nodulo palmare o digitale, senza retrazione
Stadio
1: retrazione totale compresa tra 0^ e 45^
Stadio
2: retrazione totale compresa tra 45^ e 90^
Stadio
3: retrazione totale compresa tra 90^ e 135^
Stadio
4: retrazione totale compresa tra 135^ e 180^
La
valutazione viene eseguita su entrambe le mani, cominciando dal
pollice.
Mentre
nello stadio 0 ed N la prognosi è buona, negli stadi 2 e 3
è più riservata; la macerazione cutanea,
laccentuata flessione digitale, liperestensione della
terza falange peggiorano la prognosi. Lo stadio 4 ha un fattore
prognostico pessimo, come la localizzazione a più dita.
Trattamento
chirurgico
Solo
una piccola percentuale di tutti i pazienti con il quadro della
malattia di Dupuytren richiede la chirurgia, ed è stato
stimato che nel periodo della consultazione iniziale sono
candidati per la chirurgia circa il 30% degli uomini ed il 12%
delle donne con questa affezione. Quando viene presa in
considerazione la chirurgia, si deve pensare di ottenere
lestensione col rilascio della fascia o la rimozione, al
disegno dellincisione cutanea, e al tipo di chiusura.
Gli
interventi praticati per la malattia di Dupuytren sono
sostanzialmente di tre tipi:
A)
sezione trasversale dell'aponeurosi palmare retratta
(aponeurotomia)
B)
escissione di tutta l'aponeurosi comprese le fibre trasversali del
ligamento palmare trasverso (aponeurectomia totale).
C)
escissione parziale limitata alla parte malata (aponeurectomia
selettiva).
A)
la fasciotomia semplice consiste nella sezione di tratti
aponeurotici maggiormente retratti in un punto o in più
punti attraverso piccole incisioni cutanee. Fu eseguita per la
prima volta da Sir Astley Cooper e poi portata avanti da tanti
autori famosi. Oggi sembra tornata di moda e si potrebbe
considerare un tempo preliminare nei casi più gravi per un
graduale allungamento della cute prima di passare alla
aponeurotomia.
B)
L'aponeurectomia totale che consiste nell'asportazione completa
della fascia palmare, compreso il ligamento palmare trasverso, per
molto tempo è stata considerata la tecnica migliore nel
trattamento del Dupuytren. Questa tecnica portata avanti dal
chirurgo plastico inglese McIndoe e dall'italiano De Negri,
asportando tutte le strutture protettive del palmo della mano
interferiva notevolmente con il sistema di drenaggio linfatico,
determinando spesso edema post-operatorio e lunga immobilizzazione
delle mani così operate per cui spesso si avevano tempi di
recupero molto lunghi compresi tra uno e tre mesi.
L'intervento
di McIndoe comprende un tempo palmare attraverso un'ampia
incisione trasversale che corrisponde alla linea metacarpale
distale, mediante la quale si asporta la fascia palmare retratta
ma anche quella sana, ed un tempo digitale per l'escissione delle
espansioni pretendinee nella falange prossimale delle dita che
sono retratte in flessione. Questo tempo si esegue con plastiche a
Z eseguendo un'incisione longitudinale mediana sulla falange
prossimale e due incisioni laterali che partono
dall'estremità di questa formando un angolo di 60° che
poi saranno ruotate dopo l'asportazione del tessuto fibroso.
C)
Laponeurectomia selettiva, cioè la semplice
asportazione del tessuto patologico con risparmio delle fibre
trasversali profonde. È la tecnica oggi più usata,
portata avanti con metodiche diverse dai chirurghi francesi Iselin
e Tubianà e dal chirurgo plastico danese Skoog.
Tecnica
di Iselin: questo chirurgo eseguiva unampia incisione
longitudinale estesa dal palmo alle dita che, dopo aver asportato
il cordone retratto ed esteso il dito, veniva spezzata con
incisioni a Z multiple allo scopo di guadagnare tessuto per
eseguire una sutura cutanea che non fosse in tensione determinando
una nuova flessione del dito. Nella tecnica originale Iselin
bloccava il dito in estensione per 4 giorni e quindi faceva
iniziare la mobilizzazione, rimuovendo i punti dopo 15 giorni.
Tecnica
di Tubianà: questo chirurgo eseguiva una aponeurectomia un
po più allargata attraverso incisioni digito-palmari
sinuose, a S italica, completate da plastiche a Z sulle dita con
massimo rispetto delle fibre trasversali. Nella tecnica originale
dopo lintervento veniva applicato un apparecchio gessato
dorsale con polso in estensione ed articolazione M.F. flesse di
90° con interfalangee libere, che veniva rimosso dopo due
settimane per poi completare la riabilitazione con laiuto di
un terapista.
Tecnica
di Skoog: questo chirurgo danese eseguiva una prima incisione
trasversale lungo la piega palmare distale, la cui lunghezza
è proporzionale alla porzione di fascia da escidere, quindi
eseguiva una seconda incisione perpendicolare a questa che la
divideva in due parti uguali dirette in senso prossimale verso il
palmo della mano. Distalmente invece saranno eseguite altre
incisioni sempre perpendicolari alla prima sulle corde che si
dirigono alle dita dove quasi sempre è necessaria una
plastica a Z di cui viene disegnato solo uno dei due lembi,
completandola solo dopo aver esteso il dito. Questa incisione
permette unampia esposizione della fascia palmare. Il
ligamento palmare trasverso è risparmiato. Nella tecnica
originale si usa suturare i vari angoli con punti triangolari alla
Gillies e la cute del palmo viene fissata con alcuni punti al
ligamento trasverso per obliterare lo spazio morto nel palmo.
Lintervento viene completato con bendaggio compressivo e
dito steccato in estensione per 7 giorni.
Tecnica
di Mc Cash a palmo aperto: le incisioni utilizzate
per il trattamento chirurgico della malattia di Dupuytren possono
avere un andamento trasversale o longitudinale. Le prime hanno lo
svantaggio di esercitare, una volta suturate, un abnorme tensione
cutanea, che oltre a costituire uno stimolo algogeno, contrasta
con una precoce rieducazione funzionale soprattutto estensoria
delle dita. Infatti il prolungato atteggiamento in estensione
delle dita determina un impoverimento delle fibre elastiche della
cute, sottocute e derma con una conseguente anelasticità.
Per tale motivo l'avvicinamento dei lembi cutanei della ferita
avviene solo a spesa di una notevole trazione e se le dita vengono
estese si rischia una deiscenza della ferita.
La
tecnica di Mc Cash a palmo aperto ripropone quella di Mc Indoe
effettuando però un'aponeurectomia selettiva, lasciando
aperta l'incisione trasversale al palmo mantenendo le dita estese
con conseguente diastasi di 2-3 cm dei suoi margini, ferita
ricoperta con medicazione non adesiva e fasciatura compressiva. La
mobilizzazione è immediata. Il fondo della ferita si
ricopre di tessuto di granulazione e si ha un progressivo
riavvicinamento dei lembi cutanei che si ricongiungono dopo un
periodo di tempo variabile di 3-5 settimane
Recidive
S'intende
per recidiva del morbo di Dupuytren la ricomparsa delle sue
manifestazioni tipiche nella stessa regione già sottoposta
ad intervento chirurgico dopo un intervallo di tempo durante il
quale il risultato poteva sembrare soddisfacente. L'estensione
è invece la comparsa di segni tipici dell'affezione in
regioni diverse da quelle già trattate chirurgicamente. Le
complicanze tardive si manifestano invece entro 1-2 mesi
dall'intervento e comprendono la retrazione cicatriziale , i
disturbi vascolari e sensitivi, le rigidità articolari, le
algodistrofie.
Per
quanto riguarda le recidive bisogna dire che il morbo di Dupuytren
va operato precocemente perché già nello stadio 2,
per quanto sia abile il chirurgo, si possono avere recidive, che
aumentano progressivamente nel 3° 4° stadio della
malattia. In ogni statistica corretta le recidive dovrebbero
oscillare tra il 25 - 40% dei casi operati. Fattori predisponenti
sono l'età, il diabete, le epatopatie croniche, l'etilismo,
la scarsa collaborazione del paziente affetto da paura o da altre
turbe psichiche (depressione- ansia).
Il
trattamento deve prendere in considerazione il fatto che le
manifestazioni cliniche in genere superano per gravità
l'aspetto iniziale pre-operatorio della malattia, che pertanto non
consente una schematizzazione. Quasi sempre le recidive sono
accompagnate da complicazioni quali edemi, rigidità
articolari, parestesie. Occorre pertanto prima d'effettuare un
reintervento un'adeguata preparazione psicologica del paziente
associata a sedute riabilitative, spiegando bene che non sempre si
potrà ottenere una guarigione.
Le
tecniche chirurgiche sono le stesse degli interventi elettivi. Si
utilizzano più spesso le plastiche a Z o gli innesti
cutanei liberi o a distanza. Le lesioni nervose vengono riparate
con neurolisi o sutura al microscopio. Le rigidità
articolari affidate al fisioterapista, le algodistrofie ai centri
di terapia del dolore dove ci si può avvalere della
neuroelettroanalgesia o di blocchi simpatici con discreti
risultati. Statisticamente solo 1/3 dei pazienti operati per una
recidiva può ottenere un risultato buono.
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