Defranco E. – Bordoni D. – Defranco N.
Unità Operativa di Oculistica – Istituto Nazionale Ricovero e Cura Anziani (I.N.R.C.A.) di Ancona
 
 
TECNICHE CHIRURGICHE DI RICOSTRUZIONE
DELLA VIA LACRIMALE DI DEFLUSSO ED EXENTERATIO ORBITAE
 
Le tecniche di riparazione della continuità dei canalicoli lacrimali vengono attuate principalmente per riparare le sezioni traumatiche, in numero crescente nella traumatologia accidentale stradale e del lavoro.
In questo contesto, poiché il canalicolo superiore non svolge ruoli funzionalmente essenziali, l’intervento viene rivolto quasi esclusivamente a ricostruire il lago lacrimale e, possibilmente, la continuità del canalicolo inferiore.
In taluni tumori con carattere invasivo del canto interno, che possono coinvolgere persino la commissura mediale e talora contemporaneamente le porzioni mediali della palpebra, è presente l’epifora causata, oltre che dalla retrazione palpebrale secondaria alla neoplasia, dalla ostruzione più o meno completa dei canalicoli od anche del sacco lacrimale.
La chirurgia radicale, in questi casi, comporta l’asportazione in monoblocco del tumore sulla cute e va via via comprendendo le espansioni ai tessuti molli ed alle strutture palpebrali coinvolte. L’atto ricostruttivo deve tendere a ripristinare il fornice ed il lago lacrimale per ridurre l’epifora e favorire l’evaporazione della lacrime.
Nei casi in cui l’epifora è insistente e cospicua, è possibile tentare di ricostruire in epoca differita una via di deflusso alle lacrime. Va precisato che in questi casi di ampia demolizione di più comportamenti dell’apparato lacrimale ed in condizioni di maggiore tranquillità sullo staging e nel rispetto della radicalità oncologica, alcuni Autori sostengono, da qualche tempo, l’utilità di effettuare estemporaneamente uno dei tanti cosiddetti interventi di derivazione.
Le tecniche proposte sono diverse e variano in relazione alla situazione obbiettiva derivata dallintervento. L’exeresi in monoblocco contemporanea del tumore in sede cantale, delle componenti mediali delle palpebre e dei canalicoli, induce le condizioni funzionali per un raccordo diretto tra lago lacrimale e sacco.
Mustardé ha proposto la congiuntivo -www.sopi dacriocistotomia. L’effettuazione tecnica è semplice: previa sezione del tendine cantale mediale (se integro), si ribalta medialmente un lembo di congiuntiva a peduncolo mediale delle dimensioni di cm 1,5 x 0,7, ancorato alla parete posteriore del sacco. Viene quindi posto in situ un piccolo tutore di Silastic, del diametro di 3 mm, mentre la copertura cutanea può essere effettuata con un innesto a tutto spessore o con un lembo gabellare adeguatamente modellato secondo le tecniche in precedenza descritte. Il tumore viene lasciato in situ per 3 settimane onde favorire la riepitelizzazione e garantire una stabile pervietà del canale e contemporaneamente il drenaggio della lacrime.
Aspetti particolari assumono le tecniche ricostruttive della via lacrimale quando, nel contesto della exeresi del tumore in monoblocco, per comprensibili criteri di radicalità bisogna includere anche il sacco lacrimale. In proposito Mustardé ha adottato una modifica della tecnica in precedenza proposta. Dopo la dacriocistectomia, il lembo di congiuntiva descritto si ancora ad un altro lembo realizzato dalla mucosa nasale accuratamente allestito attraverso uno sportello praticato con una piccola fresa sul fondo dell’osso unguis. Il tubo tutore di Silastic viene lasciato in situ nel nuovo canale per circa tre settimane, mentre si procede alla riparazione del piano cutaneo secondo i metodi più idonei.
Jones ha proposto, inoltre, un metodo di congiuntivo -rinostomia, senza l’allestimento del lembo congiuntivale e nasale, che consente nel creare la continuità tra congiuntiva e cavità nasale, previa discontinuità scheletrica con fresa, mediante speciali tubicini di Pirex con dilatazione prossimale imbutiforme, del diametro scelto in rapporto al bisogno, che sono ben tollerati anche se lasciati in situ per anni. Una modifica più recente a questa tecnica è la dacrio -cisto - intubazione secondo Thornton che realizza mediante tubicini di silicone variamente conformati lunghi 3 cm spinti dalla congiuntiva fino al meato nasale inferiore. La permanenza di questi tutori dentro un neocanale ha lo scopo di prevenire l’inevitabile stenosi e di favorire l’epidermizzazione e la stabilità del calibro.
Alcuni chirurghi preferiscono ricostruire contemporaneamente la continuità del gap tra congiuntiva bulbare, lago lacrimale e mucosa nasale con materiale biologico, mediante innesti di vena (Olson) o, per ovviare agli inconvenienti descritti con l’uso della vena (stenosi secondarie), anche con innesti di arteria temporale superficiale o epigastrica superficiale (Chanterelle, Le Rebeller), poste in situ con tecnica microchirurgica, che possiederebbero maggiore resistenza e minore tendenza al collabimento.
De la Plaza ha proposto un innesto di mucosa orale a tutto spessore, prelevato dal vestibolo labiale, per ricostruire il lago lacrimale e realizzare una congiuntivo - rinostromia.
Un altro metodo da ricordare, infine, è quello di creare una via artificiale di deflusso direttamente dalla congiuntiva commissurale al fornice gengivale superiore (congiuntivo - orostomia) mediante un innesto di vena (Verin), procedimento abbandonato per la frequenza degli insuccessi, mentre maggiore attenzione acquista la ricostruzione con lembo tubulato di mucosa del fornice (De la Plaza).
La tecnica è semplice: si tratta di allestire un lembo monopeduncolato di mucosa del fornice superiore, opportunamente modellato e tunnellizzato su un tubo di Silastic che, per via premascellare, viene fatto arrivare in sede commissurale, e con l’estremità libera a forma di racchetta viene suturato ai margini della congiuntiva residua dei fornici e del bulbo. Si realizza così un cul de sac che precede il neocanale ed una struttura che favorisce il deflusso. Nello stesso tempo viene completata la ricostruzione del piano cutaneo.
 
CONCLUSIONI
 
Sulla base di esperienze che si riferiscono a tre casi trattati con questa tecnica, possiamo confermare l’attendibilità di tale procedimento soprattutto nel paziente portatore di un tumore infiltrante. Solo in un caso si è registrato, a distanza di sei mesi, una stenosi del condotto in sede mediana e quindi l’insuccesso dell’atto chirurgico.
Questa complicanza induce ad essere precisi nel confezionamento del lembo, che deve essere uniformemente largo 12 – 15 mm, con peduncolo vascolare sufficiente e non eccessivamente scheletrizzato ed assottigliato.
Utile si dimostra, nella fase conclusiva dell’intervento, il microscopio operatore che favorisce una migliore illuminazione, il riconoscimento, l’accurato affronta mento e sutura dei margini.
 
 
TECNICHE CHIRURGICHE DELL'EXENTERATIO ORBITAE
 
La “exenteratio orbitae” costituisce l’intervento più demolitivo nella chirurgia della regione orbitaria, in quanto determina una grave mutilazione con implicazioni nella vita di relazione del paziente che si può riflettere sul suo equilibrio psichico.
Per questi motivi, l’indicazione alla “exenteratio orbitae” deve essere attentamente ponderata. L’intervento trova una precisa indicazione oltre che nella patologia neoplastica invasiva da sarcomi del globo oculare, melanomi della congiuntiva, melanomi non capsulati della coroide, carcinomi primitivi della ghiandola lacrimale e dei seni paranasali, metastasi endo – orbitarie, e, per ciò che per noi più ci riguarda, anche nella invasione del globo da tumori a partenza palpebrale.
Macomber e Wang raccomandano l’accertamento bioptico preoperatorio prima di intraprendere questo intervento mutilante da ripetersi comunque estemporaneamente al congelatore onde accertare la radicalità dell’atto chirurgico.
L’osservazione clinica di un epitelioma basocellulare della palpebre, che ha raggiunto un notevole grado di invasività a carico delle strutture palpebrali e del grasso endo – orbitario e che ha guadagnato la congiuntiva del fornice quella bulbare o perfino la periorbita, rappresenta un’evenienza piuttosto rara.
Si può trattare di tumori primitivi, ma più frequentemente localizzati al canto interno ed alla palpebra inferiore ( Birge, Aurora) e, seppure con minore frequenza, al canto esterno.
La exenteratio orbitae è indicata anche nei tumori recidici a terapia radiante, con invasività a carico del grasso orbitario, dei tessuti molli e dell’orbita ossea.
I tempi tecnici dell’intervento sono ormai ben codificati.
Per favorire l’incisione cutanea, che deve sempre essere effettuata a distanza di sicurezza dai limiti macroscopici della neoplasia, le palpebre debbono essere mantenute sotto tensione mediante punti di repere o con pinza di Allis. L’incisione deve esser condotta in profondità fino ai tessuti molli ed al periostio del contorno orbitario; si recidono quindi i ligamenti cantali mediale e laterale e, mediante lo stacca periostio, a partire dalla parete laterale, viene scollata la periorbita. Questo tempo va eseguito con particolare attenzione sul tetto orbitario e lungo la parete mediale al dine di non danneggiare la sottilissima lama dell’etmoide.
A questo punto si agisce sul globo oculare che viene mobilizzato in avanti ed asportato, dopo aver reciso, per mezzo di apposite forbici curve introdotte attraverso l’accesso laterale, il nervo ottico, i vasi ed il cono muscolare.
Queste metodica corrisponde alle exenteratio di 3° tipo secondo la classificazione di Meyer e Zaoli o di 4° tipo qualora si renda necessario estendere la demolizione alle strutture ossee circostanti. Nella eventualità dell’interessamento del tetto dell’orbita, l’accesso più idoneo è quello per via endocranica.
La cavità orbitaria residua alla exenteratio può essere lasciata cruenta per attendere l’epidermizzazione o può essere riparata con una delle tante metodiche semplici o complesse descritte, in dipendenza del grado di infiltrazione del tumore, del gradimento del paziente e delle sue condizioni generali.
 
CONCLUSIONI
 
 
Gli innesti liberi di cute rappresentano la metodica più semplice di riparazione, mentre i lembi di contiguità o quelli muscolari o muscolo – cutanei sono tecniche pi complesse e richiedono più tempo nell’esecuzione, nonché dimestichezza con questo tipo di chirurgia.
Concordemente ad altri Autori (Mustardé, Wadsworth, Converse) si ritiene comunque che, nella gran parte dei casi, sia preferibile la copertura immediata mediante innesti liberi di cute.
Questa condotta più semplice consente di individuare precocemente eventuali recidive, di effettuare la terapia radiante complementare e di poter utilizzare le tecniche con lembi cutanei di vicinanza, o dal muscolo temporale in fase differita, per le ragioni di sicurezza già descritte.
L’inadeguatezza degli interventi limitati e la necessità della exeresi delle neoplasie infiltranti in monoblocco sono alla base della elaborazione del concetto di “box”, secondo il quale la neoplasia può essere contenuta in pareti ossee e muscolari che fanno da barriera all’espansione tumorale e che devono essere rimosse unitamente al tumore.
Facilita la comprensione di questi criteri di trattamento, estremamente radicali, la suddivisione delle neoplasie infiltranti dell’orbita raggruppate in 5 gruppi, proposta da Curioni.
Gli interventi di asportazione, secondo questi criteri, possono essere eseguiti per via trans – cranica o trans – faciale ed i tempi ricostruttivi necessitano dell’allestimento di lembi cutanei, mio cutanei od osteomiocutanei.
Per correggere le notevoli mutazioni talvolta determinate da questi interventi, è indispensabile ricorrere all’uso di epitesi che riescono a mimetizzare in modo efficace il difetto.
 
 
 
Suddivisione delle neoplasie infiltranti dell’orbita proposta da Curioni

Gruppo 1: Neoplasia localizzata tra la parete mediale dell’orbita, parete laterale del naso ed etmoide

Gruppo 2: Neoplasia localizzata alla parete orbitaria laterale

Gruppo 3: Neoplasie localizzate centralmente nell’orbita

Gruppo 4: a) Neoplasia che interessa il pavimento dell’orbita

b) Neoplasia che interessa i 2/3 inferiori del seno mascellare

Gruppo 5: Neoplasie centro -facciali che coinvolgono le strutture del naso

 
BIBLIOGRAFIA
 
1.       Curioni C.,Toscano P., Padula E., Cenzi R.: Résection daciale et craniofaciales et madalités de reconstruction dans la pathologiè néoplastique de l’orbite. VII Congr. Annuel de AFCMF, Paris, 23 – 24/1/1981.
2.       Curioni C.,Toscano P., Padula E., Cenzi R.: Facial and craniofacial resection and reconstruction techniques for tumors involving the orbital wall. Chir. Testa e Collo 1/1, 15, 1984.
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10.   Royer J. et al: L’appareil lachrymal. Masson, Paris, 1982.

IPPOCRATEIOS
Mensile di medicina e chirurgia
Editrice SOPI - Roma
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