Bordoni
D., Neuendorf A.D.,
Bertani A.,Gioacchini M.
Clinica
di chirurgia plastica e ricostruttiva.
Università politecnica delle Marche. Prof.Bertani
A. La
cicatrizzazione rappresenta il risultato finale del processo di
riparazione tissutale. Nel
momento stesso in cui un agente lesivo qualsiasi interrompe la
continuità del rivestimento cutaneo, si scatena una serie di
meccanismi, tra loro coordinati, che portano alla riparazione dei
tessuti offesi. A
tal proposito alla luce delle attuali conoscenze, possiamo ritenere
particolarmente felice lintuizione di Paracelso, che asseriva
è la natura stessa della carne che possiede in se
stessa un innato balsamo che guarisce le
ferite
. La
guarigione delle ferite è un processo estremamente complesso
in cui differenti tipi cellulari vengono ad interagire con il
microambiente. La
guarigione delle ferite avviene secondo tre metodiche: -riepitelizzazione,
caratterizzata da un aumento delle mitosi dei cheratinociti, con una
restitutio ad integrum e senza conseguenze estetiche. -cicatrizzazione,
composta da tre fasi della durata di 1-2aa: la prima fase è
infiammatoria con lo scopo di detergere i tessuti; la seconda
proliferativa con la formazione del tessuto di granulazione; la terza
è detta maturativa con la formazione della cicatrice
definitiva. Questa fase è definita dallequilibrio tra
produzione e lisi enzimatica, lo sbilanciamento a favore di una delle
due parti porterà ad una cronicizzazione o alla formazione di
cicatrici ipertrofiche e cheiloidee. -
contrazione data dalla trasformazione dei fibroblasti in
miofibroblasti indotta dalla ±-actina. Questo ha aspetti
positivi quali lavvicinamento dei lembi, la diminuzione dei
rischi infettivi e delle perdite metaboliche, ma anche negativi, in
particolare un importante danno estetico. Quando
si produce una soluzione di continuo del mantello tegumentario, si
viene invevitabilmente a produrre unemorragia di
intensità varibile. Conseguenze
di tale emorragia sono lattivazione delle piastrine e
linnesco della cascata coagulativa. Le
piastrine oltre ad andare incontro allaggregazione che
rappresenta il momento fondamentale del processo di emostasi,
liberano varie sostanze, tra cui alcuni fattori di crescita (in
particolare il Platelet derivatd growth factor PDGF) che interagendo
con altri fattori di crescita presenti nel microambiente modulano le
fasi successive del processo di guarigione tissutale. Lattivazione
del sistema della coagulazione, dal canto suo, porta alla formazione
di un coagulo di fibrina che determina la contrazione della ferita e,
nel contempo, viene ad esercitare una sorta di protezione
dellarea lesa nei confronti di agenti traumatici ed infettivi. Anche
i granulociti neutrofili compaiono nellarea offesa già
dopo poche ore e mantengono un elevato gradiente cellulare per uno
due giorni; la loro concentrazione decresce poi rapidamente se non si
instaura un processo infettivo. I
macrofagi, che derivano dai monociti circolanti, si concentrano
nellaria della ferita raggiungendo il gradiente massimo dopo 24
ore e persistendo in elevata concentrazione per lungo tempo; tali
cellule sono deputate non solo alla detersione della ferita ma anche
alla liberazione di fattori di crescita per i fibroblastie alla
modulazione dei processi di rigenerazione tissutale. Lultimo
step è dato dalla rigenerazione epiteliale e la formazione del
tessuto di granulazione, il quale poi evolve nel tessuto
cicatriziale. La
rigenerazione epiteliale inizia dopo 4-6 ore dai margini della ferita
ed eventualmente dai residui degli annessi epiteliali presenti e
larea offesa, nelle cui cellule si osserva caratteristicamente
un accumulo di granuli di glicogeno. Nelle stesse cellule, dopo 12
ore, si verifica un incremento delle mitosi e a partire dal terzo
quarto giorno, una migrazione che porta ad una rapida copertura di
tutta larea lesa. Proliferazione e migrazione dei cheratinociti
non sono eventi indipendenti dalle modificazioni che si verificano
nel sottostante tessuto di granulazione, ma risentono fortemente
della variazione nella costituzione della sostanza extracellulare e
dellambiente ormonale locale, a cui essi stessi partecipano
attivamente con la produzione di fattori di crescita (EGF, ±TGF,
CDGF et al.). La
formazione del tessuto di granulazione si realizza dopo 24 36 ore ed
è caratterizzata dalla proliferazione di due differenti
popolazioni cellulari: i fibroblasti e le cellule endoteliali. I
primi sono deputati alla produzione della sostanza fondamentale, del
collagene e dellelastina; le seconde intervengono nel processo
neoangiogenetico che porta alla costituzione dei nuovi vasi
sanguigni, Il
tessuto di granulazione ha il compito precipuo di obliterare lo
spazio intertissutale creato dalla soluzione di continuo. Ciò
si realizza attraverso la
capacità contrattile dei fibroblasti e soprattutto dei
miofibroblasti, i quali vengono a determinare una contrazione del
fondo della ferita. Il
tessuto di granulazione, attraverso un decremento della
concentrazione di cellule e vasi, evolve in tessuto cicatriziale. Questultimo,
essendo formato essenzialmente da collagene, elastina e
proteoglicani, presenta una composizione simile a quella del tessuto
connettivale dermico. In
realtà se si prende in considerazione il tipo di fibre
collagene e la loro architettura, si può rilevare come tra i
due tessuti esista una sostanziale differenza. Nel
tessuto cicatriziale, infatti, si ha una predominanza del collagene
di tipo III rispetto a quello di tipo I; nelle cicatrici inoltre, le
fibre collagene sono più sottili ed appaiono organizzate in
fasci sottili fittamente stipati ed irregolarmente orientati, in
opposizione al normale tessuto connettivale dermico dove le stesse
fibre sono strutturare in fasci voluminosi disposti in maniera
regolare. Questa
differenza architetturale si riflette sulle proprietà fisiche
del tessuto cicatriziale, che risulta meno elastico e resistente allo
stiramento del normale derma. Svariati
sono i fattori che possono in qualche maniera influire sul processo
cicatriziale determinando levoluzione del processo stesso in
senso patologico con conseguente sviluppo di cicatrici ipertrofiche e
cheloidi, che vengono spesso a rappresentare un motivo di menomazione
psicologica del paziente. Sono
state proposte varie classificazioni, tra cui quella di Magliacani o
quella di Tina Amsler , basandosi sulle caratteristiche cliniche,
data la difficoltà di discernere tra quelle istologiche. Per
il primo si dividono in normotrofiche, ipertrofiche, retraente,
atrofiche; per la seconda abbiamo c. ipertrofiche, cheloidee,
atrofiche, eritematose e pigmentate. Una citazione a parte meritano
le cicatrici indotte dal trattamento con innesti e quelle retraenti
tipiche delle zone articolari. Meccanismo
responsabile della cicatrizzazione patologica può essere
individuato in uno squilibrio che si viene a creare tra la sintesi e
la degradazione del collagene. Secondo alcuni studi questo squilibrio
può essere imputato alla proliferazione incontrollate di un
clone fibroblastico che presenta strette analogie con i fibroblasti
fetali. I fibroblasti appartenenti a questo clone anomalo,
analogamente a cellule trasformate in senso neoplastico, sarebbero
meno sensibili dei miofibroblasti normali agli stimoli inibitori
della proliferazione venendo così a realizzare una produzione
eccedente di collagene e di conseguenza una cicatrizzazione
patologica. I
fibroblasti aberranti non sarebbero normalmente presenti a livello
delle ferite, ma vi apparirebbero in seguito allazione dei
fattori diversi di cui i più importanti sembrano essere una
predisposizione su base genetica e o una stimolazione continua di
natura traumatica o
infettiva a livello dellarea lesa. Questa ipotesi patogenetica
appare in accordo con le osservazione di Hopps et al. che hanno
individuato nel tessuto cheloideo una concentrazione di Dna e
collagene maggiori rispettivamente di tre e quattro volte rispetto al
normale tessuto cicatriziale. In
ogni caso per tutte le cicatrici patologiche va fatta una
considerazione riguardo alla loro sede in quanto si è visto
che esse sono più frequenti laddove interrompono le linee di
forza (Langer). Per
cicatrice ipertrofica si intende una cicatrice che rimane
allinterno dei limiti originari della ferita, mentre il
cheloide si estende oltre i margini della stessa. Clinicamente sono
contraddistinte per la presenza di prurito e dolore. Istologicamente
la differenza tra le due è minima, ma il cheloide differisce
per un enorme quantità di sostanza mucinosa, minor presenza di
fibroblasti, minor organizzazione, fibre collagene irregolari,
ridotta distanza interfibrillare, aumento della sintesi di collagene
(di tipo III), minor inibizione delle proteinasi e in ultimo si
è dimostrato avere una alta componente genetica razziale ed
individuale. Sedi più frequenti sono il torace, collo, arto
superiore e regione retro auricolare. Oltre
ad essere indotta da fattori ambientali, la cicatrice ipotrofica
può presentarsi in un paziente
debilitato da malattie metaboliche, come il diabete, affetto
da carenze proteiche, vitaminiche o in terapia steoridea o
antineoplastica, Sono
stati anche suggeriti molti grading systems ma il più
utilizzato è la Vancouver Scar Scale; che prevede cicatrici
mature, immature, ipertrofiche lineari, ipertrofiche diffuse,
cheloidee minori e maggiori ed in funzione di questi modulare la
terapia. In
aggiunta a queste cicatrici patologiche, un paziente ustionato in cui
si saranno eseguiti innesti, si avranno residui sia sullarea
donatrice sia cicatrici smashate a rete, laddove siano
stati posti innesti a spessore parziale. Si avranno anche molto
probabilmente cicatrici a Z o a V-Y nelle zone dove è stato
necessario allungare, coprire o ridurre la tensione. La
chirurgia si avvale di varie metodiche, quali: La
dermoabrasione con debrider Escarotomia Escarectomia
o escissione chirurgica, eseguita con dermatomo o bisturi a freddo Prelievo
e posizionamento di innesti, i quali potranno essere autoinnesti
(innesti autologhi, privati dallo stesso paziente), alloinnesti
(omoinnesti) da un individuo della stessa specie vivente o cadavere,
eteroinnesti (xenoinnesti) prelevati per esempio dal maiale Innesti
con equivalenti cutanei (integra) Plastiche
ricostruttive (plastica a Z) espansori cutanei, innesti a tutto
spessore, lembi (di scorrimento, rotazione micro vascolarizzati). Lespansione
a rete dellinnesto ha rapporti variabili da 1,5:1 a 9:1, ma per
garantire un risultato estetico migliore, si arriva ad
unespansione max di 4:1. Tra
le tante tecniche vorrei ricordare quella di Alexander (detta tecnica
a sandwich), consistente nellapposizione di due strati di cute
espansi differentemente (4:1 e 2:1) sopra larea cruenta,
garantendo così un migliore attecchimento e un risultato
funzionale ed estetico. Per
ciò che concerne levoluzione della cicatrizzazione,
intesa come prevenzione trattamento e controllo, può essere
chirurgico e non. Lexeresi
chirurgica è indicata nel caso di cicatrici ipertrofiche e
cheloidee, ma presenta un alto rischio di recidive; mentre per
cicatrici retraenti la
plastica Z potrebbe
rappresentare il trattamento di elezione. Il significato di questo
presidio va ben oltre la semplice riduzione della tensione: Barry
già nel 1974 ha documentato un azione riequilibrante sul
metabolismo del collagene. Dopo una plastica a Z la cicatrice diventa
più sottile e più soffice per cui laspetto
ultrastrutturale della componente fibrillare appare più simile
a quello ella normale matrice dermica. A livello della cicatrice si
verifica infatti unelevata riduzione delle micro fibrille, la
comparsa delle fibre elastiche, un incremento della sostanza amorfa,
un aumento della cellularità ed uno sviluppo del microcircolo.
Per
quel che riguarda le opportunità terapeutiche non chirurgiche
si possono annoverare metodiche fisiche e farmacologiche. In quelle
fisiche si annoverano radioterapia, ultrasuoni, crioterapia,
pressoterapia (flessibile e rigida con lamina di silicone) e
laserterapia. Una
delle tecniche più utilizzate finora è certamente
lelastocompressione il cui meccanismo appare legato
allipossia e allipoperfusione che si vengono a
determinare nellarea cicatriziale: la prima provoca la
degenerazione dei fibroblasti, la seconda agisce riducendo la sintesi
degli inibitori delle collagenasi. I
trattamenti farmacologici si avvalgono di infiltrazioni di steroidi,
antineoplastici come la mitomicina-c, interferone-γ, 5FU,
penicillamina, acido retinoico, destrano solfato ed imiquimod. Gli
ultimi studi sul trattamento delle cicatrici patologiche basati su
una scala dellevidenza, dimostrano come sia nel trattamento che
nella prevenzione debbano essere integrate fra loro le varie
metodiche, sia fisiche che farmacologiche. Non sono tuttavia
disponibili linee guida ufficiali a tale proposito. Bibliografia Vinnie
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